AMARE PER CREDERE

F. Pesce, Amare per credere. La fede cristiana alla prova delle relazioni, prefazione del cardinale Matteo Maria Zuppi, San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2023, pp. 158, euro 15.

Se è vero, come ebbe a dire papa Francesco in un Discorso rivolto ai partecipanti alla Plenaria dell’allora Pontificio Consiglio per la Famiglia (25-10-2023), che la “famiglia è una comunità di persone” ed è il luogo «dove si impara ad amare, il centro naturale della vita umana», ed «è fatta di volti, di persone che amano, dialogano, si sacrificano per gli altri e difendono la vita, soprattutto quella più fragile, più debole» – fino ad essere concepita come «il motore del mondo e della storia», ove «ciascuno di noi costruisce la propria personalità», crescendo «con la mamma e il papà, i fratelli e le sorelle», e «respirando il calore della casa» –, ed è anche «il luogo dove riceviamo il nome», nonché «il luogo degli affetti, lo spazio dell’intimità, dove si apprende l’arte del dialogo e della comunicazione interpersonale», ove si «prende coscienza della propria dignità», allora sono giuste e opportune le conclusioni dell’autore di questo saggio che hanno per titolo: «Una Chiesa che sa di casa» (p. 149). Solo la “presa in carico delle relazioni” costituisce la possibilità di una Chiesa familiare, domestica, che sa d’intimità, di comunione profonda, di volti che s’incontrano, di sguardi che si cercano e di abbracci che si raggiungono, ma altresì di tensioni che emergono e di conflitti che si manifestano nella loro nuda e cruda realtà. “Sapere di casa” vuol dire interessarsi alle relazioni autentiche che avvengono tra le persone: «Come a casa ci si può togliere le scarpe, e con esse l’immagine da mantenere in pubblico, così ci si può togliere i sandali, e con essi la paura di non essere all’altezza, di non avere niente di speciale da portare alla causa dell’evangelizzazione e dell’edificazione della Chiesa» (p. 155). Interessarsi alla vita quotidiana delle persone e delle famiglie, sollecitando coppie e sposi a riscoprire la propria progettualità nella Chiesa, a partire da quello che si è – curando le relazioni significative di ogni singola famiglia –, è il modo più concreto per proporre un percorso di formazione per le stesse famiglie.

Il saggio del giovane teologo pastoralista Francesco Pesce, impegnato a tempo pieno nelle relazioni familiari e nelle dinamiche di gruppo, è suddiviso in sei brevi capitoli – Cristo presente in tante storie d’amore (19-36); Allargare i confini dell’amore (37-66); Quelli che si dicono amore (67-84); Questi siamo noi (85-106); Si seppe che Gesù era in casa (107-133); Mia nonna Loide (133-148) – scritti con linguaggio sapienziale, semplice, fluido, ove luoghi comuni ed esperienze di vita si lasciano illuminare dalla Parola e dal vissuto di Gesù, senza mai scadere nella banalità o nel moralismo e neanche nel relativismo, e con giusti richiami al magistero soprattutto di papa Francesco.

La chiave di lettura è offerta nell’Introduzione (15-18): «Le relazioni ci costituiscono, fin dal tempo in cui siamo nel grembo della madre, e ci costruiscono» (p. 15). L’autore intende indagare l’esperienza di fede «come affare di relazioni» (p. 17). Perché, se è vero che siamo fatti di relazioni, bisogna chiedersi «in che modo queste entrino nel nostro cammino di fede e, inoltre, se e come possano rendere possibile o facilitare l’esperienza credente, sostenerla e rilanciarla» (p. 17), convinti, come lo stesso papa Francesco, che «si cresce nelle relazioni, si cresce nella fede» (p. 18), ma facendo «un passo alla volta» (p. 18).

Se Cristo è presente in ogni relazione, in tante storie d’amore (cf. Amoris laetitia 59), il matrimonio ha senso se si riconosce che “a sposarsi si è in tre”, riconoscendo la presenza d’amore del Signore – il Cristo vivo – in ogni coppia e in ogni particolare situazione famigliare. Spetta alla teologia riflettere sulla presenza del Signore risorto nella vita e nella storia degli uomini e delle donne del nostro tempo, così come pure delle famiglie che si sono formate nel tempo. Così, “misericordia, pazienza, accompagnamento” sono le tappe fondamentali da compiere per un accompagnamento delle famiglie, delle coppie dei fidanzati, di conviventi e di sposi: «l’annuncio della presenza del Signore nella loro storia li mette o li rimette in movimento verso di lui» (p. 25). L’idea di fondo è, citando Amoris Laetitia 315, che la spiritualità matrimoniale è una spiritualità del vincolo abitato dall’amore divino. In altri termini, la via delle relazioni è la porta d’accesso alla vita spirituale, all’incontro con il Signore. Si tratta di relazioni familiari che non si esauriscono all’interno delle mura domestiche ma che abbracciano anche i rapporti con tutti gli essere umani con i quali si vive (cf. p. 32).

