La Chiesa ortodossa, che segue il calendario giuliano, quest’anno festeggia la Pasqua il 28 aprile. Il mistero pasquale di Cristo è centrale per la vita dei cristiani e di tutte le Chiese, ma la Chiesa ortodossa dà particolare risalto alla gloria del mistero della Resurrezione, che si manifesta particolarmente con il simbolismo liturgico, con la sua teologia e spiritualità, per cui viene spesso definita la “Chiesa della fede nella Risurrezione”.
Significato soteriologico (salvifico) della Resurrezione – Per la Chiesa ortodossa Gesù Cristo, Uomo e Dio, con la sua vittoria sulla morte ha salvato gli uomini, ed il suo trionfo ha reso divina la natura dell’uomo, ha operato la theosis (oppure theiopoiesis), la divinizzazione o deificazione dell’uomo. Cristo “si fece uomo perché noi potessimo essere resi divini” (sant’Atanasio). Il Figlio di Dio è stato crocifisso, è morto, è disceso agli inferi, ha combattuto la morte e l’ha vinta, liberando l’umanità dai vincoli dell’inferno – secondo il linguaggio della tradizione ortodossa – e ritornò ai viventi come uomo e Dio. La resurrezione del Cristo rende possibile la resurrezione dei credenti, portando a compimento la promessa fondamentale del nuovo patto di Dio con l’umanità. Secondo san Giovanni Crisostomo“Cristo non è solo Colui che è risorto dai morti, ma anche Colui che desta i morti. Questo cambiamento dell’uomo è la più chiara dimostrazione della Resurrezione. L’uomo è destato, risorge con la forza della metànoia, della fede e della speranza. La resurrezione del corpo e il cambiamento dell’anima sono due punti saldi della nostra Fede: per la resurrezione del corpo non si presenta nessuna resistenza, tuttavia per il cambiamento dell’anima c’è la resistenza della volontà dell’uomo peccatore”.
Significato escatologico della Resurrezione – La teologia ortodossa, in continuità con il cristianesimo primitivo che viveva in attesa della parusia, del ritorno glorioso del Cristo, sottolinea particolarmente il tema del Giudizio Finale, dell’incontro imminente esaltante e definitivo con Cristo. “Sì, verrò presto” – questa promessa di Gesù alla fine dell’Apocalisse (22, 20) suona nell’udito ortodosso in modo più forte che nelle altre confessioni cristiane. L’anima ortodossa, se possiamo parlare nei termini generali, è piuttosto apocalittica che missionaria o sociale, afferma Vladimir Zelinskij. La resurrezione proclama l’inevitabile ritorno di Cristo: “E di nuovo verrà con gloria a giudicare i vivi e i morti; il cui regno non avrà fine” (Simbolo nicenocostantinopolitano). Secondo la tradizione ortodossa il giudizio, però, non è solo futuro, è già anticipato nel presente, per cui tutta la vita del cristiano deve essere vissuta come un giudizio su se stesso che s’esprime nella purificazione della propria anima. I cristiani vivono l’attesa apocalittica, aspettano la risurrezione dei morti in Cristo, primogenito dei risorti, che preannuncia la risurrezione generale finale, che sarà per alcuni sarà risurrezione di vita e per altri risurrezione di condanna (cf. Gv 5,29). Sia per gli uni che per altri la risurrezione non sarà soltanto spirituale, ma anche corporale. I primi però saranno in comunione con Dio definitivamente, mentre gli altri saranno separati da Dio per sempre (inferno). La tradizione ortodossa sottolinea che le celebrazioni della Settimana Santa proclamano la discesa di Cristo agli inferi e la liberazione di tutti i morti, ma tale discesa ha una sua analogia con il battesimo del Signore, che in tal modo ha santificato le acque del Giordano, cioè la materia di questo mondo, assumendo su di sé il peccato dell’umanità.
