2 maggio 2020. L’alto Comitato per la fratellanza umana ha proposto una giornata di digiuno e preghiera interreligiosa per implorare la fine della pandemia: “Il nostro mondo – si legge nel comunicato- affronta oggi un grave pericolo che minaccia la vita di milioni di persone in tutto il pianeta, ossia la rapida diffusione del coronavirus (covid19). Mentre confermiamo l’importanza del ruolo dei medici e quello della ricerca scientifica nell’affrontare questa epidemia, non dimentichiamo di rivolgerci a Dio Creatore in tale grave crisi. Noi, quindi, invitiamo tutte le persone, in tutto il mondo, a rivolgersi a Dio pregando, supplicando e facendo digiuno, ogni persona, in ogni parte del mondo, a seconda della sua religione, fede o dottrina, perché Egli elimini questa epidemia, ci salvi da questa afflizione, aiuti gli scienziati a trovare una medicina che la sconfigga, e perché Egli liberi il mondo dalle conseguenze sanitarie, economiche e umanitarie della diffusione di tale grave contagio. L’Alto Comitato propone, in conformità agli obiettivi del Documento sulla Fratellanza Umana, di fissare per giovedì 14 maggio una giornata di preghiera, di digiuno e di invocazione per l’umanità e invita tutti i leader religiosi e le persone nel mondo intero a rispondere a questo invito umanitario e a rivolgersi a Dio ad una sola voce, perché preservi l’umanità, la aiuti a superare la pandemia, le restituisca la sicurezza, la stabilità, la salute e la prosperità, e renda il nostro mondo, eliminata questa pandemia, più umano e più fraterno”. Fra le diverse personalità che si sono associate a questa iniziativa c’è stato il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, secondo il quale si tratta di un segno molto importante mandato al mondo intero e anche a quei Paesi che rimangono divisi in questo periodo. La comunità internazionale ha evidenziato che come esseri umani siamo tutti un’ unica famiglia, siamo tutti sulla stessa barca ed è bene che ci sia un momento di preghiera e solidarietà per invocare la fine di questa pandemia.
3 maggio 2020. Il presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, cardinale Miguel Angel Ayuso Guixot, durante un’intervista ha commentato la volontà del Papa di accogliere la proposta dell’Alto Comitato per la Fratellanza Umana di una Giornata di preghiera, digiuno e di invocazione per l’umanità: la pandemia è una opportunità di radicare nel nostro futuro il valore della fraternità e della coesistenza comune. Non solo le Nazioni Unite, ma anche molti leader religiosi, gruppi e responsabili della vita sociale e politica, sono coinvolti in “un momento di preghiera e solidarietà”. Egli ha evidenziato “che tutte le religioni attribuiscono un ampio spazio all’interiorità e, di conseguenza, all’interiorizzazione, alla quale, volenti o nolenti, siamo costretti. Con sfumature e pratiche sensibilmente diverse tra loro, la preghiera e l’orazione, ci dispongono in ogni caso a un atto d’amore aperto al bene dell’altro e all’accettazione. E non è poco! Digiuno e opere di carità sono sia atti individuali sia comunitari, che esigono una vera responsabilizzazione e consapevolezza dell’azione da intraprendere. E questo mi sembra sia un punto importante per il ‘dopo-Covidì”. Dall’inizio della pandemia non sono mancate iniziative interreligiose, ma anche iniziative silenziose, come prendersi cura e prestare soccorso a coloro che sono nel bisogno senza distinzione religiosa, condividere dei saperi, ma ora “ siamo davanti – ha continuato il card. Giuxot – a un’opportunità unica – come dice il titolo stesso del documento sulla Fraternità umana – alla quale il Santo Padre ha voluto aderire senza riserve per il 14 maggio e cioè quello di radicare nelle nostre rispettive tradizioni religiose più care il nome che vogliamo dare al nostro futuro! E penso che il nostro futuro sarà un futuro di Fraternità, di Pace e di Coesistenza comune”.
7 maggio2020. Vesak, festa buddhista, compleanno del Buddha, una delle feste religiose più importanti del calendario buddista. Si celebra, simbolicamente, la nascita, l’illuminazione (il raggiungimento del nirvana) e la morte del Gautama Buddha storico. Questi tre eventi vengono fatti coincidere e non si tratta di una ricorrenza storica, bensì simbolica. Le sue date variano nei calendari buddhisti in uso nei paesi del Sud Est Asiatico. Non si tratta di una festività antica, in quanto formalizzata da una Conferenza Buddhista Mondiale tenutasi nel 1950 in Sri Lanka. Nella pratica, la festa assume il carattere di omaggio al Buddha storico ed è un’occasione per ricordarne i precetti, la vita e il suo insegnamento nel mondo.
Messaggio di Sua Santità il Dalai Lama per la festa del Vesak: “Mentre come buddisti siamo noi che sosteniamo l’insegnamento del Buddha, il suo messaggio è rilevante nella nostra più ampia interazione con il resto dell’umanità. Dobbiamo promuovere la comprensione interreligiosa sottolineando il fatto che tutte le religioni promuovono la felicità di tutte le persone. Inoltre, in un momento in cui il mondo si trova di fronte a gravi crisi, in cui ci troviamo di fronte a minacce per la nostra salute e ci sentiamo rattristati per la famiglia e gli amici che abbiamo perso, dobbiamo concentrarci su ciò che ci unisce come membri di un’unica famiglia umana. Di conseguenza, dobbiamo tendere la mano l’uno verso l’altro con compassione, perché è solo unendoci in uno sforzo coordinato e globale che affronteremo le sfide senza precedenti che ci attendono”.
