Lo spirito di Assisi e la profezia della pace.
Testimonianza e incontro Interreligioso per il Dialogo e l’unità tra i popoli.
Gaeta, 17 settembre 2018 / ore 20.
Le riflessioni della serata sono state introdotte da S. E. Mons. Ambrogio Spreafico vescovo di Frosinone e presidente della Commissione CEI per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, che ha sottolineato l’importanza di portare avanti lo Spirito di Assisi, che non si esaurisce nei grandi eventi internazionali, promossi su iniziativa di Giovanni Paolo II a partire dal 27 ottobre 1986, perché è lo spirito del dialogo, di cui c’è tanto bisogno anche nella società attuale e nella famiglia. La riflessione sull’ebraismo è stata tenuta da Lucia Antinucci presidente dell’Amicizia ebraico-cristiana di Napoli, in sostituzione di rav Ariel Finzi, impedito da un contrattempo. Ella ha sottolineato come il messaggio delle Scritture ebraiche sia quello della pace, dello shalom, che esprime il benessere totale, nei rapporti umani, con gli altri popoli, con il cosmo e nel rapporto personale con Dio. La pace è un dono di Dio che si realizza sempre per mezzo della giustizia, facendo la volontà di Dio e seguendo il suo insegnamento, perché Dio ha un amore premuroso e paterno per tutti gli esseri umani che costituiscono un’unica grande famiglia. La pace in pienezza, la pace per tutti i popoli, ci sarà con l’avvento del regno di Dio, per mezzo del Messia (Mashia), principe della pace della giustizia. L’insegnamento della Torah è quello dell’amore: amore per Dio, amore per il prossimo (Lv 19,18), senza alcuna distinzione, anche per lo straniero, senza escludere neppure il nemico: “Non odiare l’egiziano, perché fosti uno straniero nella sua terra” (Dt 23,7). E’ scritto infatti nel Talmud: “Non dire: amerò coloro che mi amano, e odierò coloro che mi odiano, ma ama tutti!” (Testamento di Gad 6). L. Antinucci ha concluso la sua riflessione con una citazione dal saggio ‘Non nel nome di Dio. Confrontarsi con la violenza religiosa’ (La Giuntina) del rabbino londinese rav Jonathan Sacks, in cui viene sottolineato il rapporto tra la libertà e l’amore per il nemico: “L’odio ci rende schiavi; perciò liberatene. Non fare la guerra ai figli delle tenebre. Assicurati piuttosto che tu e i tuoi figli siate sorgenti di luce” (p. 264).
Anche l’insegnamento dell’islam è un insegnato di pace, come ha evidenziato l’imam Sami Salem, perché non ha nulla a che vedere con le deviazioni delle interpretazioni radicali del Corano che insegna, invece, l’uguaglianza di tutti gli esseri umani, per cui non esistono differenze di genere, nazionalità, colore della pelle o religione. L’Islam non solo predica la tolleranza delle altre religioni, ma ordina anche il rispetto per tutti i profeti e tutti i santi, come si legge nel Sacro Corano: “Il Messaggero crede in quello che è stato fatto scendere su di lui dal suo Signore, come del resto i credenti: tutti credono in Allah, nei Suoi Angeli, nei Suoi Libri e nei Suoi Messaggeri. Non facciamo differenza alcuna tra i Suoi Messaggeri”.
Il prefetto generale dei Taoisti d’Italia, rev Li Xuan Zong, ha offerto al tema della pace il contributo della saggezza e spiritualità. Egli, infatti, ha affermato: “La religione taoista si fonda su principi spirituali e sociali centrati sulla persona umana. I nostri ‘Tre Tesori’: Compassione, Frugalità e Umiltà, sono il fondamento della nostra etica sociale. Il Dao De Jing insegna da oltre due millenni che il taoista accetta chi è buono e chi buono non è, non si perde in dibattiti ma agisce puntando all’essenza, fa sue le necessità del popolo e protegge e si prende cura dei più deboli. La religione Taoista non è per la separazione. Non è per gli ‘o – o’ ma per gli ‘e – e’. Non pensiamo ‘questo o quello’ ma ‘questo e quello’. Per questo il Taoismo non vuole né cerca la pace, poiché in sostanza essa è solo un accordo artificioso e artificiale per avere uno stato di ‘non conflitto’. Noi taoisti – ha affermato il rev Li Xuan Zong – cerchiamo, lavoriamo, per giungere all’ARMONIA. Uno stato in cui, non esiste la dicotomia pace-conflitto ma ciascuno è se stesso e sa di esserlo perché riconosce ‘spontaneamente’, per ANALOGIA SPIRITUALE e non per accordo, pieni diritti all’altro da sé. Anzi ne riconosce la necessità poiché senza l’altro, io non posso identificarmi in me stesso e conoscere il mio posto nel mondo. La diversità è la fonte del senso di appartenenza alla stessa FAMIGLIA umana. Dialogare per la Pace è importante, è un dovere etico ineluttabile e necessario
ma la ‘Grande Pace’ (Taiping) non si costruisce con le parole. Ogni essere umano ha ricevuto la capacità di ‘sentire’ con il cuore. Se saremo capaci di ‘spegnere la mente’, cioè di mettere da parte i nostri interessi, paure e desideri, e di ‘accendere il cuore’ con la Luce Divina, allora e solo allora saremo capaci di sentire e amare gli altri e essere reali operatori di Pace. Noi taoisti – ha concluso il rev Li Xuan Zong – siamo qui per questo. Che la Benedizione Divina accompagni ogni vostro passo”.
