Il 15 maggio c.a., presso il Maschio angioino (sala dei baroni), dalle ore 9,00 alle ore 13,00 si terrà un convegno per celebrare i trent’anni dell’Amicizia Ebraico-cristiana di Napoli (AECNA), durante il quale verrà fatto un bilancio delle attività svolte dall’associazione e saranno indicate le prospettive per il futuro.
L’Amicizia Ebraico-Cristiana (AEC) venne fondata da Jules Isaac (Rennes 1877 – Aix-en-Provence 1963), un noto storico francese. Egli, da laico, riscoprì la sua identità ebraica quando i nazisti deportarono la moglie, la figlia, il genero, il figlio minore nell’ottobre del 1943. Isaac si salvò per puro caso; egli voleva a tutti i costi seguire la sorte dei suoi familiari ma gli pervenne, non si sa come, un biglietto della moglie in cui ella gli scriveva:”’Finisci la tua opera che il mondo attende’”. Isaac decise allora di darsi totalmente alla sua missione, che non consisteva nella rivincita degli ebrei sui cristiani, bensì nella riconciliazione fra ebrei e cristiani, facendo conoscere l’ebraismo ai cristiani e il cristianesimo agli ebrei. Profondamente segnato dal dramma personale e collettivo, ma mai disperato, egli completò la sua voluminosa opera Jesùs et Israel, che uscì nel 1947 e sempre nello stesso anno promosse a Seelisberg (Svizzera) il Congresso Internazionale Giudeo-cristiano, che approvò un documento di dieci punti, che costituiscono la magna charta del dialogo ebraico-cristiano. Qui venne fondato l’International Council of Christians and Jews (JCCJ). Nel 1948 fondò l’Amitié Judéo-chrétienne de France e si adoperò per la costituzione della prima Amicizia Ebraico-cristiana d’Italia (Firenze 1950), tramite i suoi contatti con Giorgio La Pira. Scrisse ancora varie opere sull’antisemitismo. Settantenne, con la salute sempre più minacciata, Isaac sentiva che aveva ancora molto da fare; per poter scuotere il mondo cattolico doveva arrivare al Papa, Giovanni XXIII, per il quale preparò un dossier: Della necessità di una riforma dell’insegnamento cristiano nei confronti d’Israele. Venne aiutato da Maria Vingiani (fondatrice del Segretariato di Attività Ecumeniche) a superare le innumerevoli difficoltà per realizzare l’incontro con il Pontefice, che ebbe luogo il 13 giugno del 1960 alle ore 13,30, quando Isaac aveva 84 anni: “Due patriarchi si incontravano, e non solo per età. Il Papa lo ricevette – scrisse Maria Vingiani – con grande affabilità, ma fu molto scosso da quel colloquio, per quel che ne seppi. E quando Isaac nell’accomiatarsi gli disse: ‘Posso avere almeno un briciolo di speranza?’, ‘Molto più che una speranza Lei ha diritto di avere’ gli rispose il Pontefice. Isaac aveva passato al Papa il suo dossier, che a sua volta lo consegnò al Cardinale Agostino Bea e così l’artefice del dialogo ebraico-cristiano riuscì a coinvolgere nella sua missione la Chiesa Cattolica ed iniziò la grande svolta, che portò alla Dichiarazione Nostra Aetate 4 (…). Al momento della proclamazione di questa dichiarazione Isaac era morto da oltre due anni; a questo grande vegliardo, come Mosè in vista della Terra promessa, non era toccato di veder compiuta l’opera sua”. L’opera Jesùs et Israel (edizione italiana a cura della Marietti), non è solamente il risultato di un impegno intellettuale, ma nasce da una passione, dalla scoperta di una missione. Come afferma lo stesso Autore, “è il grido di una coscienza indignata, d’un cuore lacerato. Si rivolge alla coscienza e al cuore degli uomini. Compiango quelli che si rifiuteranno di ascoltarlo”. Isaac riconosce che la sua sofferenza personale, come quella del suo popolo, può averlo portato anche ad affermazioni bizzarre; nonostante ciò la sua opera, che nasce da un grande tormento, possiede anche la lucidità dell’argomentare