7 maggio 2020. Il documento dell’ Ufficio nazionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso (UNEDI) ‘La questione aperta delle sepolture musulmane in Italia: suggerimenti pastorali in tempo di covid 19’, ha lo scopo di rafforzare il dialogo tra cristiani e musulmani in Italia, nella condivisione del dolore e delle sofferenze causate dalla pandemia, poiché le “situazioni spesso drammatiche – si legge nel testo – e di solitudine che il virus produce possono essere vissute come kairós, fondando, così, non solo tutele di beni primari ma, anche, radicali manifestazioni di solidarietà che assumono il valore e il significato di una profezia civile e religiosa”. Il testo è stato redatto dal gruppo di referenti regionali per il dialogo islamo-cristiano che è stato istituito dall’UNEDI, proprio per proseguire il cammino per una sempre migliore conoscenza del mondo islamico, come passaggio fondamentale verso il superamento di pregiudizi e l’identificazione dei valori comuni secondo il documento di Abu Dhabi, sottoscritto da Papa Francesco e dal grande imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyeb, il 4 febbraio 2019. Il testo dell’organismo della CEI – ha sottolineato Riccardo Burigana in un suo articolo – vuole offrire dei ‘suggerimenti pastorali’, rivolti in particolare agli uffici diocesani per il dialogo ecumenico e interreligioso, in modo che tali strutture possano aiutare tutti coloro che sono direttamente coinvolti nel campo caritativo in questi tempi drammatici, nella continua scoperta della centralità della dimensione del dialogo nella pastorale quotidiana. Il testo vuole anche “farsi voce solidale dell’angosciata preoccupazione di tanti fedeli musulmani di fronte all’impossibilità di accompagnare i propri cari nel momento della loro dipartita terrena”. Il documento si articola in due parti: la prima è dedicata alla fase emergenziale in modo da favorire la conoscenza dei bisogni spirituali e materiali dei fedeli musulmani di fronte alla pandemia, in particolare le norme che riguardano la sepoltura, tanto da indicare la possibilità di creare “un canale per ascoltare, raccogliere, coordinare, creare un senso di comunità e facilitare la circolazione di bisogni e possibilità”. La seconda parte è stata pensata per il post-emergenza con l’idea di raccogliere le esperienze di queste settimane di dialogo, di condivisione, di preghiera di fronte alla sofferenza e alla morte, in modo da favorire una riflessione su come cristiani e musulmani possono far crescere la libertà religiosa in Italia. Anche per questo l’Ufficio nazionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso ha voluto aprire uno spazio, nella sua pagina web, per raccogliere queste esperienze interreligiose ed ecumeniche per promuovere una condivisione di quanto viene fatto a livello locale, come ha ricordato lo stesso don Giuliano Savina, direttore dell’UNEDI. “La pubblicazione di questo testo – ha sottolineato Riccardo Burigana nel suo articolo – nella pagina web, più precisamente nella sezione che raccoglie le schede ‘per una conoscenza più approfondita dell’islam’, ha assunto un significato del tutto particolare in tempo di Ramadan, il mese sacro dedicato al digiuno, cominciato il 24 aprile; proprio in vista del Ramadan il documento raccomandava che, ‘rispettando quelle che saranno le indicazioni del Governo, non si manchi di far pervenire vicinanza ancora maggiore in questo tempo così importante per i fedeli musulmani’. Una tradizione che in tanti luoghi, anche in Italia, si è venuta consolidando in questi anni, tesa a una vicinanza dei cattolici alla celebrazione del Ramadan, come segno concreto di fratellanza, anche con la consegna del messaggio preparato dal Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso. La pubblicazione di questo testo si colloca così nell’orizzonte dell’impegno alla costruzione di una fratellanza umana per la pace nel mondo, secondo lo spirito e la lettera del documento di Abu Dhabi, per rafforzare o per creare nelle comunità locali un dialogo che alimenti una cultura dell’accoglienza, con la quale affrontare l’oggi, cominciando a pensare il domani”.
11 maggio 2020. Anche la Comunità religiosa islamica italiana (COREIS) ha annunciato di aderire alla preghiera del 14 maggio. L’Imam Yahya Pallavicini, in un articolo che sarà pubblicato anche al Cairo in arabo, su Sawt al-Azhar, (‘La voce di al-Azhar’), il settimanale della Grande Moschea e Università presieduta da Ahmad Al Tayyeb, ha affermato che “Il documento sulla Fratellanza Umana e questo invito alla preghiera e al digiuno per l’umanità hanno un grande valore simbolico, storico e spirituale”, ma anche “Simbolico perché il Comitato supremo per la Fratellanza ha incluso anche un rabbino come rappresentante della comunità ebraica e, di conseguenza, questo invito parte dal ricordo della fratellanza al Dio Unico della famiglia del profeta Ibrahim e si rivolge a tutti i credenti e le creature nel mondo”. Il significato è pure “Storico perché risponde all’antico richiamo di Dio alle genti contenuto nel Sacro Corano ‘Non sono forse Io il Vostro Signore?’ (A lastu bi-Rabbikum? – VII: 172) sul senso più profondo del tempo e della vita che deve essere onorata nel ricordo del nostro ricollegamento al Signore e con l’invocazione al Dio Unico perché ‘tutto a Lui ritorna’ (Cor. II: 123)”. Il significato è “Spirituale perché fa riscoprire le affinità e le similitudini ma anche le provvidenziali differenze di metodo e linguaggio rituale del digiuno e della preghiera tra i credenti di ogni comunità religiosa. Troviamo nel rispetto di un metodo diverso, una intenzione, fratellanza e finalità comune”. L’imam Pallavicini ha così concluso il suo articolo: “Questa nobile iniziativa favorisce una importante testimonianza globale che integra la qualità della fratellanza spirituale come valore aggiunto di conforto e speranza non solo contro i mali della pandemia ma anche contro la dimenticanza dell’anima rispetto al proprio Signore”.
