Caserta 18 gennaio 2018 – ore 18
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Riflessione di Lucia Antinucci
“POTENTE E’ LA TUA MANO SIGNORE” (Es 15,6)
E’ questo il tema della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (18-25 gennaio 2018), che si ispira al cantico di Mosè e di Myriam (cf Es 15,1-21), che celebra la gioia per la liberazione, realizzata dall’intervento di Dio, la sua mano potente.
“Allora Mosè e gli Israeliti cantarono questo inno in onore del Signore:
‘Voglio cantare al Signore, ha ottenuto una vittoria strepitosa: cavallo e cavaliere, li ha gettati in mare!
Il Signore è mia difesa, mia potenza. Egli mi ha salvato. È lui il mio Dio, lo voglio ringraziare; è il Dio di mio padre, lo voglio esaltare.
Il Signore è un guerriero: ‘Signore’ è il suo nome! I carri da guerra e l’esercito egiziano, li ha sommersi nelle acque, i soldati migliori annegarono nel mare. Le onde li ricoprono: sono andati a fondo come pietre. Potente e terribile è la tua mano, Signore, la tua destra spezza il nemico. Sei grande, Signore, distruggi i tuoi avversari; scateni il fuoco della tua ira: li divora come paglia.
È bastato un tuo soffio: le acque si sono ammassate, le correnti si sono alzate come un argine, le onde si sono fermate in mezzo al mare. Il nemico si vantava e diceva: ‘Li inseguirò, li raggiungerò, li attaccherò, li sterminerò, ci sarà bottino per tutti; alzerò la spada, mi impadronirò di loro!’ Ma tu hai soffiato su di loro e il mare li ha ricoperti, si sono sprofondati come piombo in acque profonde.
Signore, chi è come te fra tutti gli dei? Chi è come te santo e potente? Chi può compiere imprese come le tue? Hai steso la tua mano, e la terra ha inghiottito i tuoi nemici.
Hai liberato il tuo popolo! Con la tua bontà lo accompagni, con la tua forza lo guidi alla terra che volevi ti fosse consacrata.
I popoli vicini hanno udito e tremavano di paura; lo spavento è piombato sui Filistei. I capi di Edom sono atterriti, i potenti di Moab sono presi da paura, tremano gli abitanti di Canaan. Spavento e terrore s’abbattono su di loro.
Scateni la tua forza, restano come pietre senza parola, finché sia passato il tuo popolo, Signore, quel popolo che hai creato. Lo conduci e lo fai stabilire sulla tua montagna, nel luogo che tu, Signore, hai scelto come tua casa, nel tempio che le tue mani hanno costruito. Il Signore è re in eterno e per sempre!”
Gli Israeliti avevano camminato all’asciutto in mezzo al mare. E quando i cavalli del faraone, i suoi carri da guerra e i cavalieri li inseguirono dentro al mare, il Signore fece tornare su di essi le onde.
Allora la sorella di Aronne, Miriam la profetessa, prese in mano un tamburello, e le altre donne si unirono a lei. Esse suonavano i tamburelli e danzavano in cerchio. Miriam cantò davanti a loro questo ritornello: “Cantate al Signore! Ha ottenuto una vittoria strepitosa, cavallo e cavaliere, li ha gettati in mare!’” (Esodo 15, 1-21).
Secondo la Prima Alleanza (Antico Testamento) la potenza di Dio si è manifestata soprattutto con la liberazione d’Israele dalla schiavitù dell’Egitto. Tale potenza è segno della sua fedeltà all’alleanza con i patriarchi: Dio non si dimentica del suo popolo perché il suo amore è eterno. Il cantico di Mosè e di Myriam loda il Signore per le meraviglie compiute a favore d’Israele, per averlo liberato dalla schiavitù d’Egitto; indirettamente manifesta la condanna da parte di Dio per ogni forma di schiavitù, di oppressione e di ingiustizia. Dio è il Salvatore d’Israele, ma è anche il Creatore di tutta l’umanità, per cui desidera donare la felicità a ogni essere umano, creato a sua immagine e somiglianza, affinchè risplenda della sua Gloria e sia asciugata ogni lacrima.
Come gli ebrei tanti popoli nel corso della storia hanno cantato la loro gioia per la liberazione, che è costata sacrificio di vite umane. Nella società attuale c’è ancora bisogno di liberazione, perché ci sono tante forme di schiavitù, nuove forme di schiavitù, di oppressione, di mercificazione dei più deboli, di distruzione dei diritti fondamentali delle persone, della loro dignità. Tante popolazioni sono ancora nell’angoscia per la miseria, per le sofferenze causate dalla guerra, con la perdita di tutto e soprattutto dei loro cari; si tratta ancora di donne, uomini e bambini che affrontano viaggi rischiosi nella speranza di poter realizzare una condizione di vita migliore, e purtroppo vanno incontro allo sfruttamento, all’emarginazione, al degrado. Ci sono poi altre forme di schiavitù, quelle tipiche delle società del benessere, schiavitù morali o psicologiche: l’edonismo sfrenato, la pornografia, la corruzione, la delinquenza, il bullismo, l’illegalità, la violenza gratuita. Anche queste nuove forme di schiavitù causano profonda sofferenza e distruggono la dignità della persona.
