4 settembre 2020. L’arcidiocesi di San Paolo ha aderito all’appello di Papa Francesco, che durante l’udienza generale del 3 ottobre ha invitato tutti a vivere venerdì 4 settembre, una giornata universale di preghiera e digiuno per il Libano. Nella metropoli brasiliana, alle ore 10 si è tenuto un incontro interreligioso di preghiera, che ha avuto luogo nella cattedrale maronita di Nostra Signora del Libano. La preghiera è stata trasmessa attraverso i media digitali dell’Eparchia maronita. Vi hanno partecipato i rappresentanti di diverse fedi e confessioni religiose, tra cui l’arcivescovo di San Paolo, il card. Odilo Scherer.
6 settembre 2020. Ventunesima edizione della Giornata Europea della Cultura Ebraica, sul tema ‘Percorsi ebraici’, itinerari tra luoghi e racconto con l’impegno di oltre novanta località italiane. Al centro Roma, città capofila, coordinata e promossa in Italia dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, la Giornata ha lo scopo di promuovere la cultura ebraica aprendo gratuitamente le porte di tutti i luoghi ebraici alla cittadinanza. Quest’anno la giornata si è svolta in un’inedita versione, che ha integrato appuntamenti in streaming ed eventi in presenza, che si sono svolti in piena sicurezza e nel rispetto di tutte le norme relative all’emergenza sanitaria. Con un evento online organizzato dall’Associazione europea per la preservazione e la promozione della cultura e del patrimonio ebraico (AEPJ), in collaborazione con il Consiglio d’Europa e il suo programma di itinerari culturali. Si è data così “la possibilità di raggiungere un pubblico più ampio a livello mondiale”, con “un programma online di otto ore, aperto a tutto il pubblico, con conferenze, interviste, concerti e video sul patrimonio ebraico europeo”. Gli eventi della scaletta hanno offerto “uno sguardo unico, dall’interno, alla storia e alle comunità ebraiche di un gran numero di Paesi europei partecipanti”. Ci sono stati collegamenti in diretta con Lussemburgo, Barcellona, Gerusalemme, Parigi e Oxford. Ogni Paese d’Europa poi, ha realizzato un fitto calendario di eventi e manifestazioni organizzati dalle comunità ebraiche diffuse sul territorio. Nell’elenco dei Paesi che hanno partecipato alle giornate europee quest’anno per la prima volta la Bielorussia, con un concerto klezmer dal giardino della casa di Marc Chagall a Vitebsk il 13 settembre. In Italia la giornata si è svolta nel segno dei ‘percorsi ebraici’, degli itinerari tra luoghi e racconto con l’impegno di oltre novanta località italiane. A Napoli la giornata è stata celebrata il 13 settembre. Sono state aperte le porte del Vecchio cimitero ebraico a tre piccoli gruppi, alle 18.00, invece, una virtuale via zoom alle catacombe di Venosa, con il Prof. Lacerenza, responsabile del progetto Venosa Ebraica. Noemi Di Segni, Presidente dell’UCEBI ha sottolineato che si è trattato di una “giornata diversa”, “a causa della terribile emergenza sanitaria che ha travolto il mondo, e che ha visto l’Italia tra i Paesi più drammaticamente colpiti”. Nonostante i disagi della grave situazione pandemica “abbiamo avuto – ha affermato la Presidente – la fortuna, pur nella grande difficoltà, di vivere in un’epoca iperconnessa”. Quest’anno, per la prima volta, è stata prescelta Roma quale Città Capofila, Comunità ebraica più antica della Diaspora, la più popolosa d’Italia”. La giornata costituisce “Una grande manifestazione di ebraismo vivo e vivace, che ha voglia di raccontarsi e di dare il proprio contributo alla società, e che ci auguriamo – ha sottolineato Noemi Di Segni – possa rappresentare un momento di gioia e una luce di speranza per tutto il Paese, in questo momento così difficile, che l’Italia sta dimostrando di saper affrontare con grandissima forza, dignità e senso di comunità”. ll Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha inviato alla Presidente UCEI Noemi Di Segni un messaggio augurale, in cui ha evidenziato che “La Giornata Europea della Cultura Ebraica è occasione quanto mai preziosa per riscoprire il patrimonio religioso, artistico, architettonico che le comunità ebraiche hanno saputo costruire nelle nostre città e, attraverso questi tesori, conoscere meglio quelle radici che da secoli sono parte e contribuiscono ad alimentare la storia e la vita nazionale”. La giornata della cultura ebraica intende “valorizzare i caratteri e gli apporti originali che la presenza ebraica ha portato nel nostro Paese e in tutta l’Europa. Cultura, dialogo e rispetto – ha continuato il Presidente Sergio Mattarella – sono le basi della nostra convivenza. La cronaca non manca di mostrarci i rischi di sottovalutazione dell’intolleranza e del razzismo. Tocca a ciascuno di noi far vivere, nel confronto e nell’incontro, i valori di civiltà e di solidarietà che sono alle fondamenta della Costituzione repubblicana. Acquistano così ancor maggior significato le molteplici iniziative promosse dall’Unione delle Comunità Ebraiche, per il successo delle quali rivolgo i più fervidi auguri”.
18 settembre 2020. Vigilia di Rosh hashannah (in ebraico capo dell’anno) è il capodanno religioso, uno dei tre previsti nel calendario ebraico. Nella Torah vi si fa riferimento definendolo ‘il giorno del suono dello Shofar’ (cf. Lv 23,24). La letteratura rabbinica e la liturgia descrivono Rosh haShana come il ‘Giorno del giudizio’ (Yom ha-Din) ed il ‘Giorno del ricordo’ (Yom ha-Zikkaron). Nei midrashim si racconta di Dio che si siede sul trono, di fronte a lui i libri che raccolgono la storia dell’umanità (non solo del popolo ebraico). Ogni singola persona viene presa in esame per decidere se meriti il perdono o meno. La decisione, però, verrà ratificata solo in occasione di Yom Kippur. È per questo che i 10 giorni che separano queste due festività sono chiamate i 10 giorni penitenziali. In questi 10 giorni è dovere di ogni ebreo compiere un’analisi del proprio anno ed individuare tutte le trasgressioni compiute nei confronti dei precetti religiosi. Ma l’uomo è rispettoso anche verso il proprio prossimo. Ancora più importante, allora, è l’analisi dei torti che si sono fatti nei confronti dei propri conoscenti. Una volta riconosciuto con sé stessi di aver agito in maniera scorretta, occorre chiedere il perdono del danneggiato. Quest’ultimo ha il dovere di offrire il proprio perdono. Solo in casi particolari ha la facoltà di negarlo.