12 maggio 2020. Cristiani e musulmani libanesi hanno invitato insieme i loro connazionali a unirsi nella giornata di ‘preghiere per l’umanità’ promossa dall’Alto Comitato per la fratellanza umana per giovedì 14 maggio, con l’intenzione di chiedere con le preghiere, il digiuno e le opere buone che “Dio salvi l’umanità dalla pandemia da coronavirus”. L’iniziativa, come ha riferito l’agenzia Fides, ha trovato “la sollecita e concreta adesione dei gruppi che ogni anno animano le celebrazioni per la festa dell’Annunciazione e manifestano la loro comune devozione alla Vergine Maria”. Naji el Khoury, segretario generale dell’associazione ‘Incontro islamo-cristiano intorno a Maria’, ha reso noto il programma dettagliato della iniziativa convocata dalla sua organizzazione come segno di adesione all’appello dell’Alto Comitato per la fratellanza umana. Alle 16 di giovedì 14 maggio – ha riferito el Khoury – i membri dell’associazione, prendendo tutte le precauzioni necessarie dal punto di vista sanitario, daranno vita a una celebrazione islamo- cristiana per chiedere a Dio di allontanare il contagio. I partecipanti all’incontro, ritrasmesso da diverse reti televisive, compresa Noursat-Tele Lumiere e Al Iman Tv, digiuneranno fin dall’alba. Il programma della celebrazione pomeridiana prevede due interventi, dell’arcivescovo Joseph Spiteri, nunzio apostolico in Libano, e dello Sheikh sciita Sayyed Ali Fadlallah, figlio del grande Ayatollah Sayyed Muhammad Fadlallah e responsabile della Fondazione Mabarrat. A seguire, 15 membri dell’Associazione, cristiani e musulmani, uomini e donne, reciteranno delle brevi preghiere, con delle pause di silenzio e raccoglimento tra una supplica e l’altra. Alla fine dell’incontro, tutti i partecipanti leggeranno insieme una supplica a Dio onnipotente. In Libano è viva la devozione a Maria. La solennità mariana dell’Annunciazione del Signore è stata proclamata Festa nazionale fin dal 2010. La scelta della data per far celebrare Maria da cristiani e musulmani deriva dl fatto che l’Annuncio dell’Angelo a Maria è raccontato sia nel Vangelo che nel Corano, che ne parla in due Sure diverse. Maria è l’unica donna citata per nome nel Corano ben 34 volte (mentre il nome di Maria appare nei Vangeli 19 volte).
13 maggio 2020. L’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia (UCOII) ha annunciato di aderire alla Giornata mondiale di preghiera e digiuno proposta dall’Alto Comitato per la fratellanza umana e sostenuta da papa Francesco, affinché Dio aiuti l’umanità a superare la pandemia. Per l’imam bolognese Yassine Lafram, presidente dell’UCOII dal 2018, aderire all’appello del Papa non è una formalità. È anzi, una necessità, “ed è necessario che non rimanga solo un appello ma trovi corrispondenze nelle realtà locali. La preghiera è un valore universale . In questa situazione di emergenza siamo stati obbligati ad allontanarci ed isolarci. Ma come comunità islamica e come cittadini di questo Paese siamo chiamati alla fratellanza e vicinanza con le altre confessioni religiose”. Per l’UCOII rilanciare questo appello significa prendere alla lettera la condivisione di una preghiera comune e di un momento condiviso di digiuno unito a un atto di carità, perché “queste sono le chiavi della Giornata: preghiera, digiuno e carità – ha ribadito Lafram – e a noi, proprio nel mese del Ramadan, questa giornata calza benissimo. È stata la decisione espressa responsabilmente dalle nostre comunità ritenendo la vita delle persone più sacra delle moschee stesse”. L’imam ha spiegato che fin dall’inizio della pandemia è in dialogo con il Ministero dell’Interno, anche per quanto riguarda la riapertura dei propri luoghi di culto e avere garanzie di sicurezza: “Quello che per noi prevale adesso è la prudenza, è la precauzione, considerata la specificità del momento che i musulmani stanno vivendo nel mese di Ramadan. Aprire ora sarebbe come riaprire le chiese per le festività natalizie o pasquali. La riapertura pertanto sarà dopo questa data, e sarà graduale, accompagnata da un decalogo che servirà come strumento base alle varie comunità per poter riaprire in sicurezza”.
