14 giugno 2020. L’arcivescovo di Firenze, il card. Giuseppe Betori, ha inviato un messaggio per la preghiera delle religioni per gli ammalati di Coronavirus che si è svolta nel complesso monumentale di Santa Croce, alla quale il porporato non ha potuto partecipare per “impegni pastorali stabiliti in precedenza”. Nel messaggio l’arcivescovo ha scritto: “Nella luce e nella testimonianza di grandi uomini come Abramo, Francesco d’Assisi e tanti altri, noi riconosciamo il primato della fraternità: un orizzonte, direbbe La Pira, che la storia stessa indica con sempre maggiore chiarezza come inevitabile per il futuro dell’umanità”. Egli ha definito l’appuntamento di preghiera “significativo e opportuno”; infatti “la nostra città coltiva da sempre il genio della fraternità, iscritto nella bellezza stessa delle opere artistiche che custodisce e che ne fanno una meta attrattiva per persone che vi arrivano da ogni parte del mondo – ha sottolineato l’arcivescovo –. Un genio che si è rivelato anche nelle commoventi pagine di amicizia e di carità che ne hanno segnato la storia”. Dopo aver ricordato l’alluvione del 1966, che colpì proprio Santa Croce, cui seguì una grande solidarietà, il cardinale ha evidenziato che “siete qui per rinnovare, in un certo senso, quello spirito di fraternità, di fronte a un’emergenza diversa, ma non meno profonda e simbolica nel suo aver interrotto le nostre relazioni e averci costretto a quel distanziamento che potrebbe fiaccare il nostro cammino di fraternità”. Infine, il ricordo del cardinale Betori per le “moltissime persone che stanno subendo gravissime conseguenze economiche e sociali con la perdita del lavoro, la povertà e l’abbandono: vittime non meno sofferenti delle persone che sono state direttamente contagiate dal virus”. Hanno inviato il loro messaggio per l’evento molto significativo il cardinale Miguel Angel Ayuso Guixot, presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, e il principe di Giordania El Hassan Bin Talal, presidente del Royal Institute for Inter-Faith Studies di Amman, impegnato nel dialogo interreligioso. “Pregare così, raccolti in questo luogo colmo di bellezza e di storia, è un gesto forte”, ha scritto il card. Ayuso Guixot, che ha aggiunto: “Riconoscere l’altro, fratello o sorella, allorché si rivolge all’Altissimo, ascoltarlo, apprezzarlo, è segno di comunanza e condivisione”. All’incontro di preghiera interreligiosa hanno partecipato il rabbino capo della Comunità ebraica, Gad Fernando Piperno, l’imam Izzedin Elzir, la pastora della Chiesa valdese, Letizia Tomassone, e il decano delle Comunità ortodosse di Toscana, Ioan Trandafir, con padre Paolo Bocci, rettore della basilica, e don Alessandro Andreini, vicepresidente dell’Opera di Santa Croce. Con la presidente dell’Opera di Santa Croce, Irene Sanesi, sono intervenuti l’assessore del Comune di Firenze, Alessandro Martini, e la viceprefetto, Lucia Pirrone. Le invocazioni per i sofferenti e i malati nel tempo della pandemia sono state espresse dalla Comunità dei Frati minori conventuali assieme all’Opera di Santa Croce, assieme ai rappresentanti di confessioni religiose e chiese che condividono la comune appartenenza alla famiglia di Abramo, mettendosi in ascolto l’uno dell’altro, uniti dalla volontà di stare accanto a chi in questo momento soffre. Don Alessandro Andreini ha sottolineato: “Prosegue il nostro impegno per la fraternità, continuare a camminare insieme in questo momento è una necessità”. La pastora Letizia Tomassone ha indirizzato la preghiera “per chi ci governa, per la giustizia sociale e la ricerca di un vaccino universale”; Rav Piperno ha insistito sulla necessità “di affermare il principio di carità a voce alta”; l’imam Elzir “ha sottolineato che la carità ci ha visto tutti quanti uniti”. Padre Paolo Bocci ha ripreso un salmo della Passione che san Francesco ha scritto nel 1220, dove Gesù “si fa voce di ogni uomo che soffre e il suo grido è sempre attuale”.