La gioia pasquale – Nella notte di Pasqua durante la liturgia ortodossa si legge un brano tratto da un discorso di San Giovanni Crisostomo, che afferma la fede nella Resurrezione come trionfo della vita, perdono di Dio da cui scaturisce la gioia infinita: “Nessuno pianga di peccati: / perdono, infatti, è sorto dalla tomba./ Nessuno tema la morte:/ ce ne ha infatti affrancato la morte del Signore;/ l’ha spenta Lui, che ne è stato trattenuto;/ ha depredato l’Inferno, Lui che è sceso all’Inferno;/ Egli l’ha amareggiato, quando quello gustò della sua carne. […] / Dov’è, o Morte, il tuo aculeo? /dov’è, o Inferno, la tua vittoria?/È risorto Cristo, e sei precipitato! / È risorto Cristo, e sono caduti i demoni! /È risorto Cristo, e gioiscono gli Angeli!/ È risorto Cristo, e la vita trionfa! / È risorto Cristo, e non c’è un più un sol morto nel sepolcro!”. Il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I sottolinea che la Pasqua, che si celebra nella divina liturgia, è fondamento di gioia, perché prefigura la vita con Dio: “Soprattutto nella Liturgia Eucaristica, che è legata indissolubilmente con ‘l’adunanza e il santo giorno’ della Domenica, la Chiesa Ortodossa festeggia questa esistenziale partecipazione alla Resurrezione di Cristo e l’assaggio pratico delle benedizioni del Regno di Dio. Colpisce il carattere pasquale e gioioso della Divina Eucarestia, la quale si celebra sempre in una atmosfera di letizia e allegria e raffigura il finale rinnovamento delle cose che realmente esistono, la gioia completa, la pienezza della vita, la futura sovrabbondanza dell’amore e della conoscenza”.
Resurrezione e diakonia sociale – Per il Patriarca ecumenico la partecipazione eucaristica, la celebrazione pasquale, rende possibile la diakonia per contribuire alla resurrezione del mondo: “Si tratta della visione redentrice del presente alla luce della Cose Ultime e del potenziale cammino verso il Regno, della relazione indistruttibile e del tessere insieme della presenza e del carattere escatologico della salvezza in Cristo dell’uomo e del mondo, che dà alla vita ecclesiastica un potenziale unico e funziona per i fedeli come uno stimolo per una buona testimonianza nel mondo. Il fedele Ortodosso ha un motivo particolare e un forte movente per combattere contro il male sociale, perché vive intensamente l’antitesi tra le Cose Ultime e i dati storici ogni volta. Dal punto di vista Ortodosso, il servizio filantropico, l’aiuto al fratello privo del necessario (…) costituiscono una conseguenza e una espressione dell’ethos eucaristico della Chiesa, rivelazione che l’amore è la quintessenza esperienziale della vita in Cristo, nel presente e nel Regno delle Cose Ultime”. Il patriarca Bartolomeo evidenzia che il messaggio della Croce e della Resurrezione nella nostra epoca va confrontato “con l’arrogante autoesaltazione dell’odierno uomo secolarizzato, razionalista, persuaso dalla strapotenza della scienza, incentrato su se stesso e attaccato alle cose terrene ed effimere, l’uomo privo di desiderio di eternità, quanto anche con la repulsione di tutto l’insieme della Divina Economia dell’Incarnazione e dello ‘scandalo’ della Croce, nel nome della assoluta trascendenza di Dio e del divario incolmabile tra cielo e terra”. Il patriarca ecumenico sottolinea anche il legame tra la passione-resurrezione del Cristo e la passione del mondo che attende la redenzione cosmica: “Il Vangelo della risurrezione, della ‘comune festa di tutti’, dell’amore potentissimo che ha distrutto il potere della morte, risuona oggi in un mondo di ingiustizia sociale che avanza fieramente, di indebolimento della persona umana, in una terra come Golgota universale di profughi e di migliaia di bambini innocenti. Annuncia dal profondo che, davanti a Dio, la vita degli uomini ha un valore assoluto. Proclama che le sofferenze e le sventure, la croce e il Golgota, non hanno l’ultima parola. Non è possibile che i crocifissori trionfino sulle loro tragiche vittime”. Il patriarca copto (di Alessandria) Teodoro II evidenzia che la resurrezione è fonte di speranza per tutta l’umanità ferita dal male e dal dolore: “(…) la resurrezione è il più grande evento nella storia dell’umanità e implora la speranza per l’umanità. Siamo di fronte a due tipi di persone. Un tipo di essere umano causa dolore mentre un altro infonde speranza. Nella lingua araba, le parole ‘dolore’ e ‘speranza’ hanno esattamente le stesse lettere ma sono disposte diversamente. Ci sono quelli che causano dolore e sofferenza nella vita degli uomini e altri che infondono speranza e ottimismo. La resurrezione è il più grande evento terreno che infonde la speranza nelle anime degli uomini”.
