Una sfida antropologica, La teoria del genere, Il matrimonio come speranza di vita

T. Anatrella,
La teoria del “gender” e l’origine
dell’omosessualità. Una sfida culturale
, San Paolo, Cinisello Balsamo
(Milano) 2012, pp. 166, euro 14,90.

L’autore di questo saggio, teologo e psicologo,
vive a Parigi e lavora sul campo in ambito socio-familiare e psico-analitico,
ed è consultore del Pontificio Consiglio per la famiglia e del Pontificio
Consiglio per la salute, nonché membro della Commissione internazionale
d’inchiesta su Medjugorje.

Il volume si compone di tre parti: L’ideologia del “gender” (Una sfida antropologica, La teoria del genere, Il matrimonio come speranza di vita),
pp. 11-72; Le diverse forme del fenomeno
dell’omosessualità
(La questione del
linguaggio e della distinzione dei concetti
, Gli aspetti sociali e biologici in questione, Le diverse configurazioni dell’omosessualità, La problematica psichica dell’omosessualità, La problematica sociale dell’omosessualità annulla la riflessione sulle
sue origini
), pp. 73-120; L’ideologia
del genere e la salute riproduttiva. Aspetti dottrinali e pastorali
(La nozione di “gender”, La salute riproduttiva, Gli aspetti pastorali), pp. 133-162.

La teoria del genere sostiene che la persona sia il
risultato dei modelli e dei ruoli sociali in cui è costretta. Tale ideologia
ignora non solo il significato ontologico della persona, ma anche il modo in
cui questa elabora se stessa nel corso del proprio sviluppo. In questo modo si
crea confusione tra l’essere della persona, che è dato, e la sua personalità
psicologica e sociale che, questa sì, è elaborata a partire da differenti tappe
psichiche e da realtà trascendenti, che non dipendono dal soggetto. L’autore
adotta il concetto di elaborazione della personalità e non quello di
costruzione della personalità, e fa notare che la nozione di gender è stata ispirata da medici che
lavoravano su personalità transessuali e travestiti. «Si tratta di soggetti che
vivono una tensione tra la realtà del proprio corpo caratterizzato dal sesso
maschile e femminile e il desiderio di possedere il corpo del sesso opposto. Questo
conflitto intrapsichico è, tra gli altri, legato alla difficoltà vissuta da
alcune personalità a interiorizzare il proprio corpo accettando come dato del
reale. Il corpo fantasmatico prende il sopravvento sul corpo reale con l’idea
delirante che la natura abbia sbagliato il corpo poiché il vero sesso sarebbe
quello che viene percepito e immaginato. In altre parole, il sesso soggettivo
per queste personalità diventa la norma […]. Il termine genere è stato coniato da John Money, uno psicologo americano (1921-2006)
che lavorava in un dipartimento di endocrinologia pediatrica a Baltimora dove
si trattavano i principali casi di intersessualità (transessualismo) del Paese.
Questi affermava che la differenza uomo-donna è dovuta all’educazione più che
alla biologia […]. Money ha creato il concetto di gender role (ruolo di genere) nel 1954, mentre Evelyn Hooker
(1907-1996) è la creatrice del concetto di gender
identity
(identità di genere)» (pp. 32-34).

L’eterosessualità, l’omosessualità e il
transessualismo sono posti dai teorici del genere sullo stesso piano. In nome
del concetto di gender, si separa il
sesso biologico dal sesso psicologico e da quello sociale. Tale idea è stata
ripresa dai movimenti femministi per affermare l’origine puramente culturale
dell’identità sessuale: il maschile e il femminile sono costruzioni sociali. «I
teorici del genere invitano a decostruire tutti i quadri sociali e morali che
obbligano l’uomo a essere uomo o donna per aprirsi a relazioni paritarie
qualunque sia la scelta e l’orientamento sessuale delle persone (tutte le
coppie e tutte le famiglie sono così possibili. In altre parole, l’identità
sessuale del genere è sociale, il sesso biologico è una semplice caratteristica
del corpo, non determinante, e l’orientamento sessuale rappresenta l’identità
che il soggetto attribuisce a se stesso» (p. 35). C’è una grande confusione di
linguaggio che non permette più di considerare in modo pieno l’identità
sessuale di fatto del soggetto. Si crea, nel soggetto, una sorta di scissione
tra identità sessuale e coerenza, lasciando pieno spazio al sentire, al
percepirsi puramente in senso emozionale. Con la teoria del gender si assiste a un cambio di
paradigma: il concetto di orientamento sessuale si sostituisce a quello
d’identità sessuale, presentando l’omosessualità, ad esempio, come
un’alternativa all’eterosessualità, cosa che in realtà non è. Il concetto di gender è stato ripreso dai movimenti di
lesbiche e omosessuali ed è utilizzato quale norma politica e fonte di leggi
civili.

