Il ‘Lunedì di Capodimonte’ del 12 dicembre 2022 si è svolto alle ore 16,30 presso la Pontificia Facoltà teologica dell’Italia Meridionale sezione San Tommaso d’Aquino. Il tema dell’incontro è stato: ‘Diffondere la cultura, della convivenza e della pace. Chiese e comunità a servizio del dialogo e dell’unità del genere umano’. Sono intervenuti: don Edoardo Scognamiglio docente della PFTIM sez. S. Tommaso, la dott.ssa Elisabetta Kalampouka dell’Arcidiocesi ortodossa d’Italia e del Patriarcato ecumenico, il Pastore Franco Mayer della Chiesa Metodista di Salerno e diaspora.
Citando il discorso di Papa Francesco per la Giornata mondiale della pace del 2019, don E. Scognamiglio ha esordito affermando chela pace non può essere mai il risultato dipendente dal “solo equilibrio delle forze e della paura”. Il dialogo non consiste semplicemente nella condivisione di uno strumento di risoluzione dei conflitti per approdare a uno stadio di pace negativa. Il dialogo, invece, alimenta una comune visione e concezione del mondo con la prospettiva di una pace positiva e giusta, realizzando lo sviluppo integrale dell’uomo. Per Papa Francesco “una pace, che non sorga come frutto dello sviluppo integrale di tutti, non avrà nemmeno futuro e sarà sempre seme di nuovi conflitti e di varie forme di violenza” (Evangelii gaudium n. 219). Il contributo della Chiesa cattolica alla pace – ha osservato il teologo Scognamiglio – risale già alla enciclica Pacem in terris (1963) di Giovanni XXIII e ai Documenti del Concilio Vaticano II, da cui hanno preso l’avvio una serie di iniziative e di organismi. In essi si sottolinea che la pace e il dialogo costituiscono uno stile dei rapporti umani per edificare la società (Gaudium et spes 1). Nel gennaio del 1967 è stata creata la Pontificia Commissione ‘Giustizia e Pace’, come organismo per contribuire alla realizzazione della pace sociale. Paolo VI nel gennaio 1968 ha organizzato la prima ‘Giornata della pace’ nel gennaio 1968 che è diventata un appuntamento annuale per favorire un dialogo costante sui temi della pace e la giustizia a livello universale, rispettando la sensibilità delle donne e degli uomini di tutte le religioni e anche non credenti. Negli anni Ottanta, Giovanni Paolo II promosse – ha continuato don Scognamiglio – la ristrutturazione della Commissione ‘Giustizia e Pace’ in Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace mediante la Costituzione apostolica Pastor bonus, abbracciando anche temi internazionali, come il disarmo, le numerose minacce alla sicurezza, i diritti dell’uomo e la giustizia sociale. Dal magistero cattolico è venuto poi l’invito a vivere il dialogo come mezzo efficace per costruire la pace, per risolvere i conflitti senza il ricorso alle armi. Solo con il dialogo è possibile realizzare equilibrate relazioni tra gli Stati, mediante il coinvolgimento degli individui, delle comunità e dei popoli. Don Scognamiglio ha poi osservato che molto significativo è il contributo di papa Francesco al rapporto tra pace e dialogo, particolarmente con l’enciclica Fratelli tutti. Il processo di pace è un paziente lavoro di ricerca che dura nel tempo, che va oltre – ha concluso il teologo Scognamiglio – il semplice consenso occasionale (FT 211), senza irenismi, poiché bisogna sempre fare i conti con l’insorgere dei conflitti: “quando i conflitti non si risolvono ma si nascondono o si seppelliscono nel passato, ci sono silenzi che possono significare il rendersi complici di gravi errori e peccati. Invece la vera riconciliazione non rifugge dal conflitto, bensì si ottiene nel conflitto, superandolo attraverso il dialogo e la trattativa trasparente, sincera e paziente” (FT 249).