14 settembre 2020. In una dichiarazione firmata dalla Conferenza Episcopale e da altri leader religiosi, è stata criticata la proposta di legalizzare l’aborto sostenendo che nessuna istituzione, inclusi il Parlamento, i tribunali e il braccio esecutivo del governo, ha il mandato di porre fine alla vita, eccetto Dio. La Conferenza episcopale del Malawi (ECM) e altri organismi religiosi, quali il Consiglio delle Chiese del Malawi (MCC), l’Associazione evangelica del Malawi (EAM), l’Associazione musulmana del Malawi e l’Associazione musulmana Quadria del Malawi, hanno espresso preoccupazione per la proposta del Comitato parlamentare sulla salute circa la modifica della legge sull’aborto. Secondo gli organismi religiosi del Malawi, la proposta di emendamento della legge sull’aborto è “immorale e peccaminosa”, perché è contraria al comandamento di Dio di considerare sacra la vita. La fede islamica d’altra parte crede che “Allah abbia creato l’umanità per uno scopo” si afferma nella dichiarazione. Gli enti religiosi del paese, citando Geremia 1-5, hanno chiamato i cittadini a considerare la vita come sacra, proteggerla e preservarla con estrema cura sin dal concepimento, esortandoli a continuare a salvaguardare la vita dei bambini, inclusa la vita del nascituro, come stabilito nella sezione 13, 22 [1], 33 della Costituzione repubblicana. I leader religiosi hanno quindi fatto appello al popolo del Malawi affinché chieda ai membri del Parlamento di non approvare il disegno di legge definito come ‘genocidario’ per i bambini non ancora nati.
23 settembre 2020. Incontro interreligioso del Centro studi francescani per il dialogo interreligioso e le culture. Dopo i mesi di incontro online, il Centro studi ha dato inizio alle sua attività per l’anno 2020/21, questa volta in presenza, nel pieno rispetto del distanziamento e delle norme di contenimento della pandemia, presso la sede in via San Francesco d’Assisi n. 177 a Maddaloni (Caserta). Il tema del primo incontro interreligioso del gruppo ‘Spirito di Assisi’ (che fa parte del Centro studi) è stato: “La cura della casa comune e nuovi stili di vita”. Ha aperto l’incontro il direttore del Centro studi, il, teologo don Edoardo Scognamiglio che ha evidenziato come il dramma della pandemia abbia favorito la presa di coscienza della realizzazione di nuovi stili di vita rispettosi dell’ambiente. Egli ha citato un messaggio congiunto per la giornata del creato di qualche anno fa di Papa Francesco e del patriarca di Costantinopoli Bartolomeo, secondo cui ”il problema dell’ambiente è anche un problema di fede”; i cambiamenti climatici si ripercuotono drammaticamente sull’umanità, in modo particolare su coloro che vivono in condizioni di precarietà. Come soluzione a tutto ciò nel messaggio – ha sottolineato don E. Scognamiglio – si propone, tra l’altro, l’educazione delle nuove generazioni alla cura della casa comune. All’incontro hanno partecipato: Jayaprakash Paranjothy, rappresentante dell’induismo, tempio Tamil di Napoli, il rev. Li Xuanzong prefetto generale dei taoisti d’Italia, Bezhad Mirzaagha ed Angela Furcas di fede Baha’i, Amedeo Imbimbo, presidente nazionale della Comunità Sangha Rimé del buddhismo tibetano. Con il collegamento online hanno offerto il loro contributo all’evento interreligioso Lucio Baglio, evangelico valdese già presidente del Segretariato di Attività ecumeniche di Napoli-Caserta, Maurizio Di Veroli, della comunità ebraica di Roma, ideatore e coordinatore del gruppo ‘Progetto Davka’. Lucia Antinucci, coordinatrice del gruppo ‘Spirito di Assisi’, ha introdotto la riflessione dei rappresentanti religiosi, evidenziando che la tragedia della pandemia ha messo in crisi l’orgoglio tecnologico del nostro mondo occidentale, lasciando spazio ai grandi perché della vita. Abbiamo forse cominciato a prendere consapevolezza che il volto del creato è deturpato da un grande dolore universale, cosmico ed umano-sociale nello stesso tempo. La presunzione aggressiva verso la terra ‘Sora nostra matre terra’ (San Francesco d’Assisi) va sempre di pari passo con l’indifferenza, lo sfruttamento, la violenza verso i nostri simili. Riportando il pensiero di Papa Francesco, L. Antinucci ha sottolineato che la pandemia è il segnale di un “mondo malato”, il cui unico rimedio è la compassione frutto della contemplazione. Jayaprakash Paranjothy, nonostante la sua difficoltà con la lingua italiana, ha desiderato salutare i convenuti, sottolineando il significato positivo delle relazioni interreligiose. Il Rev Li Xuanzong ha affermato che oggi c’è separazione tra materia e spirito, per cui non si parla di natura ma di ambiente, che è esterno a noi. La terra non è più considerata la madre che nutre ma la prostituta da sfruttare. Da tutto ciò provengono i danni catastrofici, come lo smog, i violenti cambiamenti climatici, l’inquinamento. Oggi c’è anche la separazione tra il piano umano e quello divino, per cui si parla solo di spiritualità, ma non di religione e la parola degli scienziati viene sacralizzata. Le realtà effimere e l’egocentrismo hanno preso il sopravvento. Il Rev Xuanzong propone come soluzione a tutto ciò di riunire ciò che è stato separato, considerando il mondo come un vaso sacro, intoccabile. Occorre anche recuperare il valore della famiglia, della patria e della religione; occorre camminare assieme, consapevoli di essere tutti una grande famiglia e di avere un unico Creatore. Bezhad Mirzaagha ha sottolineato che bisogna riscoprire la religione della natura, che la terra appartiene a tutta l’umanità, l’intima unione tra il mondo vegetale, animale ed umano, quest’ultimo dotato anche di spirito. Tra l’uomo e la terra occorre una rapporto reciproco di dare-ricevere ed è urgente un cambiamento di mentalità. Angela Furcas ha evidenziato che l’Indefinibile Essenza, dinanzi alla quale ogni sapienza impallidisce e ogni lingua si fa muta, ogni regalità annichilisce, ogni ricchezza immiserisce e ogni potenza dichiara la sua nullità, è l’unica a poterci salvare. Finché crederemo di poterci salvare da soli, sfidando i venti contrari, ognuno nel proprio vascello di salvataggio, per quanto sia di accreditata potenza, abbiamo esperimentato che non è più utile. E chi vorrebbe perire? Eppure sappiamo tutti – ha continuato A. Furcas – che la vita non è nelle nostre mani, per quanto possiamo affaticarci, istruirci, scoprire nuovi accorgimenti, coniare nuove regole, facciamo di tutto per mantenere occhi che non vedono e orecchi che non odono. Amedeo Imbimbo ha messo in risalto che oggi, c’è una sempre maggiore presa di coscienza dei problemi ambientali, che stanno assumendo una dimensione catastrofica, che comporta una seria riflessione sul rapporto dell’uomo con la natura e con l’ambiente. Madre Terra è l’unico abitacolo che ad oggi ci può ospitare. Questa semplice constatazione dovrebbe indurci a rivedere il modo con cui ci prendiamo cura o con cui maltrattiamo l’ambiente in cui viviamo. Nel Dharma è presente un’etica profondamente ecologista, nell’aspirazione all’armonia e al benessere di tutti gli esseri senzienti. L’etica è disciplina di vita, è la virtù liberatrice che ci protegge da condizioni esistenziali di sofferenza. Si declina in tre livelli:- evitare ciò che è nocivo,- coltivare ciò che è positivo,- operare per il bene degli altri. Lucio Baglio ha evidenziato che occorre raddrizzare il rapporto con la Madre Terra, recuperando il valore del lavoro (cf. Gn 2,15 e 1Ts), come attività per custodire e salvaguardare la terra, atteggiamento questo oggi fortemente disatteso dall’umanità. E’ necessario celebrare un giubileo della terra, come indicato dal Consiglio ecumenico delle chiese, operando una conversione integrale, superando l’economia del consumo, sviluppando un nuovo modello di sviluppo per riconfigurare l’umanità. L’incontro, che ha evidenziato la forte sintonia fra le varie religioni nel rispetto della terra, nell’urgenza di cambiare lo stile di vita per assicurare la sopravvivenza umana, si è concluso con un momento di letizia coinvolgente, con un canto della tradizione ebraica sul creato, offerto da Maurizio Di Veroli, ideatore e coordinatore del Progetto Davka (Roma), che unisce a melodie classiche nuove sperimentazioni, tradizione ed attualità.