«La teoria
del genere
afferma che non esiste una natura umana poiché l’essere umano
sarebbe unicamente un risultato della cultura. Essa cerca di dimostrare che la
mascolinità e la femminilità non sono che costruzioni sociali, dipendenti dal
contesto culturale di ogni periodo. Questa teoria afferma che, poiché l’uomo
fino a oggi ha dominato e maltrattato la donna, il compito della legge civile
dei Paesi democratici è quello di favorire la presa di potere da parte delle
donne per liberarsi dal potere maschile e porre rimedio a questa oppressione da
parte del maschio. La legge deve altresì colmare i difetti della natura che
pongono la donna in posizione impari rispetto all’uomo» (pp. 36-37). La sfida
radicale del gender consiste nel
negare la differenza sessuale che non è una realtà strutturale, bensì un dato
culturale. L’orientamento sessuale non è inteso dal gender come conflitto, bensì come fattore determinante nella scelta
della propria identità. Così, la teoria del gender
tende a favorire una concezione che separa l’identità (l’essere) dal proprio
corpo (il sé in relazione). È una teoria che ignora il significato del
simbolismo umano della mascolinità e della femminilità a beneficio di una
visione pragmatica e indifferenziata. Si utilizza il linguaggio per descrivere
quello che non esiste nella realtà. È una teoria contraddittoria: perché, da
una parte, si rivendica il diritto alla differenza, ma, dall’altra, si
distruggono le basi della differenza sessuale, presentendo l’omosessualità come
una differenza o un’alternativa all’eterosessualità, cosa che collide con la
realtà. In realtà, la teoria del gender
nega ogni differenza: si sostiene che la differenza sessuale non ha alcuna
importanza nella coppia e nella famiglia, e perfino nell’educazione dei
bambini, mentre invece tale differenza è essenziale. La teoria del gender non è altro che un’ideologia
della frattura contro l’antropologia unitiva. Essa prova a plasmare il mondo
contemporaneo in nome dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Si
tratta, però, di una nozione di uguaglianza molto discutibile, perché si
confonde l’uguaglianza in dignità della persona umana con l’uguaglianza di
tutte le situazioni e di tutte le rivendicazioni in nome dei diritti umani. Si
confonde l’uguaglianza con la somiglianza. Così, persone omosessuali
rivendicano il matrimonio e l’adozione dei bambini nonostante questo
orientamento sessuale non sia una caratteristica ontologica della persona.

Le critiche alla teoria del gender, in ambito cristiano, sono tante e si possono così raccogliere:
affermando che l’uomo e la donna non sono altro che prodotti della società,
questa teoria nega la dimensione personale del singolo, nonché la sua
particolare vocazione; la differenza sessuale è costitutiva della persona e la
definisce in modo essenziale e non secondario (ciò è un dato antropologico
fondante il nostro essere persona e non un valore semplicemente religioso o un
dogma); l’alterità sessuale è indispensabile per generare la vita e creare
futuro e, quindi, fare un’esperienza autentica di relazione e di comunione; è
necessario riscoprire l’interiorizzazione del proprio corpo, processo che la
teoria del gender non prende in
considerazione; la coniugalità, nel senso dell’unione dei due sessi, e la
genitorialità, nel senso della formazione di una coppia che ha generato dei
figli, sono caratteristiche intrinseche a ciascun sesso, anche se l’influenza
della mentalità contraccettiva e abortiva tenta di negare questa constatazione
(l’uomo rivela, quindi, la femminilità della donna e la donna la virilità
dell’uomo); laddove la teoria del gender
genera conflitto e rivalità tra uomini e donne, la visione personalista, e
quindi la relazione d’interdipendenza che vi è tra di loro, li pone
nell’alterità, nella pari dignità e nella complementarietà del loro essere e
dei compiti da svolgere.