Il Pastore F. Mayer ha affermato che oggi, molte regioni e comunità, hanno smesso di ricordare un tempo in cui vivevano in pace e sicurezza. Altre hanno bruscamente scoperto la fragilità di una pacifica convivenza che appariva quasi scontata, a causa di conflitti razziali, fra gruppi politici, fra interessi contrastanti. Non si tratta ingenuamente di rifiutare la guerra e attuare il disarmo. Non c’è mai pace senza sviluppo, non c’è pace senza perdono, non c’è pace senza giustizia, non c’è pace senza amicizia sociale, non c’è pace senza il prendersi cura della dignità e del bene di tutti. Negli studi internazionalistici, a partire dalla seconda metà del Novecento, emerge sempre più – ha sottolineato il pastore Mayer – la correlazione tra pace e dialogo, perché la pace non è semplicemente l’assenza di conflitti, con l’interruzione delle violenze e delle ostilità tra le parti in causa, ma si la promozione di una regolamentazione equilibrata e condivisa dei loro rapporti, coinvolgendo tanto gli Stati quanto gli individui e le comunità, come sottolineato dalle Chiese evangeliche e dal Consiglio ecumenico delle chiese. Il dialogo costituisce l’unico strumento effettivo per la ricomposizione delle contese, la loro prevenzione, e per la gestione delle tensioni a livello globale. Il dialogo assume sempre più anche la dimensione interreligiosa, poiché i credenti mettono le loro esperienze umane e spirituali – ha concluso il Pastore metodista – a servizio del bene comune, rispettando la convivenza interculturale e promuovendo i diritti umani., superando i pregiudizi razziali e le intolleranze. Il dialogo per la pace richiede concretezza, l’impegno a realizzare percorsi di trasformazione e sviluppo integrale delle società, attraverso un dialogo ampio e aperto alla diversità.
La dott.ssa E. Kalampouka ha sviluppato la sua riflessione rifacendosi soprattutto al contributo del Patriarca Bartolomeos I. Il Patriarcato ecumenico si è proposto sempre come “centro di incontro di varie culture e nazioni”, “sintesi dei valori evangelici”, “faro lungimirante anche in epoche oscure e fino ai nostri giorni, luogo di conciliazione e riconciliazione”. Svariati sono in tal senso gli incontri religiosi a cui ha partecipato Bartolomeos I. Il Patriarca nei suoi interventi ha sempre sottolineato il ruolo che le istituzioni religiose svolgono per favorire una pacifica convivenza e collaborazione tra le persone. “La religione – come afferma Bartolomeos – è un fattore vitale nel processo di costruzione di ponti e di riconciliazione. La vera fede non libera gli esseri umani dall’essere responsabili del mondo”. Il Patriarca – ha sottolineato E. Kalampouka – cita ripetutamente il Documento sulla ‘Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune’, firmato ad Abu Dhabi; il testo pubblicato nel 2020 dal Patriarcato ecumenico, ‘Per la vita del mondo – Verso un ethos comune’ e l’enciclica ‘Fratelli tutti’ di Papa Francesco, “pietra miliare della sua teologia sociale”. Il Patriarca esorta continuamente al fatto che “abbiamo bisogno l’uno dell’altro”, “abbiamo bisogno di obiettivi comuni; abbiamo bisogno di sforzi collaborativi. Siamo chiamati a costruire ponti basati sull’amore e la comprensione, e non a costruire muri di esclusione, basati sulla paura e sull’ignoranza. Dobbiamo essere critici – ha evidenziato E. Kalampouka citando il Patriarca ecumenico – nei confronti di tutte le tendenze che minano la solidarietà e si oppongono a tutto ciò che riduce gli esseri umani a consumatori insaziabili a spesa del loro vicino. Siamo chiamati a trovare il modo di evitare qualsiasi conflitto di razze o scontri di civiltà – nel rispetto delle differenze, nel difendere i diritti e nel promuovere il dialogo – per il bene di un mondo migliore e più luminoso”. E. Kalampouha ha concluso il suo intervento citando il Documento del Patriarcato ecumenico ‘Per la vita del mondo’: “La Chiesa ortodossa vede come sua vocazione il condannare la crudeltà e l’ingiustizia, le strutture economiche e politiche che favoriscono e mantengono la povertà e la disuguaglianza, le forze ideologiche che incoraggiano l’odio e il fanatismo; ma è sua vocazione condannare il mondo, le nazioni o le anime. La sua missione è quella di manifestare l’amore salvifico di Dio, dato in Gesù Cristo a tutta la creazione: un amore spezzato e apparentemente sconfitto sulla croce, ma che risplende di trionfo della tomba vuota di Pasqua, un amore che imprime la vita eterna a un mondo oscurato e sfigurato del peccato e dalla morte; un amore spesso rifiutato, eppure desiderato in modo incognito da ogni cuore. Parla a tutte le persone e a tutte le società, chiamandole alla sacra opera di trasfigurare il mondo, alla luce del Regno di Dio, dell’amore e della pace eterna” (n. 82).