27 settembre 2020. Dodici ore di lettura (terza edizione) di testi sacri sul tema dell’olio ‘Venne la colomba con un ramo d’ulivo’ (nei due anni precedenti, i temi del ‘banchetto’ e dell’’acqua’),a Milano nel refettorio ambrosiano e in diretta streaming. Donne e uomini di diverse religioni si sono alternate nel declamare testi sacri della propria tradizione religiosa e cultura. L’evento ha avuto lo scopo di “dare voce alla ‘Voce’ per ascoltare/udire/ percepire/sentire”. E’ stata una giornata dedicata alla scoperta di culture e fedi diverse, promossa dall’Associazione per il Refettorio Ambrosiano, con intermezzi teatrali e musicali e iniziative di solidarietà legate agli ospiti del Refettorio. cristiani, ebrei, musulmani, buddhisti e induisti si sono alternati nella lettura, all’insegna della condivisione e dell’inclusione. I passaggi selezionati dai relatori sono tra i più significativi e intensi del culto di appartenenza avendo anche formato, di generazione in generazione, bambini, giovani, adulti, anziani e famiglie, ma che talvolta rischiano di venire dimenticati. “La 12 ore di lettura – ha affermato don Giuliano Savina, presidente dell’Associazione per il Refettorio Ambrosiano e direttore dell’Ufficio Nazionale per l’Ecumenismo e Dialogo Interreligioso della Conferenza Episcopale Italiana – [è stata] una giornata per comprendere cosa le diverse tradizioni religiose hanno da dire su questo alimento, una possibilità per raccogliere le differenze o i tratti in comune, mettendo in ascolto gli uni con gli altri. L’olio, infatti, non è un prodotto della natura, ma è figlio del lavoro dell’uomo. Sant’Agostino scrive ‘se sei morchia vieni gettato, se sei spremuto vieni raccolto, ma essere macinato è inevitabile’. Questo tempo di pandemia ci ricorda proprio la sapienza della macina, cioè del passare attraverso. Ognuno di noi deve ritrovare questo passaggio, come sorta di ascolto autentico su di sé e nei confronti del prossimo. L’olio quindi come elemento che chiama alla vocazione dell’uomo a essere se stesso”.
26 settembre 2020. Il movimento per il dialogo islamo-cristiano Silsilah, nelle Filippine del Sud persegue la finalità porta avnti per quest’anno l’ approfondimento denominato ‘Fede vivente’, i 99 nomi di Allah e le Beatitudini evangeliche, programma trasmesso online e sui vari canali dei social network. Padre Sebastiano D’Ambra ha spiegato all’agenzia FIDES che “questa è una nuova sfida per noi a Silsilah, ma anche per coloro che partecipano al programma. Sono diversi leader, ustadz e imam musulmani che aiuteranno il pubblico, che è internazionale. Hanno fatto domanda per seguire il corso molti studenti dalle Filippine, dalla Malaysia e dall’Indonesia. Tra i relatori vi sono anche personalità di Silsilah, studiose, religiose, mentre tutti i partecipanti possono presentare osservazioni e chiedere approfondimenti”. E’ un fatto molto positivo “che anche i fedeli musulmani – ha sottolineato P. D’Ambra – sono stati chiamati ad approfondire di più la loro fede e a vivere la loro fede giorno per giorno, nella convinzione di appartenere alla stessa fraternità umana. […] Anche i cristiani sono interpellati ad avere un atteggiamento diverso nei rapporti con i musulmani, nonostante le notizie allarmanti provenienti da aree musulmane vicine”. Un’altra iniziativa del Movimento ‘Silsilah’ è quella di raccogliere e diffondere storie di cambiamento, di persone che, passando per eventi gioiosi e dolorosi della vita, hanno cambiato i loro rapporti con cedenti di fedi diverse dalla propria, e oggi camminano nello spirito del dialogo e della solidarietà.