di uno storico, che si cimenta nella non facile impresa dell’esegesi dei Vangeli. L’Autore procede in modo analitico, puntuale, dettagliato, con ampia documentazione e il suo argomentare segue una rigorosa dimostrazione, per cui Gesù e Israele realizza certamente la sintesi fra cuore e ragione. L’Autore scrive di non essersi lasciato condizionare dalla propria identità, di aver condotto un’analisi obiettiva e “forse qualcuno si domanderà a quale confessione appartenga l’autore. La risposta è facile: non appartiene – rileva lo stesso Isaac – a nessuna confessione. Ma tutto il libro attesta il fervore che lo ispira e lo guida”. I ventuno argomenti del libro vogliono offrire un aiuto al cristianesimo a riscoprire la sua profonda continuità con l’ebraismo, basandosi sulla predicazione e sull’opera di Gesù. Il rapporto è certamente asimmetrico: mentre l’ebraismo, per la sua fedeltà alla Torah, non può riconoscere nel Secondo Testamento il compimento del Primo, il cristianesimo riconosce invece nel Primo Testamento il proprio fondamento. Il libro Gesù e Israele ha voluto offrire ai cristiani il contributo di un’accurata analisi storica per promuovere un profondo cambiamento di mentalità. Isaac non è stato un pensatore solitario, perché egli ha cercato, come già rilevato, il confronto con gli studiosi cristiani e con la massima autorità cattolica. Il suo impegno ha trovato disponibilità e accoglienza da parte di figure carismatiche del mondo cristiano, per cui si è innescato un processo di forte cambiamento, che ha portato anche al riconoscimento ufficiale degli errori del passato: “Noi siamo profondamente addolorati per il comportamento di quanti nel corso della storia hanno fatto soffrire questi tuoi figli e chiedendoti perdono vogliamo impegnarci in un’autentica fraternità con il popolo dell’alleanza”. Così si espresse il Pontefice Giovanni Paolo II durante l’Anno Santo del Duemila nell’implorare il perdono di Dio. Il grande contributo di Jules Isaac al dialogo ebraico-cristiano non è esente da limiti nell’analisi storica, perché il tentativo di ricondurre Gesù di Nazareth in una dimensione esclusivamente ebraica, non prende in seria considerazione i dati esegetici della sua novità, sconcertante per gli stessi ebrei.
L’ AEC in Italia, dopo quella di Firenze, si è diffusa a Roma , Ancona, Torino, Napoli, Forlì, Udine, Cuneo-Mondovì, Alto Garda, Milano. Nel 1988 venne costituita la Federazione delle AEC d’Italia, durante i Colloqui Ebraico-Cristiani dei Camaldoli di Arezzo (iniziati nel 1980). La Federazione fa parte del summenzionato Congresso Internazionale Giudeo-Cristiano. A Napoli l’AEC nacque per volere dell’allora arcivescovo, il Cardinale Corrado Ursi, particolarmente attento all’ecumenismo e al dialogo con l’ebraismo (è stato infatti il primo uomo di Chiesa a compiere una visita in Sinagoga nel 1966). Fecero parte del gruppo promotore, tra gli altri, il Rabbino Cesare Eliseo, Alberta Levi Temin (comunità ebraica), il teologo Bruno Forte, il Pastore luterano Alberto Saggese, il Pastore battista Nicola Lella. Scopo essenziale dell’associazione è la conoscenza reciproca, il rispetto e l’amicizia tra ebrei e cristiani, al fine di eliminare i pregiudizi, combattendo ogni forma, velata o palese, di antisemitismo e collaborando nella difesa dei valori ideali e morali comuni. L’obiettivo è quello di contribuire al superamento di pregiudizi e intolleranze, ancora molto radicati, attraverso la conoscenza, il dialogo, l’amicizia. L’AECNA ha concretizzato tali obiettivi attraverso la promozione di iniziative culturali per il confronto fra la tradizione ebraica e quella cristiana. Nel terzo decennio di attività dell’AECNA il confronto si è esteso anche alla religione islamica.