Per allargare le visioni ristrette dell’amore, bisogna superare una visione romantica e sentimentale della stessa parola “amore”, che sottolinea una condizione privata e passeggera della relazione stessa che si riduce spesso alla sola componente erotica, visione mal sopportata nelle nostre predicazioni, e altresì la visione eroica dell’amore come sacrificio e rinuncia, che non fa leva sulla dimensione del dono di sé per il bene dell’altro che, invece, è racchiusa nella parola agape. L’amore, allora, in senso cristiano, non è un semplice sentimento, bensì il dono di sé per il bene dell’altro, ossia «la scelta nella quale ciascuno decide di “fare il bene in modo sovrabbondante, senza misurare, senza esigere ricompense, per il solo gusto di dare e di servire”» (p. 46). In tal senso, l’amore è sempre fecondo ed è capace di creare futuro, ossia relazioni nuove, rinnovate nel dono stesso di sé per il bene dell’altro. L’amore crea legami e allarga l’esistenza quando fa uscire la persona da se stessa verso l’altro: è un esodo senza ritorno, un avvento senza rimpianto. L’amore ci personalizza, ci pone in relazione, in uscita da noi tessi. In questa esperienza universale dell’amore che tocca tutte le nostre relazioni, l’amore coniugale è un «Tu da ospitare nella propria esistenza» (p. 58) e non un traguardo da raggiungere o un valore da perseguire a tutti i costi. Quello coniugale e familiare è un amore di frontiera, che accoglie e non esclude, che è in grado di vincere ogni sorta di chiusura e di egoismo. Così dicendo, si afferma chiaramente che la famiglia non si esaurisce all’interno delle mura domestiche, ma ha piuttosto come orizzonte quello di rendere domestico il mondo (cf. p. 62). Citando in più punti Amoris laetitia e Fratelli tutti e alcuni discorsi di papa Francesco per le Udienze generali, l’autore di questo saggio ci ricorda che «l’identità della famiglia è sempre una promessa che si allarga, e si allarga a tutta la famiglia e anche a tutta l’umanità» (p. 62). Perché l’orizzonte di Amoris laetitia è Fratelli tutti nel senso che l’amore nella famiglia è legato alla fraternità e all’amicizia sociale, ossia a un’esperienza di relazioni interpersonali che debordano i confini domestici. In tal senso, l’orizzonte cristologico è ben indicato: solo uscendo di casa, ossia superando cioè un modo di leggere la vita e le relazioni che dividono tra “i nostri” e “chi non lo è”, sarà possibile mettersi in sintonia con Gesù. In altri termini, le famiglia non vive solo di legami biologici, ma di relazioni d’amore ad ampio spettro, lasciandosi aprire e convertire da uno stesso ideale, da una fede che accomuna.

Il terzo capitolo è dedicato alle coppie che si mettono in cammino. Si tratta, però, non solo di un cammino di fede, bensì di un percorso antropologico, spirituale, culturale, sociale, affettivo, che non trascura alcuna dimensione sponsale, e che si basa sull’esperienza di coppia concretamente vissuta. La sfida è recuperare la dimensione spirituale del matrimonio e della stessa relazione di coppia che, a volte, resta appannaggio del singolo (cf. 73). Il terzo, nella coppia, è Gesù stesso così com’è riportato nel racconto delle nozze di Cana, ove s’impara a prendersi cura gli uni degli altri e a fare esperienza di comunità, di famiglia che cresce nell’amore che accoglie (cf. il quarto capitolo), fino a mettersi insieme come famiglie (cf. il quinto capitolo) che sanno dare spazio ai bambini come agli anziani (cf. il sesto capitolo), consapevoli che Dio è presente in tutte le nostre relazioni e che queste ultime hanno una grande potenzialità ancora da esplorare.

[Edoardo Scognamiglio].

 

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