21 giugno 2020. In videoconferenza alle ore 21 si è tenuto l’ incontro del gruppo ‘Spirito di Assisi’ sul tema ‘Pluralismo e identità religiosa: la via del dialogo fraterno’. Vi hanno partecipato: per la fede Baha’i Maria Augusta Favali del Centro Baha’i nazionale e vicepresidente di Religion for Peace, Angela Furcas e Silvio Cossa, Bezhad Mirzaagha e Caterina Cirma, per l’Islam Maryam Rosanna Sirignano, per il buddhismo tibetano Luigi Vitiello (Comunità Dzogcen Namdeling) ed Amedeo Imbimbo (Comunità Sangha Rimé), Maurizio di Veroli per l’ebraismo, ideatore e coordinatore del gruppo ‘Progetto Davka’. Don Edoardo Scognamiglio, teologo e direttore del Centro studi francescani per il dialogo interreligioso, di cui fa parte il gruppo interreligioso ‘Spirito di Assisi’, ha avuto un contrattempo che gli ha impedito di poter partecipare all’incontro. Lucia Antinucci ha introdotto il confronto interreligioso sottolineando che il dialogo, la fraternità interreligiosa si può realizzare nella misura in cui si riesce a coniugare la specifica identità religiosa di appartenenza con il contesto religioso pluralistico, che non va negato, non va ignorato. Bisogna operare un confronto critico, saggio, con tale realtà, senza cercare la scappatoia del relativismo, secondo cui una religione vale l’altra o del sincretismo, con la creazione di una superreligione assumendo elementi delle varie tradizioni religiose. Ciascuna specifica religione, invece, è un arricchimento per le altre. Maria Augusta Favali ha messo in risalto che, per approfondire la propria religione, occorre relazionarsi agli altri con spirito fraterno, ascoltandoli senza pregiudizi, anche se non sempre è facile. Bisogna accogliere la bellezza, i valori delle varie religioni. Citando Baha’Ullah ha sottolineato che non è sufficiente ascoltare gli altri, ma occorre associarsi agli altri, cioè firmare con loro moralmente un patto di azione comune. Angela Furcas ha letto un testo di Baha’Ullah. Silvio Cossa ha evidenziato che l’identità implica la percezione di sé e la percezione degli altri. L’identità spirituale accomuna le varie religioni, nonostante la diversità dei vari credo, senza uniformità, ma coniugando l’unità nella diversità. L’unità trova giovamento dalla molteplicità, come una giardino meraviglioso dalla diversità dei colori e dei profumi dei vari fiori. Bezhad Mirzaagha, di origine iraniana, anche se da vari anni residente a Maddaloni (Caserta), ha parlato della situazione nella sua terra d’origine, segnata dalla persecuzione nei confronti di coloro che vengono considerati eretici dalla religione ufficiale. Nonostante tutto i Baha’i in Iran hanno affrontato e affrontano le sofferenze con pazienza e fermezza. Egli ha concluso dicendo che siamo tutti “fiori di uno stesso giardino e onde dello stesso mare”. Caterina Cirma ha letto una preghiera Baha’i. Maryam Rosanna Sirignano, dottoressa in studi islamici, ha modificato il suo intervento in seguito alla testimonianza di Bezahad Mirzagha. Ella ha messo in risalto che la situazione delle minoranze religiose in Iran non è rappresentativa dell’Islam in genere. In Iran, il forte senso identitario porta alla repressione nei confronti di coloro che sono considerati eretici, ma si tratta di politica che strumentalizza la religione. M. R. Sirignano, pur essendo una studiosa, è anche una credente legata alla sua appartenenza religiosa. Citando un antropologo ella ha evidenziato che l’identità ci imprigiona in una serie di caratteristiche che, se diventano fortemente rigide, risultano molto pericolose. Non si può essere musulmani in un solo modo; l’identità, invece, dipende da come ci vediamo e da come ci vedono gli altri. Occorre rinunciare a qualcosa della propria identità per poter realizzare il dialogo. Luigi Vitiello è partito, nella sua riflessione, da un discorso antropologico. Tutte le religioni concordano sull’amore universale. Il nostro io deve tollerare anche le altre identità religiose. I leader religiosi impegnati nel dialogo spesso vengono contestati dai fondamentalisti. Occorre, invece, essere consapevoli della propria natura superando il condizionamento dell’ego. La misericordia e la compassione consentono di conoscerci e confrontarci. Amedeo Imbimbo ha sottolineato che il termine tibetano rimé, sorto nel XIX secolo, significa apertura, e dà più importanza all’esperienza che alla dottrina. Occorre conoscere la natura fondamentale presente in tutte le religioni, adattandosi alle varie tipologie, perché ci sono tante religioni quanti sono gli individui. Non bisogna avere attaccamento alla religione, essa va intesa come uso e non come fine. Tutte le religioni convergono sull’etica, sull’azione.
