METTERSI NEI PANNI DELL’ALTRO
Il dialogo come accoglienza e impegno per la pace
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«C’è una parola che non dobbiamo mai stancarci di ripetere e soprattutto di testimoniare: dialogo. Scopriremo che aprirci agli altri non impoverisce il nostro sguardo, ma ci rende più ricchi perché ci fa riconoscere la verità dell’altro, l’importanza della sua esperienza e il retroterra di quello che dice, anche quando si nasconde dietro atteggiamenti e scelte che non condividiamo. Un vero incontro implica la chiarezza della propria identità, ma al tempo stesso la disponibilità a mettersi nei panni dell’altro per cogliere, al di sotto della superficie, ciò che agita il suo cuore, che cosa cerca veramente. In questo modo può iniziare quel dialogo che fa avanzare nel cammino verso nuove sintesi che arricchiscono l’uno e l’altro. Questa è la sfida davanti alla quale si trovano tutti gli uomini di buona volontà» (Francesco, Messaggio [19-8-2016] in occasione del XXXVII Meeting per l’amicizia fra i popoli [Rimini, 19 – 25 agosto 2016]).
Il dialogo si realizza nella vita di ogni giorno e si traduce, concretamente, nella capacità di mettersi nei panni dell’altro, di accogliere chi è in difficoltà, di dare fiducia allo straniero, al migrante, a tutto il prossimo che abbiamo di fronte, vincendo paure e pregiudizi, chiusure e incomprensioni. È chiaro che ci troviamo in difficoltà, considerando gli attentati terroristici di matrice religiosa di quest’ultimo anno. Proprio per questo, il dialogo è una sfida, una testimonianza di vita e di fede, dalla quale non possiamo sottrarci.
“Accogliere” non equivale semplicemente ad “accettare” qualcuno con una buona disposizione d’animo, né ad “approvare” o a “tollerare” la presenza d’altri, né può essere – riduttivamente – il “contenere” in uno spazio o luogo delimitato la presenza dello straniero, vuoi dell’immigrato, vuoi del clandestino, o del prossimo-rifugiato diverso da me, fuori da qualsiasi legame sociale e conviviale, politico ed economico, culturale e religioso. “Accogliere” vuol dire, cristianamente, “ricevere” o “condividere” un dono, nella consapevolezza che l’altro – chiunque egli sia – è per me sempre un fratello, una sorella, perché tutti siamo figli e figlie di un solo Padre che è nei cieli. Chi è capace di “accogliere” è consapevole di ricevere un dono prezioso e di essere o sentirsi come uno “straniero tra gli stranieri”, come uno che abita in una casa che si trova in esilio tra le altre abitazioni del mondo, in quell’unico spazio o oikumene che è la terra abitata da tutti. È la “radice abramitica” dell’accogliere stando fuori (di sé), dal proprio mondo, proiettati in uno spazio più grande, quello della diversità e dell’alterità a ogni livello.
In quest’ordine, l’accoglienza ha un significato sponsale, sacrale («io accolgo te»), e diviene convivium che è oltre le parole, ossia comunione profonda dei nostri vissuti di fede e di storia, delle nostre risorse, dei beni, delle speranze che ci abitano insieme alle nostre povertà o fragilità.
Secondo tale prospettiva, il dialogo ci pone gli uni di fronte agli altri – gli occhi negli occhi – in un confronto anche tacito, «perché nell’amore e nell’accoglienza i silenzi sono spesso più eloquenti delle parole. È l’incontro con un volto, un “tu” che riflette l’amore divino» (Francesco, Esortazione apostolica post-sinodale Amoris laetitia [8-4-2016], n. 12), pur consapevoli delle differenze che ci abitano e ci co-costituiscono. Perché il dialogo non è una forma retorica della conversazione, né un discorso alternativo fra due o più persone, e neppure una semplice informazione o comunicazione tra più soggetti diversi, bensì un evento di comunione, d’incontro fraterno con l’altro. Accogliere, allora, significherà, cristianamente, fare del dialogo e dell’amicizia fraterna il nostro stile di vita, riconoscendo che i sospetti e i pregiudizi nei confronti dell’altro si pongono in conflitto con il comandamento biblico di accogliere con rispetto e solidarietà lo straniero bisognoso e che è necessario passare da un atteggiamento di difesa e di paura, di disinteresse o di emarginazione a un atteggiamento che ha alla base la cultura dell’incontro, l’unica capace di costruire un mondo più giusto e fraterno.