27-28 settembre 2020. Yom Kippur (‘Giorno dell’espiazione’) è la ricorrenza religiosa ebraica che celebra il giorno dell’espiazione. Nella Torah viene chiamato Yom haKippurim (‘Giorno degli espiatori’). È uno dei cosiddetti Yamim Noraim (Ebraico, letteralmente ‘Giorni terribili’, più propriamente ‘Giorni di timore reverenziale’). Gli Yamim Noraim vanno da Rosh haShana a Yom Kippur, che sono rispettivamente i primi due giorni e l’ultimo giorno dei Dieci Giorni del Pentimento. Il rabbino capo di Roma, rav Riccardo Shemuel Di Segni, nel suo discorso del 28 settembre durante l’ora di Nei’là di questo Kippur 5781, nel Tempio maggiore della Capitale, ha affermato: “Il Kippùr di quest’anno si svolge in condizioni eccezionali, qui, in Europa e ancora di più nello Stato d’Israele, per le necessarie misure di contenimento della diffusione di un virus fino a poco fa del tutto ignoto. In tutti gli anni precedenti il problema della tefillà a quest’ora della giornata era di convincere il pubblico sempre più numeroso a fare un minimo di silenzio perché le voci dei chazanìm fossero ascoltate. Anche questo mio messaggio, divenuto un’abitudine, da molti anni viene stampato su carta perché a questo momento della giornata la voce non arriva lontano. Quest’anno è tutto diverso, abbiamo cominciato a imporre misure restrittive già a Purim e siamo arrivati al Yom haKippurim, che i Maestri con un gioco di parole dicono che è KePurìm, come Purim, e non ne siamo usciti. Anzi ogni giorno è come Purìm, tutti mascherati. Chi dieci giorni fa ha potuto partecipare alle tefillòt di Rosh haShanà ha fatto il confronto tra le folle di un tempo e i pochi ammessi ora, tra le berakhòt alle famiglie raggruppate sotto al talled e quelle distanziate, tra i presenti e gli assenti, sentendo la mancanza dei nostri bambini e dei nostri anziani”. Rav Di Segni ha auspicato che quanto prima si possa tornare alla normalità, ma bisogna sempre ricordare e “riscoprire che le feste non sono solo riunione e confusione, ma prima di tutto un richiamo all’individuo e alle sue responsabilità”. La crisi pandemica, oltre all’emergenza sanitaria, ha determinato una forte crisi economica che ha richiesto e richiede tuttora la pratica più impegnativa della tzedaqà, dando a chi ha bisogno. La situazione di forte precarietà ci ricorda che noi non siamo onnipotenti e,come insegnavano i Maestri, “La discesa serve per la salita” (TB Makkòt 7b). “Nella vita, dicono i Maestri, ci sono alti e bassi ma fanno parte del gioco, l’importante – ha continuato Rav Di Segni – è non perdere la fiducia che dal basso si risale. E se alcune cose che ci davano gratificazione le abbiamo perdute, il momento è buono per capire se erano veramente necessarie, se il loro prezzo corrispondeva al loro reale valore, se sono queste le cose che dobbiamo cercare di avere quando staremo meglio”. Facendo teshuvah occorre “vedere le cose in una prospettiva differente, rimettendosi in discussione, e tutto avrà un significato diverso e positivo”.
2 ottobre 2020. Si è svolta la seconda giornata della fraternità ‘Religioni in dialogo’ a Firenze per iniziativa dell’Opera di Santa Croce. Don Alessandro Andreini, vicepresidente dell’Opera di Santa Croce, ha sottolineato: “La Giornata della fraternità assume quest’anno un valore speciale: non usciremo dall’emergenza umana mondiale legata alla pandemia senza fare scelte di coraggio e senza rinunciare all’egoismo, non possiamo continuare a vivere come abbiamo fatto fino a oggi”. La sfida della seconda Giornata della fraternità è stata quella di “dimostrare che c’è un’economia possibile, al tempo della pandemia, che può essere messa al servizio dell’uomo”. Il confronto, che è partito dalle prospettive aperte dalla Dichiarazione sulla fratellanza umana di Abu Dhabi, è stato coordinato da Cristiano Ciappei (docente di Strategia ed Etica d’impresa all’Università di Firenze) con il contributo di Paolo Biancone, esperto di finanza islamica e docente all’Università di Torino, Guido Guastalla, editore e rappresentante della comunità ebraica di Livorno, Stefano Zamagni, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze sociali e docente all’Università di Bologna, e Felice Autieri della Pontificia Facoltà teologica dell’Italia meridionale, curatore della mostra ‘Economia fraterna: paternità di Dio e fraternità universale cosmica’, che è stata allestita nel Sacro Convento di Assisi. La Giornata è stata organizzata in collaborazione con il Festival ‘Economia e spiritualità’.
7 ottobre 2020. “Coppie e Religioni: Uniti nella vita, diversi nella fede”. E’ il titolo dell’incontro che si è svolto in Campidoglio a Roma, dove si sono confrontati rappresentanti delle diverse religioni, coppie di sposi ed esperti, sul tema del matrimonio tra persone di diverse provenienze e credo. L’incontro promosso dalla rete ‘Le Donne di fede in dialogo’ di Religions for Peace, ha voluto essere un momento di confronto per capire come, in un mondo globalizzato, una famiglia con coniugi di Paesi e religioni diverse, affrontino temi relativi all’educazione e alla vita quotidiana e in che modo le differenze influiscano. Sono intervenuti, fra gli altri, per la religione Baha’i la prof.ssa Paola Franci Morisco e per la religione Musulmana la dott.ssa Rosanna Maryam Sirignano.
10 ottobre 2020. Festa nazionale della Repubblica di Cina (Taiwan). Di solito, l’ambasciata di Taiwan presso la Santa Sede invita amici e personalità a un raduno con un generoso buffet. Quest’anno, in risposta all’enciclica di papa Francesco ‘Fratelli tutti’, è stato festeggiato in modo diverso il 109mo anniversario della Repubblica. Un pranzo taiwanese è stato offerto al Palazzo Migliori, ora utilizzato come ‘palazzo dei poveri’, gestito dall’elemosiniere del papa. Con la collaborazione dell’elemosiniere di Papa Francesco, il card. Konrad Krajewski, la Caritas di Roma e la Fondazione buddista Tzu Chi, sono stati invitati a un pranzo in stile taiwanese, con barboni e persone abbandonate, quelle che papa Francesco definisce “relegati nelle retrovie e che diventano ombre”. A coloro che vivono per strada, l’ambasciata ha donato sacchi a pelo ‘made in Taiwan’ e alla Caritas, la Fondazione Tzu Chi ha distribuito scatolette di tonno e coperte ecologiche, prodotte da bottiglie di plastica riciclate al 100%. Per l’ambasciatore Matthew S.M. Lee, “è stato un onore condividere con i fratelli e le sorelle in difficoltà lo spirito della Festa Nazionale, nonché i valori di inclusione, di ospitalità e di amicizia abbracciati da Taiwan. L’Ambasciata desiderava mettere in pratica l’incoraggiamento del Papa in ‘Fratelli tutti’ in materia di fraternità: ‘La fraternità non è una tendenza o una moda… ma è piuttosto la dimostrazione di atti concreti’, e promuovere la cooperazione e gli scambi interreligiosi al fine di inviare gli aiuti umanitari laddove sono più necessari”. In entrambe le occasioni, l’ambasciatore ha voluto servire personalmente i pasti caldi ai poveri e ai clochard della città. Fin dallo scoppio della pandemia di Covid-19 in Italia, l’ambasciata ha fornito apparecchiature mediche e dispositivi di protezione individuale fabbricati a Taiwan a svariate istituzioni vaticane, ordini religiosi e ospedali cattolici, raccogliendo l’appello alla solidarietà lanciato dal Santo Padre.