La Croce del Risorto – La teologia ortodossa sottolinea anche l’unità del mistero pasquale, il legame tra l’evento della croce e quello della resurrezione, poiché la croce è già trasfigurata dalla gloria della resurrezione, come evidenziato dalla cristologia del Vangelo di Giovanni. La passione di Cristo costituisce un passo fondamentale, necessario, per arrivare alla vittoria finale della resurrezione; nella tradizione ortodossa, però, non è presente la contemplazione delle sofferenze del Cristo, la venerazione delle sue piaghe. La passione costituisce piuttosto un modello per la personale kenosis ascetica che il fedele di religione ortodossa è chiamato a vivere nella sua ricerca di Dio. Come Cristo, il fedele muore alla logica di questo mondo (che non conosce Dio) per poter risorgere con Lui gloriosamente. Secondo il patriarca Bartolomeo nella Chiesa ortodossa “la croce si trova al centro della misericordia, non è tuttavia l’ultima realtà, ciò che delimita anche il segno finale dell’orientamento della vita della Chiesa. Il significato sostanziale della croce è che costituisce una via verso la risurrezione, verso la pienezza della nostra fede”. Per questo motivo la croce è un mistero di ‘gioia per tutto il mondo’: “E’ caratteristico che nell’Ortodossia, la funzione della Passione – afferma il patriarca Bartolomeo – non sia deprimente, ma Croce e Resurrezione insieme, in quanto la Passione si approccia e si vive per mezzo della Resurrezione, la quale è ‘lavacro della tristezza’. Per la sensibilità Ortodossa, il legame saldo di Croce e Resurrezione è incompatibile con ogni forma di fuga interna verso misticismi o verso un pietismo autocompiacente, che spesso sono indifferenti alle sofferenze e alle vicissitudini dell’uomo nella storia”.
Liturgia pasquale ortodossa e tradizioni varie – Nei primi tre giorni della Settimana santa, dal lunedì al mercoledì, il patriarca compie il rito della cottura dell’olio del crisma (accompagnato da letture e preghiere). L’enorme pentolone elettrico è collocato dentro la Chiesa. Una particolarità di questo rito è che solo le Chiese ortodosse autocefale hanno diritto di cuocere l’olio santo. A partire dal giovedì santo si svolgono le processioni, con i preti ortodossi in testa, delle preziose icone del Cristo portate a spalla, due volte al giorno, e viene ripetuto il rito della lavanda dei piedi fino alla veglia pasquale. Il Giovedì santo la Chiesa ortodossa, come quella latina, celebra il rito della benedizione degli oli santi. Il Venerdì santo nelle chiese ortodosse si svolge il rito del funerale di Gesù Cristo, con una vera e propria liturgia funebre (chiamata Opelo). È una giornata di austero digiuno, solo pane ed acqua; alcuni non mangiano niente. Nelle chiese si allestisce il sepolcro di Cristo, rappresentato da un tavolo, abbellito di fiori e profumi, ed i preti vi portano la ‘Sindone’, immagine su stoffa del Cristo sepolto. Dopo inizia l’adorazione della Sindone, segno di umiltà e dolore di fronte al sepolcro di Cristo ma anche di ringraziamento per la redenzione ricevuta. Donne vestite di nero eseguono i canti delle lamentazioni.
La veglia pasquale – I fedeli si recano in chiesa per partecipare alla veglia pasquale, la notte del sabato santo, portando cestini con le uova rosse (con il disegno di una croce). La veglia pasquale inizia poco prima di mezzanotte con l’accensione delle candele a luci spente e la proclamazione della Risurrezione (come nella liturgia latina). La luce di Pasqua con la quale si accendono le candele dei fedeli nei Paesi ortodossi europei arriva da Gerusalemme, dove ogni Sabato santo nella chiesa del Santo Sepolcro ‘discende il fuoco sacro’. I rappresentanti dei Paesi ortodossi ricevono il fuoco sacro per trasportarlo immediatamente con degli aerei speciali. Segue poi la processione attorno alla chiesa e il saluto ‘Cristo è risorto’ (Christòs anèsti). Poi inizia la vera e propria liturgia pasquale che dura fino alle due o alle tre di notte. Nella notte di Pasqua molte volte si ripete Christòs anèsti, cantando il tropario pasquale: “Con la tua morte hai calpestato la morte e hai donato la vita a quelli che giacciono nella tomba”. Il continuo incensare simboleggia le molteplici apparizioni del Risorto ai discepoli.