L’impegno per il dialogo ci sprona a diventare protagonisti della speranza, della fiducia, del bene, e a non restare in questo mondo come vittime ammutolite del male che si manifesta, talvolta, in modo tragico e drammatico. Essere protagonisti del dialogo significa prendere in mano la nostra vita e dare un contributo concreto alla pace, alla fratellanza, all’incontro, al bene, con la propria fede, umanizzando il mondo.
Il terrorismo è un’ideologia e ha la sua forza nell’imprevedibilità e nella capacità di incutere paura – appunto “terrore” – nella società internazionale. Coloro che si tolgono la vita nel nome di Dio – chiunque egli sia – si lasciano prendere dal desiderio di onnipotenza e diventano vittime della stessa ideologia in atto, del fondamentalismo religioso che non ha niente di santo o di sacro. Chi si toglie la vita uccidendo gli altri non è cristiano, né ebreo né musulmano, e neanche buddhista o shintoista o appartenente al complesso mondo religioso hindu. Chi decide di bruciare o di far saltare la propria esistenza agisce contro la ragione e cade nella spirale del male e del totalitarismo con l’assurda pretesa di farsi giustizia da solo e di rivendicare il proprio ideale attraverso la morte. Solo chi è esaltato o preso dal raptus della violenza può fare questo. Spesso i terroristi sono persone che provengono da buone famiglie, formati nelle migliori scuole occidentali, asserviti a falsi ideali di giustizia, di verità, di bene, di rispetto della propria visione del mondo.
La risposta cristiana al male, alla violenza, a ogni terrorismo, è data solo dall’amore, dalla volontà di continuare ad amare e ad accogliere nonostante tutta la violenza sparsa per il mondo. È in questa prospettiva che opera il Centro Studi Francescani per il Dialogo interreligioso e le Culture.
Quest’anno sono da segnalare due importanti forum: il primo sulla famiglia e il secondo sulla sicurezza ad ampio raggio (sul lavoro, a livello informatico, per la scuola e gli edifici pubblici, in ambito socio-sanitario, in rapporto al terrorismo, etc…).
Ancor prima della ripresa di tutte le nostre attività (forum, convegni, laboratori, etc…), non possiamo non menzionare il viaggio di papa Francesco ad Assisi programmato per il 20 settembre 2016. Sarà un momento molto importante per dare testimonianza allo “Spirito di Assisi” e al dialogo tra i popoli e le religioni. Papa Francesco prenderà parte all’incontro conclusivo della giornata mondiale di preghiera per la pace intitolato: “Sete di pace. Religioni e culture in dialogo”. Si tratta dell’incontro internazionale e interreligioso per la pace organizzato, come ogni anno, dalla Comunità di Sant’Egidio, a trent’anni dallo storico vertice voluto da san Giovanni Paolo II (1986) e sullo sfondo di un frangente geopolitico incandescente. In un momento storico difficile per le minacce costituite dalla violenza diffusa, dal terrore e dalle guerre in corso in Medio Oriente e in Africa, centinaia di capi religiosi di tutti i continenti si vedranno nella città di san Francesco insieme a rappresentanti del mondo della cultura e delle istituzioni e accompagnati da una partecipazione popolare da diverse città italiane ed europee.
La sfida del dialogo e la testimonianza dell’accoglienza toccano anche il nostro mondo, il pianeta Terra. L’Onu ha dichiarato il 2017 anno internazionale del “turismo sostenibile”, nella speranza di diffondere la consapevolezza del grande patrimonio delle varie civiltà del mondo e nel portare, al riguardo, un miglior apprezzamento di valori intrinsechi delle diverse culture, contribuendo così al rafforzamento della pace nel mondo. Il turismo sostenibile riguarda anche i milioni di pellegrini che si recano in Terra Santa e nei santuari mariani sparsi in tutto il mondo. A muoversi sono comunità, etnie, culture e religioni che prendono forma nel nostro vissuto che va sempre più orientato al convivio delle differenze, al rispetto dell’ambiente e alla sicurezza.
8 settembre 2016
Natività della Beata Vergine Maria
Il Direttore
Fra Edoardo Scognamiglio, Ofm Conv.
Ministro Provinciale di Napoli e Basilicata
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