9 ottobre 2020. I membri della Piattaforma dei leader religiosi per la pace, la riconciliazione, la coesione e lo sviluppo (PLCRD) hanno organizzato una preghiera interreligiosa sul tema ‘Insieme, costruiamo il nostro Paese in pace’ presso la moschea Al Imane a Koumassi Remblais (Abidjan – Est). A pochi giorni dalle elezioni presidenziali del 31 ottobre, il clima socio-politico in Costa d’Avorio rimane sensibile. Madeleine Yao, presidente della PLCRD, ha spiegato: “Siamo una struttura, uno strumento di coesione, pace e ricerca di equilibrio sociale; così a pochi giorni dalle elezioni, il nostro dovere è mettere in atto un piano d’azione che sensibilizzi, che informi e formi le coscienze in primo luogo nella gestione del conflitto, e che inviti tutti ad agire affinché le elezioni siano pacifiche”. Secondo M. Yao “il periodo elettorale non deve essere un periodo di guerra. Dobbiamo proteggere il nostro Paese da altri conflitti che rischiano di provocare nuovi lutti e separare la Costa d’Avorio dalla comunità internazionale”. La presidente della PLCRD ha aggiunto: “[…] non vogliamo più che in occasione delle elezioni ci sia una battuta d’arresto sul piano sociale e umano e per questo organizziamo simili preghiere, che sono allo stesso tempo occasioni di esortazioni e suppliche affinché tutti siano operatori di pace”. La signora Yao ha invitato i genitori ad assumersi la propria responsabilità di ‘tutori’ nell’educazione della propria prole; le donne a parlare con i mariti “per evitare ogni tipo di tentazione”, le guide religiose e i capi consuetudinari a “non diventare strumenti di divisione ma di pace”. Infine, rivolgendosi ai giovani, la presidente della PLCRD ha chiesto loro di non cedere alla tentazione della violenza e dei disordini ma si ricordini che il futuro del Paese appartiene a loro; devono quindi fare di tutto per prepararsi per avvicendarsi alle generazioni passate nella gestione della nazione. L’imam Diarrassouba Mamadou, principale imam della moschea Al Amine di Koumassi Remblais, si è detto soddisfatto per lo svolgimento del momento di preghiera interreligiosa nella sua moschea. “In un periodo in cui la Costa d’Avorio è in fermento – ha affermato l’ Imam – tali azioni devono essere accentuate per attirare l’attenzione di ogni abitante della Costa d’Avorio, che è il nostro bene comune, di propagare amore, fratellanza e tolleranza e fare prova di misericordia”.
13 – 17 ottobre 2020. Il card. Miguel Ángel Ayuso Guixot, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, ha lanciato l’invito ai 500 leader delle grandi tradizioni religiose mondiali e personalità del mondo politico e culturale riuniti in modalità online per il 7° Forum interreligioso annuale del G20, ad essere insieme “veri messaggeri di unità, solidarietà e fraternità. Egli ha sottolineato: “Il mondo sta attraversando un momento molto buio che richiede risposte e soluzioni adeguate ai problemi della nostra vita esistenziale. C’è una reale necessità per la famiglia umana di riunirsi con spirito unificato e in vera amicizia per proporre risposte ai nostri problemi comuni. Noi, in particolare come leader religiosi, dobbiamo essere un contagio di speranza”. È “responsabilità” dei leader religiosi dare testimonianza alle società in cui viviamo di “unità, solidarietà e fraternità – ha continuato il card. Ayuso – […]. Quello che Papa Francesco ha proposto a tutti noi nella nuova enciclica ‘Fratelli tutti’ è essenziale se vogliamo davvero trovare una ‘terapia’ adeguata a porre fine a questa crisi mondiale e per prevenirne un’altra in futuro. […] Vi invito ad unirvi a Papa Francesco in questa avventura di promozione della fraternità e dell’amicizia sociale. […] In questo modo, possiamo lavorare insieme per superare le sfide che l’umanità sta affrontando, sperando che noi, come leader religiosi, possiamo promuovere, sostenere e incoraggiare le comunità e le persone di tutto il mondo a cercare solo il bene comune e la dignità di ogni persona umana”, superando la “tentazione di limitare la fraternità solo a coloro che condividono le stesse idee o il contesto culturale”, per costruire “una società civile che includa tutti e rifiuti la cultura dello scarto”. Con il cardinale erano presenti il patriarca ecumenico Bartolomeo, il segretario generale della Lega musulmana mondiale Mohammad Al-Issa e il rabbino capo Pinchas Goldschmidt, presidente della Conferenza dei rabbini europei. Ad aprire la sessione plenaria è stato Abdullatif Al-Sheikh, ministro degli Affari religiosi del Regno di Arabia Saudita. Nel corso delle diverse sessioni, i partecipanti al Forum si sono confrontati su come le religioni possono agire come fattori di pacificazione nei conflitti, combattere le sfide aperte dall’epidemia, sostenere le fasce della popolazione più vulnerabili, affrontare le minacce del cambiamento climatico. Si è trattato di un vero e proprio summit indetto alla vigilia del G20 dai leader politici in Arabia Saudita, per un confronto ad alto livello su come le tradizioni religiose possano collaborare, insieme ai governi, per combattere le sfide del Covid, delle disuguaglianze e dei cambiamenti climatici.
18 ottobre 2020. I leader religiosi di Francia – cristiani, musulmani ed ebrei – hanno reso omaggio all’insegnante di storia Samuel Paty, decapitato al grido di Allah Akbar a Conflans-Saint-Honorine, nella periferia a Nord-Ovest di Parigi, da un giovane di origini cecene. Un lungo minuto di silenzio davanti alla ‘Stele per la fraternità’ eretta accanto alla chiesa di Saint-Étienne-du-Rouvray, a Rouen, in memoria di padre Jacques Hamel, il sacerdote barbaramente sgozzato 4 anni fa, il 26 luglio 2016, da due giovani estremisti. I leader religiosi della città di Rouen si sono dati appuntamento nella ‘chiesa’ di padre Hamel per “esprimere il loro sgomento e la loro condanna più forte per l’assassinio di Samuel Paty”. In un comunicato congiunto diffuso dall’arcidiocesi di Rouen, i leader hanno ribadito che “Dio non può chiedere di uccidere”, assicurando tutto il loro impegno a guidare, ciascuno secondo la propria tradizione, le comunità e ad educare i giovani, “affinché costruiscano con tutti una vera fraternità così che il dialogo possa sostituire la violenza”. Il comunicato è firmato dall’arcivescovo Dominique Lebrun, dai rappresentanti dell’Unione dei musulmani e del Consiglio regione del culto musulmano, dalla comunità ebraica di Rouen e dalle Chiese evangeliche.
