La Condizione di Pandemia nella Tradizione Mahayana del Buddhismo Tibetano

L’attuale condizione di pandemia suggerisce a noi praticanti della via del Buddha la riflessione e la meditazione su alcune nozioni fondamentali, che troviamo alla base di tutti gli insegnamenti, con lo scopo di operare un cambiamento di mentalità, per passare da una mentalità egocentrica, caratterizzata dall’attaccamento ai fenomeni mondani, a una mentalità di libertà rivolta verso il risveglio, operando un rovesciamento, un cambiamento di attitudine.

  1. Il dono prezioso della vita e il Dharma

La prima nozione su cui meditare riguarda l’esistenza umana e su ciò che ha di prezioso. Abbiamo le risorse che ci permettono di dare un senso autentico alla vita, compiendo azioni di corpo, parola e mente che siano di beneficio per noi e per gli altri. Questa meditazione sviluppa la fiducia in se stessi: abbiamo le risorse per poterci risvegliare, riscoprendo la nostra natura fondamentalmente buona e compassionevole, che trova espressione nell’apertura e nell’altruismo che manifestiamo nelle relazioni con gli altri e in tutto ciò che dà pieno senso alla vita, soprattutto in situazioni difficili come quelle che stiamo vivendo. Non è la fiducia nel proprio ego, ma nelle risorse dell’esistenza umana, preziosa perché rara, nell’oceano delle possibili esistenze. Questa meditazione esorta ad impegnarci nella pratica del Dharma, per tutto il tempo in cui abbiamo buone condizioni psico-fisiche, considerando che la preziosa esistenza umana «è difficile da raggiungere e facilmente è perduta» (Atisha). Questa è la realtà evidente dinanzi a noi in questo momento critico dal punto di vista della salute pubblica, che deve farci apprezzare e gioire di tutti i momenti in cui possiamo godere di buone condizioni di vita e cogliere in pieno l’opportunità di non cadere in esistenze banali o cattive.

  1. “Tutto scorre”: l’impermanenza e la morte

L’altro punto su cui riflettere riguarda l’impermanenza e la morte: il carattere transitorio di tutti i fenomeni è una realtà naturale. Tutto cambia, sia a livello macroscopico che microscopico (Pánta rheî – “Tutto scorre”). Anche i virus sono in continua trasformazione e diventano sempre più resistenti. Prendere consapevolezza dell’impermanenza è molto importante anche dal punto di vista psicologico. Abbiamo la tendenza a considerare tutto stabile, permanente. Quello che stiamo vivendo in questi giorni ci testimonia con forza che non è così. Il nostro attaccamento alle nostre condizioni di benessere psico-fisico è origine di grande sofferenza: nella tradizione del Buddha è chiamato “sofferenza del cambiamento”, il disagio che possiamo provare nel percepire un profondo cambiamento nelle nostre abitudini di vita, nell’avvertire nuove e repentine minacce alla vita nostra e dei nostri cari.

Dobbiamo riflettere sul fatto che, per tutti, il momento della morte è incerto, le cause della morte sono molteplici; nessuno è sicuro di essere in vita domani. Tutti stiamo vivendo il dolore di tante morti esperite nella solitudine di un ospedale. Come praticanti, dobbiamo acquisire consapevolezza dell’impermanenza e della morte per trovare l’energia di ricentrarci su ciò che è essenziale. Dobbiamo avvertire l’urgenza di praticare adesso, perché non vi è certezza sul “dopo”.

Nella nostra cultura contemporanea, siamo spesso portati a negare la morte, tendiamo a nasconderla, a ignorarla. La meditazione sulla morte ci spinge a fissare le nostre priorità per vivere bene, pienamente presenti e consapevoli nel qui e ora e per non essere sorpresi e traumatizzati dall’ineluttabile scadenza.

  1. La libertà di agire e il karma

Il terzo punto su cui meditare è ciò che chiamiamo karma: tutti gli atti di corpo, parola e mente, hanno delle conseguenze, per cui raccogliamo quello che abbiamo seminato. La riflessione sulla nostra libertà di agire e sulla nostra responsabilità personale e collettiva ci spinge ad abbandonare i nostri atteggiamenti malsani e ad agire nella direzione della salute fondamentale, nei suoi aspetti di apertura, di lucidità e di disponibilità. Il modo con cui affrontiamo le difficoltà legate alla pandemia dipendono fortemente da come abbiamo agito nel passato, in particolare nel prenderci cura di noi stessi, degli altri e dell’ambiente. Ci dobbiamo impegnare a superare la tendenza nevrotica con la quale spesso affrontiamo la vita con le sue difficoltà e le sue incertezze.

  1. La coscienza e i nostri stati esistenziali

 La quarta meditazione fondamentale riguarda il samsara. La parola samsara indica il ciclo della coscienza, ovvero gli stati esistenziali attraverso i quali passiamo continuamente, condizionati dalle nostre illusioni e dalle nostre passioni conflittuali. Vivere la pandemia o la semplice malattia con una mente che ha repulsione per l’esperienza che stiamo vivendo, classificandola come “cattiva”, ci porta inevitabilmente una sofferenza mentale che aggrava il dolore che si prova naturalmente nel lutto per la morte di tanti esseri umani. Lo scopo di tale meditazione è ispirare la liberazione da questi condizionamenti, oltre i quali vi è la felicità autentica. La via della liberazione è il metodo per dare un senso autentico alla propria vita, per il bene di tutti gli esseri. Ci apre ad una serenità nell’affrontare momenti tanto critici.

Sulla situazione attuale, Guru Vajradhara Chamgon Kenting Tai Situpa afferma che tutti i fenomeni sono interconnessi; tanti si manifestano e poi cessano di essere, talune volte senza che ce ne accorgiamo. Il coronavirus è uno di questi. Non dobbiamo pensare che sia un qualcosa di straordinario, anche se dobbiamo affrontarlo molto seriamente, prendendoci cura di noi stessi e degli altri, soprattutto dei più deboli come ad esempio gli ammalati, i fanciulli e egli anziani. Inoltre, il venerabile Tai Situpa dice: «Bisogna rispettare questa malattia, poiché non c’è confine, non c’è razza, non c’è religione, non c’è titolo di studio, non c’è realizzazione che questo virus risparmierà. Dobbiamo rispettarlo e dobbiamo proteggerci, conoscendo la sua capacità. Se non lo conosciamo e non lo rispettiamo, non possiamo proteggere noi stessi e gli altri […]. Sua santità il Dalai Lama ripete spesso: “Se la madre non ci desse il latte per compassione subito dopo la nostra nascita, non sopravviveremmo, non saremmo qui”.  Siamo il prodotto dell’amore e della compassione e con la nostra bontà possiamo risolvere questa crisi. L’onestà e la sincerità rendono chiara la nostra mente. Così con la mente chiara si ha la saggezza con cui troveremo la soluzione per superare questa epidemia».

di Amedeo Imbimbo

 

 

 

 

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