IMPARATE A FARE IL BENE, CERCATE LA GIUSTIZIA
Dal 18 al 25 gennaio ogni anno si svolge la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Numerose sono le iniziative interconfessionali in questa settimana. I sussidi per il tema di quest’anno ‘Imparate a fare il bene, cercate la giustizia’ (Is 1,17) sono stati preparati dalle Chiese cristiane del Minnesota (Stati Uniti) per sensibilizzare ai problemi del razzismo (soprattutto nei confronti delle popolazioni indigene), del degrado e della miseria, particolarmente delle periferie e delle zone suburbane. Nonostante i conflitti e le lacerazioni, le comunità cristiane, animate dallo Spirito del Risorto, sono chiamate – come si legge nell’introduzione al Sussidio – ad essere luogo di riconciliazione e di fraternità. I simboli per la celebrazione interconfessionale di quest’anno sono l’acqua e le pietre. Per i nativi americani l’acqua è vita e le pietre rappresentano la sacralità del terreno su cui molte generazioni si sono radicate. Per i cristiani tutto ciò rimanda al fatto che lo Spirito di Dio permea tutta la creazione, per cui siamo tutti in relazione. L’acqua richiama la rinascita del battesimo e le pietre le storie personali di tutti i cristiani, a partire dagli avi. La Settimana di preghiera testimonia che è possibile l’unità di tutta l’umanità, nonostante le nostre diversità che sono un arricchimento reciproco.
Il Consiglio regionale delle chiese cristiane della Campania (CRCCC) quest’anno ha deciso di realizzare la preghiera ecumenica presso la parrocchia San Giovanni Battista in Gragnano della diocesi di Sorrento e Castellammare sabato 21 gennaio alle ore 19,00.
Hanno partecipato all’incontro: il vescovo di Sorrento e Castellammare, Mons. Francesco Alfano, Elisabetta Kalampouka della chiesa greco-ortodossa del patriarcato ecumenico e presidente del CRCCC, il Pastore metodista Franco Mayer, vicepresidente del CRCCC, il pastore luterano di Torre Annunziata, Alberto Rocchino, le sorelle Cocca della comunità battista di Napoli, la pastora Valdese Tomassone, il pastore Giuseppe Verrillo della Chiesa libera di Volla, don Enzo Lionetti, delegato per l’ecumenismo dell’arcidiocesi di Napoli e della Commissione ecumenica cattolica della Campania, Enzo Busiello del gruppo ecumenico di Taizè e Lucia Antinucci referente per l’ebraismo della Conferenza episcopale della Campania. Don E. Scognamiglio ha introdotto la preghiera interconfessionale sottolineando che il testo di Isaia mette in crisi un cristianesimo fatto solo di sterili ritualismi, mentre dovrebbe privilegiare la carità concreta, particolarmente nei confronti di coloro che vivono situazioni di disagio.
- Kalampouka ha rivolto all’assemblea il saluto e il messaggio del metropolita Sua Eminenza Polykarpos (assente per malattia come pure Sua Eccellenza Giorgio Antonopoulos). Il metropolita nel suo messaggio ha sottolineato che i gravi problemi dell’umanità devono scuotere le coscienze di noi cristiani. Citando San Basilio, il metropolita nel suo messaggio ha evidenziato la connessione tra giustizia e misericordia. Non serve a nulla recitare preghiere se non si pratica l’elemosina. I beni della terra vengono da Dio e sono per tutti, non sono proprietà esclusiva di alcuni. La convivenza civile e umana può scaturire solo dalla pratica del bene e della giustizia. Il Pastore F. Mayer è partito dalla situazione a tinte fosche delineata dal profeta Isaia a causa del ritualismo e dell’ingiustizia sociale, a differenza di Gesù che è stato dalla parte dei poveri, degli ultimi. Ancora oggi ci sono disparità sociali, come la disoccupazione, le condizioni disumane degli immigrati, le donne violentate, i bambini sfruttati. Noi saremo giudicati da Cristo sulla pratica della carità. La fede non dev’essere pietismo, ci deve portare verso i poveri, consapevoli di avere tutti un unico Padre. S. Ecc. F. Alfano ha evidenziato che la parola dei profeti è sempre scomoda, ci mette in crisi. La Parola di Dio ci spinge a guardare lontano, a realizzare la speranza non superficiale, ma fondata sulla resurrezione del Cristo, che ci rende operatori di giustizia e misericordia. In questo modo l’unità dei cristiani può veramente essere credibile e manifestarsi sempre più.
Come previsto dalla liturgia interconfessionale ci sono state delle testimonianze che sono risultate molto toccanti. Livio ha testimoniato che è rinato riscoprendo la fede, dopo una vita alla deriva, assillato dai debiti con gli usurai e schiavo del gioco; Suor Elisa, medico e missionaria in Africa, che raccontato come ha salvato una giovane musulmana dalla lapidazione. Molto sentita è stata la partecipazione da parte della comunità parrocchiale e ben curati i canti. La serata si è conclusa con un momento agapico di fraternità, con una degustazione delle prelibatezze locali.
di Lucia Antinucci
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