Il Centro Studi Francescani per il dialogo interreligioso e le culture ha ripreso le sue attività culturali in presenza con gli incontri di “Libriamo-amo” che si tengono di venerdì alle ore 19,30. Nel primo incontro (6 maggio) è stato presentato il saggio del prof. don Edoardo Scognamiglio (direttore del Centro studi) ‘Il sogno della fraternità universale. Una lettura biblica, storico-critica e teologico-spirituale (Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2001, pp. 151). L’incontro è stato introdotto dai proff. Clemente Sparaco e Francesco Angioni. Il sogno della fraternità universale costituisce un prezioso e stimolante contributo al dibattito suscitato dall’enciclica di Papa Francesco Fratelli tutti sull’amicizia sociale. Il breve saggio è il frutto di un lungo percorso di ricerca di fraternità, di dialogo, d’incontro, di accoglienza e di confronto nella quotidianità a più livelli (personale e spirituale, comunitario e sociale, ecclesiale, accademico, culturale, ecumenico, intrareligioso e interreligioso. Il fil rouge che attraversa questo libro è il desiderio che tutti noi ci portiamo dentro di fraternità e di famiglia nonostante la crisi di dialogo, di amicizia e di comunione che molte volte sperimentiamo nell’esistenza feriale così come nella vita pastorale e nel cammino di evangelizzazione delle nostre Chiese e Comunità cristiane e anche nel dialogo interreligioso e con i non credenti. Il saggio nasce da una realtà esperienziale, che persegue il sogno diurno della fraternità senza lasciarsi condizionare dalle disillusioni del presente, poiché nonostante tutto “c’è sempre in noi – sottolinea il teologo – un desiderio di fraternità, di amicizia e di comunità”[1]. E’ un volume, costituito da due capitoli ben articolati, indirizzato non solo a coloro che vivono l’ecclesialità, ma anche a tutti i cercatori della Verità che sentono l’esigenza di confrontarsi su un tema fortemente attuale, di cui si avverte l’urgenza non solo nell’ambito religioso ma anche in quello sociale e politico. La fraternità per l’Autore è anche un valore umano, universale, poiché “non si può esistere soltanto per se stessi, riducendosi a restare chiusi nel proprio guscio, nella tana dell’io, come individui separati dal mondo, senza mai diventare persone in relazione. Esistiamo solo insieme ad altri: gli individui possono fare la somma, ma sono le persone che creano fraternità”[2]. La fiducia reciproca, la capacità di donare se stessi agli altri, il percorso del decentramento dell’io, rendono possibile la costruzione della fraternità, passando anche per il perdono e la riconciliazione, poiché sono inevitabili i fallimenti, le chiusure, le delusioni, la rottura delle relazioni. La fraternità è un sogno diurno, un’utopia concreta, un bene prezioso per tutta l’umanità: “La fraternità è qualcosa in divenire e rientra nella speranza, in quell’apertura incessante verso le possibilità che maturano nel ‘non-ancora-divenuto’ latente nei processi storici”[3].