L’evento del 15 maggio ha pure lo scopo di commemorare Alberta Levi Temin (Guastalla/RE 25 settembre 1919 – Napoli 31 agosto 2016). Nel settembre del 1922 la sua famiglia si trasferì a Ferrara, città di provenienza della madre, Bianca Ravenna. Per la promulgazione in Italia delle leggi razziali, impossibilitata ad iscriversi all’Università, insegnò con il titolo di maestra alla scuola ebraica di Ferrara. 12 Ottobre 1943 con la famiglia fuggì a Roma (16 Ottobre 1943 prima deportazione nazifascista), ma Alberta con la sua famiglia riesce fortunosamente a salvarsi, mentre gli zii e cugini che li avevano ospitati vennero deportati ad Auschwitz e morirono nella camera a gas. Il 14 Maggio 1945 Alberta sposò Fabio Temin e la coppia si trasferì a Napoli; ebbero cinque figli. Alberta, nonostante i suoi impegni di vita familiare e nell’azienda del marito, trovò ugualmente il tempo per occuparsi di varie attività sociali e culturali, in particolare dell’ ADEI (Associazione Donne Ebree d’Italia) e, come rappresentante nazionale di tale Associazione, venne nominata come consigliera del direttivo del CNDI (Consiglio Nazionale Donne Italiane). A Napoli , sempre come rappresentante dell’ ADEI, partecipò alle attività del CAFC (Comitato Associazioni Femminili Campane). Alberta ha fatto parte del gruppo fondatore dell’AECNA e ha ricoperto la carica di Presidente negli anni 1993-1997. A partire dagli anni “90 del secolo scorso, ella si dedicò con passione agli incontri con gli studenti, nelle scuole di ogni ordine e grado, con i gruppi di parrocchie, associazioni, circoli culturali, con i detenuti, per portare la sua testimonianza sulla shoah, affinchè – come ella amava affermare – simili tragedie non debbano mai più ripetersi nell’umanità. Per tale instancabile impegno (ella diceva “finchè avrò fiato”) ha avuto varie onorificenze, tra cui nel dicembre 2006 il premio per la pace della Regione Campania.
Alberta Levi Temin è stata certamente una personalità di grande fascino morale, e il suo carisma è stato un forte sostegno per il cammino dell’AECNA. Chi scrive ha condiviso con lei il percorso, non certo facile, della nascente Associazione, e la loro costante collaborazione divenne subito una grande amicizia. Alberta amava molto la cultura e, pur professandosi laica, coltivava l’approfondimento della cultura ebraica, la conoscenza delle varie religioni e culture, in particolare del cristianesimo. Il suo impegno culturale e sociale per combattere l’antisemitismo era finalizzato sempre al contrasto verso ogni forma di razzismo, intolleranza e discriminazione. Alberta è stata anche una donna di grande cordialità, umanità, saggezza, pienamente a suo agio con le persone di tutte le condizioni sociali. Nelle situazioni conflittuali dell’Associazione ella amava la chiarezza, la verità, allo scopo di promuovere relazioni fraterne di pace, senza superficiali irenismi. Ella è stata anche la donna del dialogo; amava confrontarsi con tutte le diversità, sempre in modo rispettoso, senza sottrarsi neppure al confronto con gli studenti palestinesi. L’AECNA è chiamata quindi a continuare il suo percorso facendo proprio il patrimonio morale ereditato da Alberta, senza tuttavia cedimenti alle mitizzazioni, che la stessa donna ebrea ferrarese non approverebbe, ma con senso critico, rispondendo alle nuove emergenze e ai nuovi scenari interreligiosi e internazionali.
Lucia Antinucci
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