La testimonianza per l’istituto buddhista Soka Gakkai è stata offerta da Maria Laura Chiacchio, che ha riportato anche la sua toccante esperienza personale. Durante il periodo della malattia che l’ha colpita, e che le ha impedito di partecipare alle attività del gruppo ‘Spirito di Assisi’, in ospedale si è confrontata con persone di diverse religioni, nel rispetto reciproco. Ella ha anche sottolineato come la Soka Gakkai Internazionale, che si rifà alla tradizione buddhista Nichiren Daishonin, ponga al centro del suo pensiero il tema della pace, della convivenza degli esseri umani nel pianeta, del rispetto per l’ambiente e per ogni forma di vita, dell’abolizione delle armi nucleari, della guerra e della violenza, del rafforzamento delle Nazioni Unite. Una particolare attenzione viene rivolta anche ai processi educativi, strumenti fondamentali per la formazione di cittadini che sentono il mondo intero come loro casa e si preparano per ‘la diplomazia della gente comune’.
Angela Furcas, con la sua sensibilità poetica, il suo afflato mistico, la sua dolcezza e umanità, ha offerto la riflessione per la religione Baha’i, partendo dalle parole del Baha’ Ullah’ il fondatore della religione Baha’i: “La terra è una e gli uomini sono i suoi abitanti. Attraverso un inevitabile processo cadranno le tradizionali barriere di razza, classe, fede e nazione. Da questo processo nascerà a tempo debito una civiltà universale”. I Bahaim credono in un unico Dio; la fonte di tutte le religioni è divina, hanno tutte lo stesso valore. Bahá’u’lláh ha parlato di un “nuovo ordine morale”, un nuovo ordine mondiale che va al di là di una mera riorganizzazione politica, che abbraccia tutte le attività umane, dal campo sociale e politico alle relazioni quotidiane della vita culturale, spirituale, economica e comunitaria, realizzazione della visione, descritta da Isaia nella Bibbia, del tempo in cui le nazioni “trasformeranno le spade in aratri e le lance in falci… e non conosceranno più guerre”. I semi di questa transizione storica sono visibili oggi nei cambiamenti e nelle trasformazioni che preannunciano questo nuovo ordine mondiale. Migliaia di indizi – ha affermato Angela Furcas – segnalano l’emergere di questo nuovo ordine: le spinte centenarie verso una maggiore uguaglianza per la donna e le minoranze, verso una maggiore giustizia economica e l’eliminazione delle tradizionali, profonde differenze di ricchezza e classi, la spinta infine, verso la globale interdipendenza e la fratellanza fra tutte le religioni.
La riflessione conclusiva della serata è stata affidata a P. Eduardo Scognamiglio, costantemente impegnato nella riflessione teologica e nella spiritualità dello spirito di Assisi, spirito del dialogo, dell’accoglienza e della fratellanza interreligiosa. Egli ha sottolineato che accogliere e dialogare significa superare la separazione dall’interlocutore, senza sopprimere la diversità dell’identità specifica di ciascuno. […] L’accoglienza è sempre ricevere e condividere il dono dell’altro, dono prezioso, irripetibile; colui che accoglie è consapevole di condividere la condizione dello straniero tra gli stranieri, di essere in esilio fra le abitazioni del mondo presente, di essere fuori dal proprio mondo, proiettati in uno spazio più grande, che è quello dell’alterità e della diversità a ogni livello. […]. Il dialogo interreligioso ci pone gli uni di fronte agli altri, senza annullare le differenze, realizzando la comunione, l’incontro fraterno con l’altro, non la semplice comunicazione. Il dialogo, l’amicizia fraterna deve essere uno stile di vita, superando sospetti e pregiudizi, passando da un atteggiamento di difesa e di paura alla cultura dell’incontro. Il mondo globalizzato, basato sulla conoscenza virtuale, ha determinato la solitudine globale, si vive barricati nelle proprie case, senza comunicazione fra gli stessi membri delle famiglie […]. “In questo contesto vivere l’impegno per il dialogo e la pace – ha concluso P. Scognamiglio – comporta diventare protagonisti della speranza, della fiducia, del bene, per dare un contributo concreto alla pace, alla fratellanza, all’umanizzazione del mondo, vivendo la sfida dell’integrazione e quella del confronto e dell’incontro tra fedi e culture e tradizioni religiose differenti”.
L’evento interreligioso, molto sentito dai presenti, il primo per la diocesi di Gaeta, si è concluso con la marcia per la pace guidata dai vari rappresentanti religiosi, da piazza Mons. Di Liegro fino alla basilica di san Nilo, testimoniando che per realizzare un mondo migliore c’è bisogno di solidarietà e fraternità fra tutte le religioni, fra tutte le donne e gli uomini di buona volontà, che credono nel valore della pace, nonostante le vicende vadano in direzione opposta. La pace è un seme che va coltivato con premura costante e che a suo tempo porterà i suoi frutti, i cui germogli di giustizia sbocciano già nel presente.
di Lucia Antinucci
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