Francesco d’Assisi e Innocenzo III: un sogno in comune?
Hermann Hesse, rievocando il primo incontro tra Francesco d’Assisi e Innocenzo III, che probabilmente è avvenuto intorno al 1210, afferma che questo papa era il “contrario di Francesco quasi in tutto”: perché “non era di indole amorevole e mite” e “non era un pastore tenero”, bensì “un lottatore” e “un sovrano impetuoso” che governava con grande energia la Chiesa di Roma e l’aveva portata a essere una potenza rispettata da tutti. Il mistico e poeta biografo aggiunge e conclude così: “Così accadde, quale miracolo del Signore, che allo stesso momento un papa combattivo salvasse la Chiesa cattolica dall’impotenza secolare e la portasse a nuovo splendore”, mentre, per contro, “quell’umbro buono e modesto le infondeva un nuovo spirito d’amore”.
In verità, Innocenzo III riuscì sì a vincere la lotta con l’impero – i principi e i re di Francia e d’Inghilterra furono scomunicati – ma non gli fu facile vincere i movimenti pauperistici tra cui gruppi eretici (valdesi e catari) che si stavano diffondendo anche fra i fedeli cattolici più ortodossi e contro i quali invano erano state scagliate scomuniche e crociate. La lotta contro gli albigesi era ancora aperta: questi, sconfitti sul terreno militare, diffondevano le loro dottrine in clandestinità. Contro gli albigesi si stava organizzando una crociata e preparando addirittura l’Inquisizione. Francesco non incontrò un papa aperto al dialogo, né disponibile ad ascoltare e, checche ne dicano gli agiografi e alcuni biografi ufficiali, non fu per niente facile arrivare nel 1221 all’approvazione della Regola. Molte riletture posteriori risentono del fascino che Francesco esercitò su storici, scrittori e teologi. Alcune fonti estranee ci dicono che la reazione del papa fu, al primo incontro, negativa: “Vattene, frate, dai tuoi maiali, ai quali assomigli, e rivoltati nel fango: la tua Regola dalla a loro, e anche la tua predicazione” (cf. Testimonia minora saeculi XIII de s. Francisco, Roma 1908). Anche la biografia di san Bonaventura afferma che Innocenzo III, in un primo momento, cacciò via con sdegno, come un importuno, quel visitatore strano (cf. Leggenda maggiore 3,9).
La Leggenda dei tre compagni (12,46), forse con troppa enfasi, afferma che i dodici camminavano “tutti giulivi, parlando fra loro le parole del Signore” e “nulla dicendo che non servisse a lode e gloria di Dio e a profitto dell’anima”. Il biografo aggiunge pure che i compagni di Francesco “frequentemente si abbandonavano alla preghiera” e che, arrivati a Roma, vi trovarono il vescovo di Assisi (Guido) che li ricevette con grande gioia e che aveva particolare affetto e stima per il Poverello (cf. la Vita prima di Tommaso da Celano, 13,32). Al di là della mediazione dei curiali, forse Innocenzo III si convinse di ricevere quei barboni sia per un sogno rivelativo che fece dopo aver incontrato il Poverello (cf. Leggenda maggiore. Aggiunta posteriore 3,9a), sia perché Francesco rispose alle obiezioni del papa riguardo all’eccessivo rigore imposto dalla sua Regola, parlando di Madonna Povertà. Il papa si convinse anche per la visione che in sogno ebbe della basilica del Laterano cadente – così racconta un’altra fonte – e di un uomo poverello, piccolo di aspetto, che la sosteneva mettendovi sotto le spalle perché non cadesse. Di là della verità di questi racconti, comunque, papa Innocenzo III approvò la Regola, non senza compromessi e tagli! Se è anche vero che gli stessi biografi di Francesco, nel raccontare l’incontro tra il Poverello e Innocenzo III lavorarono molto di fantasia, è altrettanto vero che il Serafico Padre seppe, con insistenza e umiltà, intrattenere un profondo colloquio con Innocenzo III che non era per niente predisposto ad ascoltare la plebe, figuriamoci dei barboni. Forse, Innocenzo III e frate Francesco ebbero lo stesso sogno: quello di far risplendere il volto di Cristo nella Chiesa. Ognuno, però, sognò a modo proprio, con le proprie categorie culturali e religiose. Il primo volle far risplendere la grandezza della Chiesa quasi a mostrare così la potenza del Cristo crocifisso e risorto. Il secondo, invece, desiderando di restare nella Chiesa – che sempre considerò cattolica e, quindi, sua madre –, preferì la via della povertà e del dialogo, della fraternità come luogo in cui il Cristo si lascia vedere e toccare.
Il vero miracolo di questo racconto edificante non è il sogno d’Innocenzo III, né lo sono le sue presunte rivelazioni oniriche, bensì il fatto stesso che un gruppo di barboni fosse riuscito ad avere udienza da un papa potente ed energico, che non aveva certo tempo da perdere viste le preoccupazioni che la Chiesa viva in quel periodo sia ad intra (gli eretici) che ad extra (principi e nobili, re e guerre, eserciti e crociate). Il miracolo ci fu, eccome! Questo sogno si realizzò!
Io credo che in questo preciso momento della Chiesa cattolica, la docilità, l’umiltà e la semplicità del Poverello siano riapparse come qualità proprie di papa Francesco che desidera avere attenzione per i poveri e sogna una Chiesa nuda, spogliata cioè delle sue stesse presunzioni di verità e dedita totalmente al Cristo crocifisso e risorto che è presente nella storia degli ultimi, degli abbandonati, di quanti sono lo scarto dell’umanità e costituiscono il vero rifiuto della società. Oggi non c’è più posto per Innocenzo III, ma solo per un papa che ha l’indole di Francesco! Tuttavia, c’è posto per il sogno d’Innocenzo III così come Giotto l’ha dipinto nella Basilica d’Assisi. Il racconto simbolico di questo sogno sembra una profezia dei tempi moderni, con una Chiesa in difficoltà e un nuovo papa che, per la prima volta nella storia, ha scelto proprio di chiamarsi Francesco.
Il compito che attende papa Francesco è arduo. La Chiesa cattolica è alle prese, forse, con uno dei momenti più difficili della propria storia, spesso attaccata, a volte corrotta; costretta a confrontarsi con i diversi aspetti lanciati dalla sfida della modernità, con la corruzione, il carrierismo. La sua elezione, il suo nome, la semplicità con cui si è presentato ai fedeli, il richiamo alla preghiera e all’essenzialità del messaggio cristiano, a essere misericordiosi e a ripartire dal basso per cercare Dio tra la gente, tra gli umili, sembrano legati a doppio filo con il sogno di Innocenzo III. Forse è solo una suggestione? Tuttavia, è bello pensare che papa Francesco, venuto dalla “fine del mondo” – con la sua semplicità – possa rinnovare la Chiesa di Cristo che, senza l’azione dello Spirito Santo – ossia priva della sua natura spirituale –, resterebbe una Ong. Nell’omelia che papa Francesco ha tenuto per l’inizio del ministero di Sommo Pontefice, ha così affermato: «Non dimentichiamo mai che il vero potere è il servizio e che anche il Papa per esercitare il potere deve entrare sempre più in quel servizio che ha il suo vertice luminoso sulla Croce». Ebbene, questo era il sogno di Francesco che oggi è diventato pure il sogno della Chiesa di Cristo!
1 Trackback / Pingback