13 maggio 2020. Cenap Aydin, direttore dell’Istituto Tevere, centro di dialogo interculturale e interreligioso di Roma, ha affermato che la giornata del 14 maggio, dedicata a preghiera, digiuno e invocazione a Dio per l’umanità colpita dalla pandemia, “certamente non tocca solo le persone di fede, ma tutti gli esseri umani”. L’approccio di Francesco, ha proseguito, è “un approccio molto ispirato. Da sempre chiede ai credenti, e non solo, di fare una preghiera soprattutto per la pace, invita inoltre tutti ad avere un desiderio per la pace, per il benessere, per il bene comune, e questo invito direi tocca tutti quanti”. La giornata di preghiera del 14 maggio cade in pieno Ramadan, il mese sacro e di digiuno per l’islam, un digiuno, quindi, che riguarderà tutti, e non è la prima volta, ha sottolineato ancora Aydin, poiché ricorda l’invito al digiuno fatto da San Giovani Paolo II per chiedere la pace per la Bosnia massacrata dalla guerra, negli anni 1993 e 1994. Aydin ha citato ancora l’Angelus del 18 novembre del 2001, quando Papa Wojtyła invitava ad un giorno di digiuno e preghiera; erano i mesi drammatici successivi agli attentati di Washington e alle Torri gemelle d New York; anche allora era tempo di Ramadan, ha spiegato, e i musulmani e i cattolici furono invitati a fare un giorno di digiuno e di preghiera assieme. Per Cenap Aydin sono tanti i punti che in questo momento accomunano la famiglia umana, ma ce n’è uno in particolare: la sofferenza, che non conosce nazionalità, religione, etnia. Le bruttissime notizie di questo periodo – ha sottolineato – ci fanno avvicinare gli uni agli altri, ci fanno unire nello sforzo che vorrebbe una soluzione immediata. Il direttore dell’Istituto Tevere ha concluso con il pensiero rivolto alla Madre della storia, a Maria, in questo mese mariano: “Nel Corano, capitolo 19, Maria, Maryam, è invitata da Dio, secondo la tradizione islamica, ad osservare il digiuno, un digiuno molto particolare, quello della parola, il restare in silenzio quando nasce Gesù. Maria era molto preoccupata su come rispondere al suo popolo, e vediamo quindi una Maria, Maryam, che non parla, resta in silenzio, facendo digiuno, in preghiera, in contemplazione, aspettando una risposta da Dio. Oggi, in un’altra situazione, possiamo fare riferimento a questa scena del Corano. Abbiamo riscoperto la nostra debolezza, abbiamo scoperto che siamo così fragili, però adesso è questa fragilità che ci spinge a essere riuniti di nuovo nella preghiera, nel digiuno, nell’amore che ci abbraccia e, attraverso la preghiera, all’amore di Dio”.
14 maggio2020. L’ambasciatore d’Israele presso la Santa Sede, Oren David, in un tweet ha affermato: “In questo momento storico in cui tutta l’umanità senza distinzioni si sta confrontando con una minaccia globale, ci uniamo insieme in questa Giornata speciale di preghiera promossa dall’Alto Comitato per la Fratellanza umana. In tutto il mondo persone di differenti fedi e nazionalità si stanno unendo in preghiera oggi. Questo – ha sottolineato l’ambasciatore – è un esempio di come noi tutti possiamo unirci per il bene comune. Shalom, pax, pace su tutti”.
Numerosissimi sono stati i leader religiosi mondiali che hanno aderito alla Giornata di preghiera, di digiuno e di invocazione a Dio Creatore per l’umanità colpita dalla pandemia. Nel mondo cristiano, il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I ha invitato “tutti i suoi figli sparsi nel mondo a pregare per superare la crisi, chiedere la guarigione dei malati, sostenere dottori, infermieri, volontari e tutti coloro che sono coinvolti in questo sacro sforzo”. Alla iniziativa si è unito da Londra anche l’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, primate della Comunione anglicana: “Papa Francesco – ha scritto – ha indetto il 14 maggio una Giornata di preghiera per porre fine alla pandemia e una giornata di opere di carità. Persone di tutte le fedi stanno implorando l’intervento di Dio in questo momento. Preghiamo per la misericordia di Dio, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. Dal Consiglio mondiale delle Chiese (WCC) era già partito un invito a tutte le sue Chiese affinché aderissero alla Giornata: “Molte persone stanno vivendo paura e incertezza. Mentre continuiamo ancora a navigare in questa crisi sanitaria globale, l’unità del mondo attraverso la preghiera riflette la nostra volontà di prenderci cura gli uni degli altri”, ha affermato il segretario generale ad interim del WCC, rev. Ioan Sauca. Il segretario generale dell’Alto Comitato per la Fratellanza umana, il giudice Mohamed Abdelsalam, ha dichiarato che da quando l’iniziativa è stata lanciata, il 2 maggio scorso, “ha ricevuto il sostegno globale di un gran numero di leader religiosi e politici e istituzioni di tutto il mondo”. È stato espresso “apprezzamento” da Sua Altezza lo sceicco Mohamed bin Zayed Al Nahyan, principe ereditario di Abu Dhabi e vice comandante supremo delle forze armate degli Emirati Arabi Uniti e da Sultan Al Remeithi, segretario generale del Consiglio musulmano degli anziani e membro dell’Alto Comitato. In Libano l’associazione ‘Incontro islamo-cristiano intorno a Maria’ ha convocato per tale giornata un incontro alle 16 come “segno di fattiva adesione all’appello dell’Alto Comitato per la Fratellanza umana”. In India, il card. Oswald Gracias, arcivescovo di Bombay e presidente della Conferenza episcopale indiana, ha scritto una lettera agli esponenti delle altre religioni presenti nel Paese per invitarli a unirsi alla Giornata. Tutti noi “figli di Dio, fratelli e sorelle di una grande famiglia”, siamo chiamati a vivere la cultura del dialogo e riunirci insieme e pregare Dio perché ci salvi dalla pandemia”. Lo stesso ha fatto il card. Joseph Coutts, arcivescovo di Karachi, e in Pakistan oggi tutte le comunità cristiane, delle diverse confessioni, celebreranno la speciale Giornata, nella comunione spirituale con i fedeli di altre religioni, come musulmani, indù e sikh.