Il sogno della fraternità. Decostruzione di un mito o profezia autentica? è il tema che il teologo Scognamiglio sviluppa nel primo capitolo, confrontandosi con il pensiero di coloro che ritengono la fraternità solo un sogno notturno, una chimera, un’evasione dai drammi del presente e l’amore cristiano – dopo due guerre mondiali e la Shoah – socialmente inattuabile. Nonostante le disillusioni e il pessimismo imperante, la consapevolezza della fragilità che ci accomuna (la precedenza), rimarca don Scognamiglio , non si può fare a meno della ricerca della fraternità, perché è il “grembo che ci tiene in gestazione e dal quale si fuoriesce per tessere, non senza nostalgia e desiderio di ritorno, nuovi legami di fraternità”[4]. La fraternità universale “non vive di facili irenismi o di ingenui propositi, ma deve essere costruita e non solo auspicata o riconosciuta, perché ha bisogno di realizzarsi attraverso una compagine sociale che tiene conto delle condotte individuali e di quelle collettive”[5]. La felicità della vita passa per il dialogo e l’amicizia fraterna, che comporta anche il perdono dell’imperdonabile, che non è rimozione del male ma autentico dono, “gesto estremo di gratuità, di altruismo, di amore liberante – un atto non richiesto e nemmeno dovuto – che si sottrae per sua natura alla logica dello scambio, del do ut des, della richiesta e auspicata reciprocità”[6]. Il sogno della fraternità universale, evidenzia l’Autore, è stato affermato ufficialmente dalla Chiesa con il Concilio ecumenico Vaticano II (Dichiarazione Nostra Aetate n. 5) dando ad esso uno statuto teologico, di cui il frutto più maturo è lo Spirito di Assisi di Giovanni Paolo II. Per Papa Francesco la fraternità “è riconosciuta come ‘anelito insopprimibile’, che ‘sospinge verso la comunione con gli altri, nei quali troviamo non nemici o concorrenti, ma fratelli da accogliere ed abbracciare’, e quale ‘dimensione essenziale dell’uomo’ che è ‘un essere relazionale’”[7]. La prospettiva della fraternità comporta il rinnovamento sia dell’evangelizzazione che della teologia, particolarmente dell’ecclesiologia, affermando la necessità dello stile sinodale, articolando l’unità con la pluralità. La diversità va accolta – sottolinea don Scognamiglio -come una risorsa, perché si è custodi dell’altro, facendo i conti con le inevitabili rivalità e i conflitti che richiedono dialogo e accoglienza reciproca, passando “per la via del perdono e della riconciliazione tra di noi e in tutte le nostre relazioni fraterne, anche in quelle più malate”[8]. La fraternità nasce dalla responsabilità personale nel rapporto con l’altro; richiede un impegno costante, riconoscendo la dignità e la libertà di tutti, prendendosi cura dell’altro, senza alcuna distinzione, amandolo come un fratello, come ha fatto Gesù, il fratello universale di tutti.
Nel secondo capitolo il teologo Edoardo Scognamiglio si sofferma sulle radici della fraternità evangelica. La fraternità in senso cristologico affonda le sue radici nella storia della salvezza iniziata con l’alleanza di Abramo; comporta la prossimità, per mezzo di Cristo, con il Padre e fonda una nuova famiglia che supera i legami parentali e si allarga a dimensioni cosmiche, accogliendo particolarmente tutti coloro che sono fragili, vivendo la misericordia e la riconciliazione: “I discepoli di Gesù sono tutti fratelli e si ritrovano accomunati non da un legame di sangue bensì di fede nel Cristo, crocifisso e risorto, unico Maestro, che garantisce la sua presenza nella comunità fino alla fine dei tempi”[9]. Nel Primo Testamento i rapporti fraterni – commenta l’Autore – implicano la solidarietà, la vicinanza a coloro che sono in difficoltà, il superamento delle divisioni e dei conflitti, poiché la “fraternità non si stabilisce con una legge, ma viene da un’esperienza personale di solidarietà e di responsabilità. La fraternità è un valore intrinseco alla convivenza e alla comunità, e la fonte della fraternità è dentro ciascuno di noi e nessuno può imporla dall’esterno”[10]. Nei Vangeli e negli altri scritti del Nuovo Testamento il termine fratello ha un significato teologico, in quanto scaturisce dalla paternità di Dio e comporta il superamento di atteggiamenti altezzosi e di potere, seguendo, la logica dell’umiltà, in comunione con Cristo. Nella Chiesa, nelle comunità cristiane, l’unico