20 ottobre 2020. Incontro di preghiera per la pace nello spirito di Assisi, dal titolo ‘Nessuno si salva da solo – pace e fraternità’, promosso dalla Comunità di Sant’Egidio. L’evento interreligioso è giunto alla sua 34edizione, con la presenza di Papa Francesco e il patriarca di Costantinopoli Bartolomeos I, che hanno preso parte al momento di preghiera ecumenica con le altre confessioni cristiane nella basilica di Santa Maria in Aracoeli e alla successiva cerimonia con i rappresentanti delle grandi religioni mondiali sulla piazza del Campidoglio, alla presenza del Presidente Mattarella, per pregare insieme per le vittime della guerra e della pandemia. Al termine della cerimonia, dopo il discorso del Papa, c’è stato un minuto di silenzio in memoria delle vittime della pandemia e di tutte le guerre, a cui ha fatto seguito l’appello di pace 2020 e l’accensione del candelabro della pace da parte di tutti i leader religiosi presenti. APPELLO DI PACE: “Convenuti a Roma nello ‘spirito di Assisi’, spiritualmente uniti ai credenti di tutto il mondo e alle donne e agli uomini di buona volontà, abbiamo pregato gli uni accanto agli altri per implorare su questa nostra terra il dono della pace. Abbiamo ricordato le ferite dell’umanità, abbiamo nel cuore la preghiera silenziosa di tanti sofferenti, troppo spesso senza nome e senza voce. Per questo ci impegniamo a vivere e a proporre solennemente ai responsabili degli Stati e ai cittadini del mondo questo Appello di Pace.
In questa piazza del Campidoglio, poco dopo il più grande conflitto bellico che la storia ricordi, le Nazioni che si erano combattute strinsero un Patto, fondato su un sogno di unità, che si è poi realizzato: l’Europa unita. Oggi, in questo tempo di disorientamento, percossi dalle conseguenze della pandemia di Covid-19, che minaccia la pace aumentando le diseguaglianze e le paure, diciamo con forza: nessuno può salvarsi da solo, nessun popolo, nessuno! Le guerre e la pace, le pandemie e la cura della salute, la fame e l’accesso al cibo, il riscaldamento globale e la sostenibilità dello sviluppo, gli spostamenti di popolazioni, l’eliminazione del rischio nucleare e la riduzione delle disuguaglianze non riguardano solo le singole nazioni. Lo capiamo meglio oggi, in un mondo pieno di connessioni, ma che spesso smarrisce il senso della fraternità. Siamo sorelle e fratelli, tutti! Preghiamo l’Altissimo che, dopo questo tempo di prova, non ci siano più ‘gli altri’, ma un grande ‘noi’ ricco di diversità. È tempo di sognare di nuovo con audacia che la pace è possibile, che la pace è necessaria, che un mondo senza guerre non è un’utopia. Per questo vogliamo dire ancora una volta: ‘Mai più la guerra!’. Purtroppo, la guerra è tornata a sembrare a molti una via possibile per la soluzione delle controversie internazionali. Non è così. Prima che sia troppo tardi, vogliamo ricordare a tutti che la guerra lascia sempre il mondo peggiore di come l’ha trovato. La guerra è un fallimento della politica e dell’umanità. Ci appelliamo ai governanti, perché rifiutino il linguaggio della divisione, supportata spesso da sentimenti di paura e di sfiducia, e non s’intraprendano vie senza ritorno. Guardiamo insieme alle vittime. Ci sono tanti, troppi conflitti ancora aperti. Ai responsabili degli Stati diciamo: lavoriamo insieme ad una nuova architettura della pace. Uniamo le forze per la vita, la salute, l’educazione, la pace. È arrivato il momento di utilizzare le risorse impiegate per produrre armi sempre più distruttive, fautrici di morte, per scegliere la vita, curare l’umanità e la nostra casa comune. Non perdiamo tempo! Cominciamo da obiettivi raggiungibili: uniamo già oggi gli sforzi per contenere la diffusione del virus finché non avremo un vaccino che sia idoneo e accessibile a tutti. Questa pandemia ci sta ricordando che siamo sorelle e fratelli di sangue. A tutti i credenti, alle donne e agli uomini di buona volontà, diciamo: facciamoci con creatività artigiani della pace, costruiamo amicizia sociale, facciamo nostra la cultura del dialogo. Il dialogo leale, perseverante e coraggioso è l’antidoto alla sfiducia, alle divisioni e alla violenza. Il dialogo scioglie in radice le ragioni delle guerre, che distruggono il progetto di fratellanza inscritto nella vocazione della famiglia umana.
Nessuno può sentirsi chiamato fuori. Siamo tutti corresponsabili. Tutti abbiamo bisogno di perdonare e di essere perdonati. Le ingiustizie del mondo e della storia si sanano non con l’odio e la vendetta, ma con il dialogo e il perdono. Che Dio ispiri questi ideali in tutti noi e questo cammino che facciamo insieme, plasmando i cuori di ognuno e facendoci messaggeri di pace”.
25.27 ottobre 2020. 34° anniversario dello Spirito di Assisi che ha ricordato lo storico incontro di preghiera per la pace del 27 ottobre 1986, voluto da san Giovanni Paolo II, sul tema ‘Fratelli tutti. Le religioni al servizio della fraternità nel mondo’. Domenica 25 ottobre, alle ore 12, nella basilica superiore di San Francesco c’è stata la celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo della di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, mons. Domenico Sorrentino. Martedì 27 ottobre, alle 10.30, in collegamento streaming, si è tenuto l’incontro con giovani esponenti di diverse religioni che si sono confrontati sul tema ‘Fratelli tutti. La dimensione universale dell’amore fraterno’. Nel pomeriggio, dalle 17, nel refettorietto del convento della Porziuncola a Santa Maria degli Angeli ha avuto luogo, sempre in collegamento streaming e in presenza su invito, l’incontro interreligioso di preghiera per la pace.