Alla preghiera globale hanno aderito anche la Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (FCEI), il gruppo Dialogo ebraico cristiano islamico (DECI) di Firenze e l’Unione induista italiana. Il Consiglio Regionale delle Chiese Cristiane della Campania, nella persona del presidente, don Edoardo Scognamiglio, in un messaggio ha dichiarato: “Il tempo di pandemia e d’isolamento che le nostre comunità stanno vivendo ci fa sentire veramente piccoli e uniti di fronte a un nemico sconosciuto e invisibile, il Coronavirus, che ci pone innanzi alla sfida della fraternità, della solidarietà, dell’aiuto reciproco, della responsabilità e del dialogo. Siamo certi e fiduciosi che, al termine di questa crisi, saremo chiamati a ricreare e popolare spazi di fraternità, di solidarietà e di pace: perché ‘tutti siamo fratelli’ (san Francesco d’Assisi). Ci uniamo, nella preghiera, nella penitenza e nella carità, per chiedere a Dio la grazia della guarigione da questa pandemia. Attraverso la preghiera noi speriamo che, da questa esperienza di pandemia e di crisi, potranno rinascere relazioni nuove e comunità generose, più sensibili ai bisogni degli ultimi e attenti al bene comune, al rispetto dell’ambiente e del creato, alla vicinanza tra popoli e comunità interreligiose. Confidiamo – continua il messaggio – nel buon uso della scienza per la ricerca di nuove soluzioni alla pandemia e nella generosità di tanti uomini e donne di buona volontà che si rendono disponibili per aiutare il prossimo in difficoltà. L’amore di Cristo ci spinge (cf. 2Cor 5,14) verso gli altri e la sua grazia possa renderci, ogni giorno, sensibili alle necessità dei fratelli e delle sorelle che vivono ai margini delle nostre città. Permanga in noi il desiderio di abbracciarci, di vederci, di riprendere quelle relazioni interpersonali che in questo momento sono mortificate e svilite. Stare ‘cuore a cuore’ e ‘guardarsi negli occhi’ è segno di un profonda comunione che, nel tempo, possiamo recuperare per creare una fraternità più evangelica e umana”.
Nell’Arunachal Pradesh, mons. George Palliparambil, vescovo di Miao, ha organizzato un incontro interreligioso di preghiera con membri delle comunità presenti a Miao e nel distretto di Changlang. Vi hanno partecipato indù, buddisti, musulmani e leader di comunità cristiane protestanti. Narindra Bhikku, abate del monastero buddista di Miao, ha sottolineato che “stiamo lottando contro un nemico invisibile e la preghiera è la nostra sola arma per combatterlo”. Pandit Ravishankar Pandey, dello Shiv Mandir (un tempio indù) di Miao ha espresso gli stessi sentimenti e ha aggiunto: “Dio è compiaciuto con noi oggi, nel vederci radunati come fratelli e sorelle”. Stephen Yobin, della Church of Christ, ha definito il momento comune come un tempo speciale datoci per fermarci e verificare davanti a Dio il nostro modo di vivere, chiedendo la sua misericordia. Anche Chomtang Chamtang, della Chiesa battista, ha espresso la sua preghiera. I padri David e John Doley, che hanno rappresentato la Chiesa cattolica, hanno letto una preghiera composta da papa Francesco e hanno cantato un salmo di liberazione. Alla fine della cerimonia, mons. Palliparambil ha ringraziato tutti gli intervenuti e ha recitato una preghiera per essere liberati dal coronavirus. Si è svolta poi una processione con le candele in cui ogni leader religioso esprimeva preghiere spontanee. Un incontro interreligioso di preghiera è stato organizzato anche a Bhopal, nel Madhya Pradesh. L’arcivescovo Leo Cornelius ha invitato cristiani, indù, musulmani, jain, buddisti e sikh a radunarsi nelle case per offrire preghiere a Dio e implorare da Lui misericordia e benedizione. Per l’occasione il vescovo ha fatto preparare un libretto sul tema “Veniamo insieme, parliamo insieme, con un cuore solo per abolire il Covid-19”. Nel libretto vi erano citazioni dai libri sacri da induismo (Atharva Veda 12.1), sikkismo ( Adi Geanth, Shalok, Farid p. 1382 ), buddismo (Dhammapada 293-05), islam (Corano 2.153-57), jainismo (Acharangasutra 3.13), cristianesimo (Giovanni 9, 1-7). Dopo ogni lettura è stato previsto un momento di silenzio ed alla fine una preghiera per i senzatetto, il personale medico, il governo, le vittime del coronavirus, tutto il Paese, con la promessa di lavorare insieme per abolire il Covid-19. A Delhi, come affermato dal dott. A K Merchant, della comunità Baha’i, il loro incontro di preghiera si è svolto in sintonia con “le sorelle del movimento del Focolare”. A Poona (Maharashtra) il vescovo Thomas Dabre ha organizzato un momento di preghiera in streaming, a cui si sono collegati membri delle diverse religioni in varie parti dell’India. La Giornata ha previsto anche un invito alle opere di carità e per questo, mons. Alwyn Barreto di Sindhudurg (Maharashtra) ha speso la giornata pregando, digiunando e visitando gli ammalati in ospedale. Il giorno precedente alla Giornata, il 13 maggio, insieme ad alcuni volontari della diocesi, davanti a un tempio indù ha distribuito personalmente pacchi di cibo e altri aiuti per gli emarginati, i tribali e i poveri, “senza alcuna discriminazione” di religione o di casta.