Nella liturgia pasquale ortodossa è presente anche il rito giocoso delle uova (arcaico simbolo di vita), denominato Tsoungrisma. Quando il prete annuncia la resurrezione di Cristo, a mezzanotte in punto, con il canto di Christòs anèsti ciascun fedele tira fuori il proprio uovo rosso facendo gli auguri al suo parente o al suo vicino e scontrando le estremità dell’uovo per cercare di far rompere l’uovo dell’altro (è la sfida beneaugurante a chi ha l’uovo più resistente).Durante questo rito si pronunciano rispettivamente le parole Christòs anèsti e si risponde con “alithòs anèsti” (Veramente Risorto). Il rito delle uova si ispira alla leggenda, secondo cui quando Maria di Magdala annunciò la resurrezione di Cristo, Pietro (o Tiberio Cesare) rispose: “Ci crederò quando le uova nasceranno rosse”. Allora Maria scoprì il canestro che portava al braccio, e mostrò le sue uova: erano tutte rosse.“Le uova si colorano il Giovedì santo, il primo uovo è sempre rosso in memoria del sangue di Cristo, segno della tomba e della Risurrezione” (Pashov). Durante la Quaresima per gli ortodossi è vietato mangiare le uova, essendo un cibo di origine animale. Le uova rosse vengono preparate il giovedì santo; il Venerdì o il Sabato Santo, vengono portate in chiesa per essere benedette. La mattina di Pasqua si fa colazione con le uova sode e con i salumi; si mangiano nella cena di Pasqua e nei giorni successivi, dopo essere state benedette. La colorazione delle uova una volta era del tutto naturale, vegetale, ma attualmente si usa ilcolorante naturale e si sono aggiunti altri colori; una volta pronte si lucidano con un po’ di d’olio di oliva. Nei Paesi dell’Est si preparano anche i pani di Pasqua, vari tipi di dolci con canditi, simbolo del corpo di Cristo.
Questione ecumenica della data di Pasqua(la domenica che segue la prima luna nuova dopo l’equinozio di primavera), secondo il calendario giuliano (Giulio Cesare) e il calendario gregoriano introdotto nella Chiesa latina nel XVI secolo) – Già nell’enciclica del patriarcato di Costantinopoli del 1920, rivolta a tutte le chiese cristiane del mondo si proponeva di adottare un calendario comune per celebrare nello stesso giorno il Natale e la Pasqua (il Natale greco-ortodosso attualmente coincide con quello cattolico, mentre quello russo-ortodosso viene celebrato 12 giorni dopo il 25 dicembre). Già Paolo VI aveva considerato la possibilità che tutte le confessioni cristiane determinassero il unico giorno per celebrare la Pasqua. Papa Francesco, parlando ai sacerdoti nella basilica lateranense il 12 giugno 2015, ha affermato che l’attuale situazione costituisce uno scandalo ed ha sottolineato ciò con una battuta: “Quando resuscita il tuo Cristo? Il mio risuscita oggi, il tuo la settimana prossima” (Avvenire, 13 giugno 2015). Papa Francesco ha poi rivelato l’esistenza di contatti col patriarca di Costantinopoli Bartolomeo e con quello di Mosca Cirillo per raggiungere un’intesa. Il primate della Chiesa anglicana, l’arcivescovo di Canterbury Justin Welby, anche ha avviato contatti con Papa Francesco, il patriarca Bartolomeo e Teodoro II, affinchè quanto prima si stabilisca di celebrare la Pasqua in una data unica. A partire dall’8 aprile 2015 in alcune zone della Terra Santa i cattolici latini celebrano la Pasqua nello stesso giorno dei cristiani d’oriente, in seguito ad un indicazione dei vescovi cattolici del 2012 (cf. Zenit, 10 aprile 2015). “La Chiesa – si legge nella lettera diffusa dai Vescovi cattolici prima della Quaresima – ha ascoltato la voce dei fedeli, e ormai da tempo, celebrare la Pasqua insieme, cattolici e ortodossi, secondo il Calendario giuliano, è diventata una normale prassi; è un punto acquisito che non possiamo cambiare”. Tuttavia “L’adozione della data di Pasqua in coincidenza con il calendario delle Chiese orientali – come sottolineato dall’agenzia Fides – non riguarda tuttavia le aree di Gerusalemme e Betlemme, dove si continua a seguire il Calendario gregoriano sia per rispettare i vincoli imposti nella Città Santa dal sistema dello “Status quo” (che regola la convivenza tra le diverse Chiese cristiane nei Luoghi Santi), sia per tener conto dell’afflusso di pellegrini che ogni anno giungono da ogni parte del mondo a celebrare la Pasqua nei luoghi della vita terrena di Gesù”. In Giordania cattolici e ortodossi celebrano la Pasqua nello stesso giorno già da quarant’anni. Nei Territori Palestinesi e anche a Cipro si è generalmente trovato un accordo per cui sia il Natale che la Pasqua cattolici e ortodossi vengono celebrati nello stesso giorno seguendo il calendario gregoriano. Anche le Chiese copte, cattoliche e ortodosse, celebrano assieme la Santa Pasqua. La speranza ecumenica è che al più presto si arrivi a celebrare il mistero della resurrezione del Signore, centro della nostra fede, nello stesso giorno, segno visibile dell’unità che avanza sempre, dono dello Spirito Santo.
(Comunicazione per il lunedì di Capodimonte dell’8 aprile 2019)
di Lucia Antinucci
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