28 ottobre 2020. Il card. Kurt Koch, presidente della Commissione per i rapporti religiosi con gli ebrei della Santa Sede, ha pubblicato un messaggio in occasione del 55° anniversario della dichiarazione ‘Nostra Aetate’. Ebrei e cristiani sono “inseparabilmente legati – ha scritto – nel fondamento essenziale della fede nel Dio di Israele” e “uniti da una ricca eredità spirituale comune e dall’eredità di un passato condiviso di lunga data […]. Il cristianesimo ha le sue radici nel giudaismo; quest’ultimo costituisce il nucleo della sua identità. Gesù è e rimane un figlio del popolo d’Israele; è plasmato da quella tradizione e, per questo, può essere compreso veramente solo nella prospettiva di questo quadro culturale e religioso”. Per commemorare la storia di questi 55 anni di amicizia ebraico-cristiana, si sarebbe dovuta tenere a San Paolo, in Brasile, una riunione del ‘Comitato internazionale di collegamento cattolico-ebraico’ (Ilc) alla fine di ottobre 2020. Per motivi legati alla pandemia, la Commissione vaticana per le relazioni religiose con gli ebrei (Crrj) e il Comitato ebraico internazionale per le consultazioni interreligiose (Ijcic) hanno dovuto rinunciare all’incontro e hanno deciso di scambiarsi messaggi pubblici di amicizia e impegno a proseguire questo dialogo. Nel suo testo, il card. Koch ha parlato della Dichiarazione conciliare come di una pietra miliare per i rapporti tra cattolici ed ebrei: “Può quindi essere giustamente considerata la ‘Magna Charta’ del dialogo ebraico˗ cattolico […]. Dopo che Papa Giovanni Paolo II ha parlato degli ebrei come i fratelli maggiori dei cristiani e Papa Benedetto XVI come i nostri padri nella fede, noi oggi possiamo parlare di una comunità di fratelli e sorelle tra ebrei e cristiani […]. Il dialogo tra cattolici ed ebrei ha fatto propria questa visione, in uno spirito di fraterna e autentica amicizia”. Il cardinale ha ripercorso “con gratitudine” i frutti generati da questa amicizia anche “sul piano della convivenza quotidiana” con la nascita in tutto il mondo di gruppi che hanno fatto propria la finalità di “costruire ponti tra ebrei e cattolici nello spirito della ‘Nostra Aetate’”. Occorre però proseguire lungo questa strada per “acquisire una comprensione reciproca più profonda, sempre nel rispetto reciproco delle tradizioni religiose reciproche”. Si tratta di un impegno – ha scritto il card. Koch – che “non deve mai essere trascurato, particolarmente nei campi dell’educazione e della formazione”.
Parole di gratitudine per l’impegno di Papa Francesco a sconfiggere la piaga dell’antisemitismo sono state espresse dal rabbino Noam E. Marans, presidente del Comitato ebraico internazionale per le consultazioni interreligiose (Ijcic), in un messaggio scritto in occasione della commemorazione del 55° anniversario della Nostra Aetate: “In un momento in cui l’antisemitismo è in aumento e la minaccia fisica contro le comunità ebraiche e gli ebrei è estremamente reale, siamo grati per la fermezza di Papa Francesco, che si è pronunciato con forza e ripetutamente contro questo flagello”. Il rabbino ha evidenziato che già all’inizio del suo pontificato Papa Francesco, quando ha incontrato l’IJcic, ha ricordato al mondo la ferma condanna di Nostra Aetate rispetto a “odio, persecuzione e tutte le forme di antisemitismo” aggiungendo che, “per le nostre radici comuni, un cristiano non può essere antisemita”. “Allo stesso modo – ha affermato il rabbino Marans – siamo solidali con i nostri fratelli e sorelle cristiani che subiscono gravi violazioni della libertà religiosa, discriminazione e persecuzione in un certo numero di Paesi non democratici in tutto il mondo”. Il rabbino ha affermato che la dichiarazione Nostra Aetate è “una pietra miliare” del percorso che ebrei e cattolici stanno facendo da 55 anni per “una nuova e migliore era nelle relazioni ebraico-cristiane”. Un percorso che è stato sostenuto dalle visite papali alle sinagoghe e ai luoghi orribili dei crimini dell’Olocausto nonché dalla ripresa delle relazioni diplomatiche Vaticano-Israele nel 1993. Gli ebrei – ha detto ancora Marans – hanno accolto, come “altrettanto importante”, “la mano tesa della Chiesa” verso gli ebrei in diversi contesti religiosi, comunitari e accademici. Si tratta di un impegno di dialogo che “ha trasformato due millenni di inimicizia in una benedizione di amicizia”. Mezzo secolo di una storia nuova in cui “abbiamo sperimentato e affermato la convinzione condivisa che gli esseri umani sono creati a immagine divina e che i nostri destini sono inestricabilmente legati. Mentre combattiamo una pandemia che non fa distinzione tra le sue vittime, questi valori ci avvicinano come indicazioni per la nostra vita religiosa.
27 ottobre 2020. 19ma Giornata del dialogo cristiano-islamico che si svolge in Italia nello spirito del primo incontro delle religioni per la pace voluto ad Assisi da Giovanni Paolo II nel 1986. Il tema di quest’anno è stato: ‘Costruiamo una sola umanità’. L’imam Kamel Layachi delle Comunità islamiche del Veneto, da 31 anni in Italia, ha sottolineato che nell’emergenza pandemia diventa ancora più importante lavorare per costruire relazioni basate sull’ascolto dell’altro. Il tempo di pandemia richiama in particolare all’urgenza di dare attuazione al Documento di Abu Dhabi per la fraternità universale. L’imam ha sottolineato che nel tempo in cui viviamo l’obiettivo non può essere quello di dare vita a comunità ripiegate su se stesse, piuttosto bisogna lavorare perché ognuno si senta di andare verso la comunità umana. La diffusione del Covid-19 – ha affermato – ha generato almeno tre tipi di crisi: la crisi sanitaria, la crisi economica e poi una crisi di civiltà. La prima e la seconda sono evidenti ma bisogna riflettere anche sulla terza crisi, sostiene Kamel Layachi, soffermandosi su alcuni aspetti: siamo passati da una civiltà della mobilità a una situazione di immobilità; abbiamo incrementato la comunicazione digitale, ma ci siamo trovati di fronte a molte incomprensioni. Per tutto questo – ha detto – è illuminante l’enciclica di Papa Francesco Fratres omnes, che indica la via del cammino: andare verso la costruzione di una fratellanza umana. Ci vogliono – ha spiegato – solidarietà e responsabilità e ci si deve muovere tenendo presente questi ‘pilastri’, perché ormai – ha aggiunto – non possiamo più pensare di vivere senza considerare la stretta interdipendenza che si è creata. L’imam poi ha messo l’accento sull’importanza del documento del Papa per quanto riguarda il richiamo a una ‘amicizia sociale’, spiegando che si tratta di riscoprire valori che si oppongono alla chiusura e alla violenza. Secondo l’imam è fondamentale parlare di educazione e di giovani e a questo proposito chiedendoci di quale mondo lasceremo alle generazioni future, ma bisogna parlare anche di quale generazione lasciamo a questo mondo, nel senso che l’investimento sull’educazione deve essere centrale. Pensando a 19 anni fa, quando è nata l’iniziativa della giornata del dialogo cristiano-islamico, l’iman ha sottolineato che molti passi sono stati fatti in avanti. Ora è venuto il momento – ha sostenuto – di dare concretezza al Documento di Abu Dhabi e per farlo ci vuole un impegno a livello di istituzioni, di media, di società civile, di singole persone. L’obiettivo è vivere lo spirito e l’incoraggiamento che emergono dal Documento. Ci sono ancora dei problemi – ha sottolineato – e proprio per questo bisogna rendere davvero fattivo l’impegno, perché si realizzi quello che l’imam definisce “il grande progetto di fraternità umana”, che è stato lanciato da Abu Dhabi.