Il gruppo interreligioso ‘Spirito di Assisi’ del Centro studi francescani per il dialogo interreligioso e culture, il cui direttore è il teologo don Edoardo Scognamiglio, ha aderito alla giornata interreligiosa di digiuno e preghiera per implorare la fine della pandemia e si è ritrovato in videoconferenza alle ore 21 per la preghiera interreligiosa. Ciascun rappresentante ha espresso una preghiera o meditazione secondo la propria tradizione religiosa, oppure ha letto un testo o condiviso una riflessione personale. Hanno partecipato all’incontro interreligioso – che si è tenuto in video conferenza alle ore 21 – Luigi De Salvia presidente nazionale di ‘Religion for Peace’, Amedeo Imbimbo e Luigi Vitiello del buddhismo tibetano, Angela Furcas, Silvio Cossa, Bezhad Mirzaagha e Caterina Cirma, Francesca Villani dell’Istituto buddhista Soka Gakkai, Maryam Rosanna Sirignano della Federazione islamica della Campania, don Edoardo Scognamiglio, Michele Schioppa ed Enza Moniello, Michele Giustiniano, Silvana Di Scala e Francesco Di Scala, Nicola Moschella, Lucia Antinucci che ha fatto da moderatrice.
23 maggio 2020. I Baha’i hanno festeggiato la Dichiarazione del Bab (La Porta), che nel 1844, in Iran, all’età di 25 anni, proclamò l’avvento di una nuova Dispensazione Divina, dichiarandosi Araldo e Precursore di Baha’u’llàh (La Gloria di Dio), portatore di un progetto divino per l’unità dei popoli e della religioni.
23 maggio 2020. Per la fine Ramadan Mons. Delpini, arcivescovo di Milano, ha inviato un messaggio (sia in forma scritta che in video) alle comunità islamiche presenti nella diocesi: “Camminiamo insieme per aiutare i poveri generati dalla pandemia di coronavirus. La pandemia ci ha fatto subito comprendere con molta concretezza che la terra intera e le persone sono tutte sulla stessa barca”. Di qui, l’esortazione a “continuare a lavorare insieme per diffondere la riscoperta della centralità di Dio nelle nostre vite”. L’arcivescovo di Milano ha ricordato poi l’impegno comune dei cristiani e dei musulmani a favore dei “tanti poveri che questa emergenza sta generando”. “Anche questo è un frutto del periodo eccezionale che stiamo vivendo – ha sottolineato – le lingue diverse della preghiera si fanno parola comune quando diventano amore per gli altri. Che questo amore sia il terreno dentro il quale qui a Milano ci possiamo incontrare e camminare assieme”. Riflettendo, poi, su come i contagi di Covid-19 abbiano cambiato il volto della città di Milano e della regione lombarda, impedendo a cristiani e musulmani la celebrazione pubbliche con concorso di popolo, monsignor Delpini ha auspicato che i fedeli all’Islam presenti nel territorio ambrosiano possano disporre di luoghi di culto “come il diritto alla libertà religiosa impone ad ogni società”.
Già il 17 aprile il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, nella persona del Presidente il cardinale Miguel Àngel Ayuso Guixot, aveva inviato alle comunità islamiche il Messaggio per il Ramadan: “Cari fratelli e sorelle musulmani, Il mese di Ramadan è così centrale nella vostra religione e perciò a voi tanto caro a livello personale, familiare e sociale. È un tempo di guarigione spirituale, di crescita e di condivisione con i poveri e di rafforzamento dei legami con parenti ed amici. Per noi, vostri amici cristiani, è un tempo propizio per consolidare le nostre relazioni con voi, mediante i saluti, gli incontri e, dove è possibile, con la condivisione di un iftar. Il Ramadan e ‘Id al-Fitr sono, dunque, occasioni speciali per far crescere la fraternità tra cristiani e musulmani. È questo lo spirito con cui il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso porge a tutti voi i suoi migliori auguri oranti e cordiali congratulazioni. Seguendo una tradizione a noi cara, vogliamo condividere con voi alcuni pensieri, che riguardano quest’anno la protezione dei luoghi di culto. Sappiamo che i luoghi di culto rivestono una grande importanza nel cristianesimo e nell’islam, come pure nelle altre religioni. Sia per i cristiani, sia per i musulmani chiese e moschee sono spazi riservati alla preghiera personale e comunitaria, edificati ed arredati in modo da favorire il silenzio, la riflessione e la meditazione. Esse sono spazi dove si può arrivare nelle profondità del proprio animo, facilitando così, con il silenzio, l’esperienza di Dio. Pertanto, un luogo di culto di qualsiasi religione è “casa di preghiera” (Isaia 56, 7). I luoghi di culto sono pure spazi di ospitalità spirituale, nei quali i seguaci di altre religioni si radunano anche per cerimonie speciali come nozze, funerali, feste della comunità, ecc. Partecipando a quegli eventi in silenzio e col rispetto dovuto alle osservanze religiose dei seguaci di quella particolare religione, essi assaporano l’ospitalità loro riservata. Questa pratica è una speciale testimonianza di ciò che unisce i credenti, senza sminuire o negare ciò che li distingue. Sotto questo aspetto vale la pena ricordare ciò che Papa Francesco ha detto in visita alla moschea Heydar Aliyev, a Baku (Azerbaijan), domenica 2 ottobre 2016: “È un grande segno incontrarci in amicizia fraterna in questo luogo di preghiera, un segno che manifesta quell’armonia che le religioni insieme possono costruire, a partire dai rapporti personali e dalla buona volontà dei responsabili”. Nel contesto dei recenti attacchi contro chiese, moschee e sinagoghe, perpetrati da persone malvagie che sembrano percepire – continua il Messaggio – i luoghi di culto come bersaglio preferito della loro cieca e insensata violenza, è degno di nota quanto è riportato nel Documento sulla “Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune”: “La protezione dei luoghi di culto – templi, chiese e moschee – è un dovere garantito dalle religioni, dai valori umani, dalle leggi e dalle convenzioni internazionali. Ogni tentativo di attaccare i luoghi di culto o di minacciarli attraverso attentati o esplosioni o demolizioni è una deviazione dagli insegnamenti delle religioni, nonché una chiara violazione del diritto internazionale”. Apprezzando gli sforzi compiuti dalla comunità internazionale a vari livelli per la protezione dei luoghi di culto in tutto il mondo, è nostra speranza – conclude il Messaggio – che la stima vicendevole, il rispetto reciproco e la cooperazione possano rafforzare i nostri legami di sincera amicizia, e consentire alle nostre comunità di salvaguardare i luoghi di culto per assicurare alle future generazioni la libertà fondamentale di professare le proprie credenze”.