C’è stato poi uno scambio di idee tra i vari rappresentanti religiosi, in attesa dell’arrivo di Maurizio di Veroli incappato in una disavventura che, nonostante ciò, ha desiderato offrire il suo contributo al confronto interreligioso. Lucia Antinucci ha citato Papa Francesco riguardo al dialogo interreligioso e ha richiamato il messaggio di Francesco d’Assisi, uomo del dialogo universale. Bezhad Mirzaagha ha detto che nonostante le persecuzioni i Baha’i in Iran hanno sempre rispettato le leggi dello Stato. Maria Augusta Favali ha citato un rabbino che, dopo la distruzione del secondo Tempio, ha affermato che per essere uniti non basta rispettare il Nome di Dio ma occorre guardare ogni persona come riflesso dell’Altissimo, come essere spirituale. L’azione comune, senza pregiudizi, porta alla pace. Maurizio Di Veroli ha comunicato che per gli ebrei è iniziato il nuovo mese, Rosh Chodesh Tamuz; ciò costituisce un motivo di gioia, per cui si cantano i Salmi Hallel e si legge il racconto biblico in cui si narra della fratellanza tra Davide e Gionata. Per l’occasione dell’incontro interreligioso Maurizio di Veroli ha eseguito un canto ispirato al Salmo 133 sulla fratellanza (“Ecco, com’è bello e com’è dolce che i fratelli vivano assieme!”) in due versioni; una più lenta ed un’altra più ritmata. Dall’incontro fraterno di condivisione spirituale interreligiosa è emerso che le diversità arricchiscono le specifiche identità religiose. L’unità è possibile, perché si condivide la natura umana, la dimensione spirituale e l’azione comune per la misericordia, la compassione, la pace e la giustizia.
23 giugno 2020. Riyadh (AsiaNews/Agenzie) – Per scongiurare nuovi focolai di Covid-19 in seguito all’importazione di casi dall’esterno, l’Arabia Saudita ha deciso di effettuare un Hajj “molto limitato”. Quest’anno il pellegrinaggio maggiore alla Mecca, che ogni musulmano devoto deve compiere almeno una volta nella vita, si è svolto senza la presenza di fedeli da altre nazioni e solo con un numero limitato di cittadini sauditi e persone con permesso di soggiorno nel regno. Il rituale è stato libero per i cittadini di diverse nazionalità già presenti in Arabia Saudita. Nel marzo scorso, durante le prime fasi della pandemia, Riyadh aveva chiesto di sospendere l’organizzazione dei viaggi nei luoghi sacri, riservandosi di cancellare l’evento o mantenerlo – come avvenuto – in tono minore dando il via libera “a un numero simbolico” di fedeli.
4 luglio 2020. Don Petko Valov, sacerdote cattolico e membro del Consiglio nazionale delle comunità religiose in Bulgaria, all’indomani della visita a Sofia del card. Miguel Angel Ayuso Guixot, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso dal 27 giugno al 1° luglio, ha evidenziato che “la visita a Sofia del cardinale Ayuso ha dato un ulteriore impulso al dialogo interreligioso in Bulgaria, Paese balcanico dove si incrociano da secoli diverse religioni che vivono in pace e tolleranza”. Valov ha rilevato “che il cardinale Ayuso è rimasto colpito positivamente dal clima di amicizia e collaborazione instaurato tra le diverse confessioni religiose in Bulgaria, membri del Consiglio nazionale, e li ha incoraggiati vivamente a proseguire sul cammino del dialogo promuovendo i comuni valori che derivano dalla fede in un unico Dio”. Don Valov ha anche evidenziato che “Soprattutto nei tempi della pandemia del Covid-19 si corre il rischio che le comunità religiose si chiudano nel proprio cerchio aiutando solo i cattolici, solo gli ortodossi, e invece non dobbiamo mettere confini alla solidarietà”. Secondo il presbitero cattolico, “il punto forte del programma del cardinale è stato l’incontro con il gran muftì della Bulgaria Mustafa Hadzi con il quale il cardinale Giuxot ha dialogato sull’educazione dei giovani, sulla situazione dei musulmani in Bulgaria – la seconda confessione religiosa per numero di fedeli nel Paese -, sul ‘Documento sulla fratellanza umana’ firmato ad Abu Dhabi da Papa Francesco e dal Grande Imam di Al-Azhar (4 febbraio 2019).
di Lucia Antinucci
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