Il cantico di Mosè e di Myriam, che viene proposto per la riflessione e per la preghiera ecumenica dal Consiglio Ecumenico delle Chiese e dal Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani è l’invocazione della potenza dell’amore di Dio; tale potenza si manifesta pure attraverso le nostre scelte, la nostra libertà, che però può anche rifiutare il dono di Dio. La misericordia e la compassione di Dio spesso si attua, non in modo miracolistico, ma attraverso la collaborazione umana, la buona volontà, la generosità, il coraggio, l’impegno costante di tante donne e di tanti uomini che cercano di alleviare le sofferenze dei loro fratelli. La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani è un richiamo a sviluppare sempre più la collaborazione ecumenica nel campo sociale, come servizio della carità. Occorre allargare la collaborazione anche con i nostri fratelli maggiori, gli ebrei per il tikkun olam, per riparare, perfezionare, migliorare il mondo.
Il tema di quest’anno è un invito a lodare il Signore per le meraviglie che Egli compie nella nostra storia personale, sociale, universale. E’ la lode per la liberazione dalla radice di tutti i mali e di tutte le schiavitù, che è il mistero dell’iniquità, per averci donato la salvezza, la rinascita, che ci rende capaci di rendere il mondo più umano, più vivibile, più aperto al Regno di Dio. Siamo invitati anche a lodare il Signore per la sua fedeltà all’alleanza con il popolo eletto, perché i suoi doni e la sua chiamata sono irrevocabili (cf Rm 11,29). La salvezza è stata operata da Dio tramite il suo servo Israele, da cui proviene Gesù di Nazareth, Yeshua, il suo Figlio unigenito, generato dall’eternità.
La Settimana di preghiera di quest’anno ci porta anche a riscoprire il nostro battesimo che accomuna tutti i cristiani, sia che si tratti di battesimo dei bambini (pedobattesimo), sia che si tratti di battesimo dei credenti (adulti), perché ciò che è fondante è che sia amministrato nel nome del Dio Trinitario e con il segno dell’acqua. Il battesimo ci rende Chiesa, ci rende in Cristo un solo Corpo, nonostante la pluralità delle nostre confessioni, delle nostre tradizioni cristiane. La piena unità visibile però è anche la speranza verso cui sono in cammino tutte le chiese, che il Signore realizzerà per mezzo del suo Spirito, come vorrà e quando vorrà. Il battesimo ci assimila alla morte e alla resurrezione del Signore Gesù; è un lavacro di purificazione, metafora del cammino verso l’unità, che è segnata dalla sofferenza, dalle difficoltà, dalla costante conversione, dalla disponibilità ad aprirsi alla novità di Dio, che rinnova la Chiesa, la ringiovanisce, curando tutte le sue ferite, cioè le incomprensioni, i contrasti e i conflitti.
La Settimana di preghiera in genere (nell’emisfero nord) si celebra dal 18 al 25 gennaio, come proposto nel 1908 da padre Paul Wattson, perché compresa tra la festa della cattedra di san Pietro e quella della conversione di san Paolo; assume quindi un significato simbolico.
La scelta del tema e dei testi di quest’anno è stata affidata ai cristiani della regione dei Caraibi, che è una realtà complessa, caratterizzata da diverse tradizioni etniche, linguistiche e religiose; presenta pure una varietà di sistemi governativi e costituzionali, che vanno dalla dipendenza coloniale (inglese, olandese, francese e americana) alle repubbliche nazionali. I Caraibi attuali sono ancora profondamente segnati dallo sfruttamento coloniale.
“Nel perseguire in modo aggressivo introiti mercantili i colonizzatori perpetrarono un sistema brutale di tratta di esseri umani e di lavori forzati. Fin dall’inizio queste prassi schiavizzarono, decimarono e in alcuni casi sterminarono le popolazioni indigene della regione. Seguì la schiavizzazione degli Africani e forme di lavoro servili di persone dall’India e dalla Cina. In ogni fase di questo processo, i colonizzatori tentarono programmaticamente di privare i popoli soggiogati dei loro diritti inalienabili: la loro identità, la dignità umana, la libertà e la loro autodeterminazione. Il fenomeno della schiavitù degli Africani non si limitava al semplice trasporto di lavoratori da un luogo ad un altro, ma si profilava quale affronto contro la dignità umana donata da Dio, mercificava la persona umana rendendo un essere umano proprietà di terzi. Con la pretesa degli schiavi quali proprietà, si diffusero altre pratiche che condussero alla disumanizzazione degli Africani, tra cui la negazione del diritto alla pratica culturale e religiosa e alla vita matrimoniale e familiare. Deplorabilmente, durante i cinque secoli di colonialismo e di schiavitù, l’attività missionaria dei cristiani nella regione, tranne qualche esempio degno di nota, era strettamente collusa con questi sistemi disumanizzanti e molte volte forniva loro giustificazioni razionali e li rafforzava. Eppure, laddove coloro che portarono la Bibbia in questa regione utilizzarono le Scritture per giustificare l’assoggettamento di un popolo in catene, nelle mani degli schiavi essa divenne, invece, un’ispirazione e una garanzia che Dio era dalla loro parte e che li avrebbe condotti alla libertà” (dai Sussidi per la Settimana di preghiera).
Come gli ebrei anche le popolazioni caraibiche hanno sperimentato l’intervento di Dio nella liberazione dalla schiavitù; la vittoria per la fine dell’oppressione ha costituito per loro un motivo di ritrovata unità. Nonostante ciò le sofferenze non sono finite, perché c’è attualmente una situazione di neo-colonialismo, per cui sembra impossibile venire fuori dalla condizione della povertà e del debito. In molti luoghi, inoltre, la legislazione continua a legittimare le discriminazioni. I cristiani di tutto l’ecumene, durante la Settimana di preghiera di quest’anno, si uniscono particolarmente agli abitanti delle regioni caraibiche per invocare l’intervento della potente mano di Dio, affinchè ponga fine alla loro situazione di oppressione, come pure in tutto il mondo, e perché si convertano tutti gli oppressori.
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