A. Spreafico, Il capolavoro imperfetto. Il creato tra meraviglia e problema, EDB, Bologna 2019, pp. 161, euro 16,50.
Questo volumetto è un piccolo gioiello che raccoglie una splendida riflessione sapienziale sul significato biblico della creazione e sul valore della vita umana alla luce delle sfide del nostro tempo, in particolar modo del problema ecologico, dei conflitti umani e dell’enigma della sofferenza e della morte, categorie universali che toccano l’esistenza di ciascuna persona che viene al mondo. L’autore, fine conoscitore delle Scritture ed esperto in docenza e ben noto al mondo accademico non solo teologico, è vescovo della diocesi di Frosinone-Veroli-Ferentino ed è stato presidente della Commissione Cei per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso. Da sempre impegnato nel dialogo ebraico-cristiano e per l’unità tra i cristiani, è stato docente di Lingua ebraica biblica al PIB e di AT alla PUU nonché rettore della stessa PUU. La riflessione sulla custodia del creato non è fine a se stessa perché, rileggendo il mistero del cosmo alla luce di quattro componenti (acqua, aria, terra e fuoco), entra in dialogo con la scienza e con le sfide urgenti per la difesa dell’ambiente, avendo come punto di riferimento la lettura del testo Laudato si’. Riprendendo alcune pagine di Abraham Joshua Heschel sul significato del sabato ebraico, Spreafico ricorda che «il settimo giorno è diventato il giorno degli affari e delle spese. Niente riposo, niente contemplazione delle opere di Dio, ma anche niente sguardo nuovo su se stessi e sul mondo» (p. 157). Il compimento della creazione non è l’essere umano, ma il sabato, «cioè il riconoscimento della presenza di Dio nella vita del mondo. Senza il settimo giorno è difficile vivere la dimensione della gratuità e del dono e quindi si rimane prigionieri di se stessi, di un io dominatore e consumista, sfruttatore e ingiusto, dimentico che siamo tutti debitorie che forse nessuno dovrebbe più dire “mi sono fatto da solo”. Almeno la vita nessuno se l’è data da solo e neppure nessuno l’ha scelta, quindi qualcosa si deve pur restituire e non si può pretendere solo di possedere per se stessi o di lasciarsi dominare dalla dittatura del materialismo e da un mercato senza regole che non favorirà né il progresso né tanto meno la convivenza, ma continuerà a danneggiare il creato rendendolo una pattumiera» (pp. 157-158).
La lezione di Gen 1 rimane una chiave di lettura essenziale per noi oggi: «in principio c’era solo il bene, e quindi il male non viene da Dio» (p. 25); e anche dopo i grandi conflitti, così come racconta la storia di Caino e Abele, siamo chiamati a sentire la responsabilità nei confronti dell’altro, per “convivere” con coloro che sono creati a immagine e somiglianza di Dio (cf. p. 41). La prevaricazione del forte sul debole porta alla rovina non solo della storia ma anche dell’intera creazione. Per questo, c’è un progetto di amore e di fraternità che Dio provvidenzialmente porta avanti attraverso la responsabilità dell’uomo nella ricerca del bene e della giustizia. Anche se la creazione è sempre un capolavoro imperfetto, almeno finché verrà il tempo della fine di questo mondo (cf. p. 87), ognuno di noi è chiamato a fare la sua parte, a dare il suo contributo, educando le nuove generazioni alla gratuità e superando il pensiero di dominare la terra e vivendo l’impegno a custodirla e a coltivarla. «Urge dunque una conversione integrale delle scelte e dei comportamenti di ognuno di noi, da cui dipende il futuro del nostro pianeta» (p. 115). Sono qui raccolte, con linguaggio semplice e diretto, pillole di saggezza biblica su come stare al mondo e su come impegnarsi nelle scelte etiche fondamentali della vita, che danno molto a pensare sul futuro del nostro Pianeta e del genero umano.
[Edoardo Scognamiglio]
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