La seconda parte del saggio, dedicata al fenomeno
dell’omosessualità, sottolinea che l’origine di questo fenomeno è da ricercare
soprattutto nella modalità in cui il soggetto organizza le proprie
rappresentazioni sessuali secondo le differenti fasi dello sviluppo della
propria vita psichica, piuttosto che in un determinismo genetico o biologico.
Le diverse forme dell’omosessualità sono la conseguenza di pulsioni parziali o
di identificazioni primarie non rielaborate a cui sono legate. «Se vi sono
ricerche che non escludono la possibilità di identificare effetti genetici in
altri punti del genoma umano, questo non cambia granché dei problemi posti dal
fenomeno che si definisce omosessualità,
che alcuni vorrebbero provare e giustificare quale realtà naturale e, quindi,
normale. La questione è sapere se sia lecito ridefinire la coppia, il
matrimonio e la filiazione a partire dall’omoerotismo
e istituzionalizzare l’omosessualità» (p. 117). Oggi si tende a rendere
ontologico il termine orientamento sessuale laddove, non tanto tempo fa, si
parlava semplicemente di desiderio. L’identità del soggetto è costante
soprattutto quando vi è una coerenza con i propri desideri (il suo orientamento
sessuale). Al contrario, il desiderio (definito orientamento sessuale) può
essere mobile e instabile, mentre nel migliore dei casi è regolato dal
principio freudiano di costanza. Tuttavia, un orientamento e un desiderio non
costituiscono un’identità. L’autore ribadisce chiaramente che l’identità sessuale
è un dato che l’uomo e la donna ricevono, accettano e integrano, mentre
l’orientamento (o il desiderio) è il risultato di un’elaborazione delle
pulsioni sessuali. Un buon lavoro psichico su se stessi permette di vivere una
profonda trasformazione del proprio orientamento sessuale. L’omosessualità non
può essere ritenuta un modello da imitare: non si possono educare i giovani a
questo tipo d’identità (deviazione). Non è un modello trasmissibile allo stesso
modo in cui gli educatori aiutano i giovani a svilupparsi per raggiungere una
maturità affettiva e sessuale in coerenza con il dato della loro identità, per
poter progettare la formazione di una coppia e di una famiglia attraverso
l’impegno del matrimonio.

I risultati della ricerca sul gender, nella terza parte, si possono così sintetizzare: la
relazione tra uomo e donna non può essere fondata su un conflitto di potere
bensì sull’uguaglianza, sull’interdipendenza e sulla loro complementarietà; per
meglio evidenziare l’autonomia della donna, i teorici del gender hanno voluto liberarla dalla sua vocazione di sposa e di
madre, neutralizzando la maternità grazie alla contraccezione e all’aborto; la
nozione di salute riproduttiva ha mascherato le derive della sessualità umana,
la precarietà familiare in seguito ai divorzi e il martellamento degli
organismi Onu e delle Ong nel comunicare ai giovani la sessualità in termini di
contraccezione, aborto e lassismo nelle pratiche; eslcudendo la procreazione
dalla sessualità, la società educa i giovani alla mancanza di responsabilità
delle proprie azioni e nel proprio comportamento sessuale; senza una vera presa
di coscienza della relazione di coppia, la situazione si altera al punto di
regolare le difficoltà psichiche della coppia con la separazione e la rottura
tramite il divorzio; il concetto di salute riproduttiva necessita di un’analisi
critica e di una discussione in merito a quelle che sono le sue implicazioni, è
per questo motivo che occorre parlare di “salute della famiglia”, così come c’è
uno “stato di famiglia” che include il padre, la madre e i bambini; la famiglia
è un bene comune dell’umanità che poggia sull’unione matrimoniale di un uomo e
di una donna, dato che sono i soli a essere nella logica dell’alterità e,
quindi, dell’amore e della coppia generazionale (cf. pp. 160-162).

[Boutros
Naaman
]

 

1 Trackback / Pingback

  1. shannon

Lascia un commento