28 ottobre 2020. Incontro interreligioso promosso dal Centro studi francescani per il dialogo interreligioso e le culture (direttore il teologo don Edoardo Scognamiglio) sul tema ‘Solidarietà e compassione in tempo di pandemia’in diretta streaming. Hanno partecipato all’incontro: Maryam Rosanna Sirignano, dottore ricercatrice in studi islamici, don Edoardo Scognamiglio, Jayaprakash Paranjothy e la sorella Narmadaa Manoharan, induisti del tempio Tamil di Napoli, Amedeo Imbimbo, presidente nazionale della comunità Sangha Rimé del buddhismo tibetano, Fabio Risolo della comunità Dzogchen del buddhismo tibetano, Bezhad Mirzaagha, Angela Furcas e Silvio Cossa di fede Baha’i, il rev. Li Xuanzong, prefetto generale dei taoisti d’Italia, Lucia Antinucci, coordinatrice del gruppo interreligioso ‘Spirito di Assisi’ del Centro studi. Moderatore dell’incontro è stato il giornalista Michele Giustiniano che ha ricordato come l’incontro di Assisi, promosso da Giovanni Paolo II il 27 ottobre 1986, sia stato un canto di speranza. M. Sirignano ha sottolineato che il dialogo con le altre fedi aiuta a comprendere meglio anche la propria. La compassione e la misericordia, etimologicamente, fanno riferimento all’utero materno, ambiente accogliente e protettivo. Il dramma della pandemia ci ricorda l’insensatezza della sete di possesso dei beni materiali e ci porta ad essere solidali con tutti, a livello universale, anche attraverso la preghiera. Don E. Scognamiglio ha evidenziato che la pandemia ci porta a riconoscere il nostro senso di fragilità, d’impotenza e ci porta a prenderci per mano per affrontare il dramma che stiamo vivendo, perché in modo individualistico non è possibile superarlo. Bisogna mettere in atto la solidarietà economica e spirituale con l’ascolto, la preghiera, la fiducia e la speranza. In questo modo la pandemia può diventare un’opportunità. A. Imbimbo ha messo in risalto che l’esperienza della pandemia di COVID-19 ci sta facendo rendere conto di quanto tutti gli esseri senzienti siano interdipendenti, di quanto il nostro benessere dipenda dagli altri, in tutte le dimensioni della vita: la salute, l’alimentazione, il lavoro, lo studio. La visione ‘ego-centrata’, ovvero l’illusione di essere indipendenti, permanenti, autonomi, indivisibili, è l’origine dei veleni della mente, che ci fanno sperimentare tutti gli stati di sofferenza. Il Dharma fornisce gli antidoti per il superamento dei veleni della mente, delle emozioni distruttivi, delle relazioni conflittuali con noi stessi, con gli altri e con le esperienze, che portano sofferenza; ci apre ad un’esperienza di benessere naturale, pace, armonia, apertura, empatica, compassionevole. Il rev Xuanzong ha affermato che la compassione è uno dei tre tesori fondamentali del taoismo. La compassione è la vera risposta alla sofferenza; occorre farsi ‘madre’ dell’altro perché il prossimo è ‘noi stessi’. N. Manoharan ha messo in risalto che per l’induismo tutti gli esseri viventi sono sacri; danneggiare gli altri significa danneggiare se stessi. Occorre proteggere anche l’ambiente naturale che ci circonda. Siamo tutti una sola cosa perché siamo tutti divini. La compassione scaturisce da questa teologia e spiritualità. B. Mirzaagha ha spiegato che per i Baha’i , secondo gli scritti di Bahá’u’lláh, l’umanità è una sola razza, per cui c’è la solidarietà universale che abbatte ogni barriera di nazionalità, religione, genere, classe sociale. La compassione, a cui siamo chiamati particolarmente con il covid, per i baha’i nasce dall’esempio concreto di Baha’Ullah e B. Mirzaagha ha citato vari esempi in tal senso. F. Risolo ha evidenziato che la pandemia ci ha messo di fronte alla impermanenza, alla fragilità, alla solitudine e alla paura. Per poter essere compassionevoli occorre dapprima saper affrontare a livello personale la situazione di sofferenza, allenandosi al silenzio, alla solitudine, rimossi nella nostra società materialistica, edonistica, efficientistica. Occorre ascoltare se stessi per poter stare vicino agli altri. L. Antinucci ha messo in risalto che il tema della solidarietà e della compassione è ricorrente nella Bibbia, già nei testi del Primo Testamento. Dio è colui che si rende solidale con l’umanità, non in una forma esteriore provando solo pietà per essa, ma in modo inaudito, partecipando alle sue sofferenze. E’ questo, ad esempio, il messaggio dei profeti, particolarmente approfondito da una corrente ebraica che parla della Shekinah (la Presenza di Dio nel mondo) che va in esilio, che soffre con il suo popolo. In base al Secondo Testamento la Shekinah si è resa solidale con l’umanità fino al punto di umanizzarsi, facendosi uno di noi, fino all’esperienza della morte violenta. L’alba di Pasqua però ha vinto le tenebre del dolore e della morte, per cui la speranza ha fatto irruzione nella storia e tale speranza ci rende capaci di compassione. Essa si manifesta anzitutto con il sentirci responsabili, non soltanto della nostra salute, ma anche di quella altrui, particolarmente dei più fragili, perché avanti con gli anni o segnati da gravi patologie. Siamo chiamati a rispettare una serie di regole di comportamento per rallentare l’avanzata del virus. Sono dei piccoli disagi ma che hanno effetti importanti per tutelare la salute propria ed altrui. Occorre farsi prossimo di coloro che sono nella solitudine (anche con una telefonata poiché bisogna doverosamente rispettare il distanziamento), di coloro che vivono nel disagio, nella precarietà, perché come ha detto Papa Francesco dall’esperienza del Covid usciremo migliori solo con la solidarietà. Le religioni, nella loro diversità che è una ricchezza per l’umanità, manifestano la condivisione di valori umani e spirituali, come la compassione, per cui è possibile la fratellanza universale,come pure la collaborazione per contribuire alla costruzione di una società più umana e solidale.
di Lucia Antinucci
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