24 maggio 2020. Festa islamica di Eid al Fitr, conclusione del Ramadan. Mons. Indrias Rehmat, vescovo della diocesi di Faisalabad (Punjab, Pakistan), ha sottolineato per l’occasione: “Uniti come cittadini del Pakistan, nel condividere la gioia e la felicità” che derivano da una celebrazione che è “festa religiosa ed evento culturale”. […] Queste festività – ha aggiunto – ci avvicinano e danno la possibilità di sedersi assieme e pensare a quanti sono nel bisogno”. “Attraverso la festa di Eid al-Fitr – ha proseguito mons. Rehmat – vogliamo diffondere un messaggio di fratellanza, di pace, di amore, di coesistenza fra comunità in Pakistan di credo diverso”. A questo, prosegue, si unisce “la preghiera comune per la fine della pandemia” di nuovo coronavirus in tutto il mondo. Già durante il Ramadan il vescovo e personalità musulmane avevano unito la loro voce per invocare la fine dell’emergenza Covid-19; in questi incontri le delegazioni hanno anche approfondito temi e riflessioni legate al documento sulla fratellanza umana. Nel fine settimana il vescovo di Faisalabad ha visitato diverse personalità religiose, politiche e istituzionali musulmane della città. Ad accompagnare il prelato vi erano il vicario generale p. Abid Tanvir, il direttore della Commissione per il dialogo interreligioso p. Pascal Poolus e il direttore della sezione locale di Giustizia e pace (NCJP) p. Khalid Rashid. Nei vari incontri la delegazione cristiana ha presentato dolci, omaggi per la festa e il messaggio speciale del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, diffuso ad inizio Ramadan dal Vaticano. Fra i destinatari della visita vi sono stati alcuni capi religiosi islamici locali, fra cui Maulana Pir Ibrahim Sialvi, Mulana Yousaf Anwar, Mulana Zahid Mahmood Qasami che hanno ricoperto un ruolo di primo piano nella promozione dell’incontro e dell’armonia fra fedi a Faisalabad.
24 maggio 2020. Rosh Chodesh Sivan o Rosh ḥodesh (in ebraico ראש חודש, ‘Inizio del mese’, letteralmente: testa di mese) è la locuzione che designa il primo giorno del mese lunare, secondo il calendario ebraico, segnato dall’apparizione della luna nuova.
24 maggio 2020. Incontro interreligioso in videoconferenza del gruppo ‘Spirito di Assisi’ – del Centro studi francescani per il dialogo interreligioso e le culture (CSFDIC) il cui direttore è il teologo don Edoardo Scognamiglio – sul tema ‘Religione e scienza’. Hanno partecipato all’incontro, per la fede Baha’i, Caterina Cirma e Bezhad Mirzagha, Angela Furcas e Silvio Cossa, il Rev. Li Xuanzong Prefetto generale dei Taoisti d’Italia, il Pastore Giuseppe Verrillo della Chiesa Libera di Volla, per il Buddhismo tibetano Amedeo Imbimbo (Comunità Sangha Rimé) e Luigi Vitiello (Comunità Dzogchen Internazionale di Namdeling), Vincenza Moniello e Michele Schioppa (CSFDIC), Lucia Antinucci che ha fatto da moderatrice. Ella ha introdotto l’incontro evidenziando che tra scienza e fede ci può essere il conflitto (lo scontro aperto come nel ‘caso Galilei’), l’indipendenza (secondo cui la conoscenza scientifica e la credenza religiosa hanno poco o nulla da dirsi), l’integrazione o concordismo (l’assimilazione indebita di verità scientifiche e verità religiose), il dialogo ovvero il confronto costruttivo. Amedeo Imbimbo ha citato Sua Santità il Dalai Lama che individua tre aspetti del buddhismo: il buddismo come scienza, come filosofia e come religione. Quando parliamo di buddismo come scienza, stiamo considerando- ha affermato – come esso esamina i fenomeni esteriori attraverso un processo di deduzione. Il tema centrale del confronto, dunque, fra grandi Lama e grandi scienziati è la mente. Ci sono stati molti confronti fra scienziati e monaci buddhisti, come quello nel 2000 di un gruppo di psicologi, filosofi e neuroscienziati occidentali guidati da Daniel Goleman (psicologo, autore del libro ‘Intelligenza emotiva’) con il Dalai Lama e Matthieu Ricard (monaco buddhista, laureato in genetica, definito l’«uomo più felice del mondo»). Sua Santità Il Karmapa ha affermato: “Oggi è importante trovare una relazione armoniosa tra scienza e religione, in cui vi sia comprensione e sostegno reciproci, in modo che le due possano bilanciarsi”. Luigi Vitiello ha messo in risalto che scienza e religione si occupano degli stessi argomenti: la conoscenza dell’uomo e del mondo in cui viviamo, ma con metodi diversi. Il Dalai Lama ha spesso sostenuto che: “Se la scienza prova dei fatti che confliggono con la visione Buddhista, il Buddhismo deve cambiare in conformità con tali scoperte. Dovremmo sempre adottare un punto di vista che si basi sui fatti”. Un contributo particolarmente importante – ha sottolineato – che le religioni possono dare alla scienza è, secondo il Buddhismo, quello di richiamare alcuni valori etici fondamentali, perché quella che è stata chiamata la ‘religione della scienza’, non assuma posizioni dogmatiche e non diventi ricerca fine a sé stessa, perdendo di vista il senso del servizio al bene comune.