potere da esercitare è quello dell’amore che si fa servizio e misericordia, “dono della vita per il bene degli altri e come prossimità agli ultimi”[11]. La fraternità pasquale ha una dimensione eucaristica poiché si ricollega al memoriale della nuova alleanza, l’autodonazione del Cristo per tutta l’umanità; “trae origine dall’agire della grazia e dell’amore dello Spirito di Dio, che è altro rispetto a un agire e a un comprendere puramente umani, secondo lo spirito di un mondo in antitesi a Dio e all’ordinamento da Dio stesso stabilito”[12]. Nella comunità sub-apostolica il termine ‘fratello’ ha una valenza battesimale e universalistica, che supera le barriere di razza, di età, di sesso, di condizione sociale. Nel secoli successivi il termine fraternità sarà sempre meno frequente, mentre sarà ricorrente nell’ambito della vita monastica[13]. Il tema della fraternità viene messo in risalto da San Francesco d’Assisi, che si reputa un fratello tra i fratelli che sono per lui un dono del Signore. La fraternità, anche per il Poverello di Assisi – commenta l’Autore -, non è perfetta e richiede la “capacità di guardare al bene del fratello e di non lasciarsi turbare dal male”[14]. La magna charta per la vita di fraternità sono le Admonitiones di San Francesco, in cui si fa riferimento all’umiltà, al perdono, all’accoglienza anche del nemico, alla pazienza, alla mitezza, alla conformità alla Passione di Cristo. La fraternità assume, inoltre, dimensioni cosmiche perché si apre alla comunione con tutto il creato. Un altro Francesco, quello di Roma, ha ripreso il messaggio dell’Assisiate con l’enciclica Fratelli tutti, tematizzando la fraternità soprattutto in senso socio-economico e politico, ispirata dal suo viaggio in Egitto sulle orme del Poverello di Assisi che fece visita ottocento anni fa al sultano d’Egitto Mailk-al-Kamil. Papa Francesco propone la fraternità universale e l’amicizia sociale – sottolinea il teologo Scognamiglio – come sintesi tra globalizzazione e localizzazione[15] e la sua prospettiva “è, allo stesso tempo, teologica e antropologica, ossia evangelica, capace di guardare al vissuto di fede di ogni esperienza religiosa che riconosce in ogni persona umana una creatura chiamata ad essere figlio o figlia di Dio (cfr. n. 271)”[16]. Poiché Dio è padre di tutti la fraternità si arricchisce con il dialogo fra le religioni. Il fondamento teologico è irrinunciabile per Papa Francesco, poiché “la fraternità è il luogo dove è riconosciuta la trascendente dignità della persona umana che è immagine visibile del Dio invisibile, e quindi soggetto di diritti che nessuno può violare”[17]. L’enciclica si ispira anche al Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune (Abu Dabhi, 4 febbraio 2019), in base al quale tra i credenti delle varie religioni è possibile un cammino di pace, di fratellanza, di conoscenza reciproca, di collaborazione, sconfessando le deviazioni che portano alla violenza[18]. La fratellanza universale comporta che “non bisogna perdere la propria caratteristica umana, bensì assumere in misura compassionevole più che semplicemente empatica, quella dell’altro (cfr. n. 287)”[19], chiarisce E. Scognamiglio rifacendosi alla Fratelli tutti.
Il saggio dell’Autore si conclude riaffermando il leitmotiv della sua riflessione, Ti amo fratello, chiunque tu sia, rimarcando che la fraternità passa per la concretezza della quotidianità, perché “lì dove il nostro umano si apre all’incontro, al dialogo, all’accoglienza e alla reciprocità, lì l’amore che abbiamo dentro può manifestarsi in pienezza come dono di sé, ossia come pienezza d’essere, pienezza di vita, pienezza di gioia”[20]. Il saggio di don Edoardo Scognamiglio viene offerto a tutti noi, non solo perché arricchisca la nostra riflessione teologica e spirituale, ma soprattutto perché si traduca nello stile di vita feriale dell’amore senza frontiere, per contribuire alla nascita dell’umanità riconciliata e fraterna.
di Lucia Antinucci
[1] SCOGNAMIGLIO, Il sogno della fraternità universale, 11.
[2] Ivi 5.
[3] Ivi 10.
[4] Ivi 21.
[5] Ivi 31.
[6] Ivi 29.
[7] Ivi 36.
[8] Ivi 43.
[9] Ivi 64.
[10] Ivi 78.
[11] Ivi 97.
[12] Ivi 109.
[13] Cf. ivi 109-116.
[14] Ivi 118.
[15] Cf. ivi 124 s.
[16] Ivi 127.
[17] Ivi.
[18] Cf. ivi 129.
[19] Ivi 130.
[20] Ivi 143.
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