Angela Furcas ha evidenziato il pensiero Bahá’í: “La Religione e la Scienza sono due ali con le quali l’intelligenza dell’uomo può librarsi alle altezze fino alle quali l’anima umana può progredire. Se l’uomo dovesse tentare il volo con la sola ala della Religione cadrebbe, repentinamente, nel pantano della Superstizione, mentre d’altro canto, se tentasse solo con l’ala della Scienza, non compirebbe alcun progresso e cadrebbe nella sconsolante melma del materialismo. […] Dio ha fatto della Religione e della Scienza la misura della nostra comprensione, fate attenzione a non trascurare questo meraviglioso potere. Pesate tutto su questa bilancia. Ponete ogni vostro credo in armonia con la Scienza, poiché non vi può essere opposizione. La verità è una. Quando la Religione, libera dalle superstizioni, dalle tradizioni, si renderà conforme alla Scienza, una grande forza unificatrice e purificatrice, spazzerà dal mondo tutte le guerre, i disaccordi e le lotte, allora l’umanità intera, sarà unita dal potere dell’Amore di Dio”. Silvio Cossa anche ha sottolineato che secondo gli insegnamenti Bahá’í c’è fondamentalmente armonia tra scienza e religione. Grazie all’intelligenza e alla capacità di ragionamento gli esseri umani hanno il potere di indagare le verità dell’universo e di formulare teorie scientifiche per migliorare la vita umana sul pianeta. La scienza e la religione sono due sistemi sovrapposti e complementari di conoscenza e di azione importanti per l’avanzamento della società. Entrambi seguono una propria logica e hanno criteri di legittimità propri, ma descrivono la medesima realtà. Alcune condizioni sono tuttavia necessarie, affinché entrambi questi sistemi esercitino la loro benefica influenza per far avanzare e progredire la società. La religione, per essere in armonia con la scienza, deve tenersi lontana dalla superstizione. Il Pastore Giuseppe Verrillo ha evidenziato come negli ultimi secoli il razionalismo ha portato alla critica della religione, per cui tra scienza e fede non è stato possibile alcun dialogo, percorrendo percorsi paralleli. La mens scientifica risulta in contrasto con quella religiosa. La questione è complessa, va approfondita; la scienza, però, può essere di aiuto al sentimento religioso. Marialaura Chiacchio dell’Istituto buddhista Soka Gakkai ha evidenziato il principio dell’unicità tra vita e ambiente, corpo e mente, microcosmo e macrocosmo che hanno pure un fondamento scientifico, come pure il principio delle tre prove. La prova teorica è quella del ragionamento e del buonsenso, la prova documentaria ricerca l’accordo tra i testi, la prova concreta afferma che qualsiasi insegnamento deve dimostrare di essere efficace per la vita. Anche la recitazione del Manthra ha una base scientifica, perché sono lodi della legge di causa-effetto, dei fenomeni naturali-spirituali. Il Rev. Li Xuanzong ha rilevato la complessità dell’argomento, in quanto tra corpo e spirito c’è dicotomia e il dialogo tra scienza e religione è possibile solo a certe condizioni. Il fondamento della religione è la percezione, non la dimostrazione empirica, oggettiva. Materia e spirito camminano assieme, perché appartengono all’uomo, ricercano entrambe la verità. La dicotomia emerge quando la scienza assolutizza la sua verità arrivando allo scientismo e quando la religione si basa sul fondamentalismo. Per il taoismo, tra religione e scienza è possibile il dialogo, perché entrambe hanno per oggetto la persona umana e cercano di capire la realtà. La scienza deve rispettare il limite dei principi etici (bioetica). Se la scienza riconosce i propri limiti oggettivi può aiutare l’uomo ed essere di sostegno alla religione. Vincenza Moniello (CSFDIC) nella sua riflessione si è soffermata sul messaggio della Prima Lettera di San Pietro Apostolo che indica il contenuto e lo stile del dialogo, basato sulla verità, ma espresso con il rispetto e la dolcezza. In questo modo è possibile superare il contrasto tra la scienza e la fede e realizzare un autentico confronto. Il dono dello Spirito, che illumina il nostro intelletto, ci rende capaci di essere fedeli alla nostra esperienza di fede e nello stesso tempo di confrontarci serenamente con il razionalismo e la cultura scientifica. Lucia Antinucci ha evidenziato alcuni aspetti dell’insegnamento della Chiesa cattolica facendo riferimento alla Costituzione pastorale Gaudium et Spes n. 36: «Perciò la ricerca metodica di ogni disciplina, se procede in maniera veramente scientifica e secondo le norme morali, non sarà mai in reale contrasto con la fede, perché le realtà profane e le realtà della fede hanno origine dal medesimo Dio. Anzi, chi si sforza con umiltà e perseveranza di scandagliare i segreti della realtà, anche senza che egli se ne avveda, viene come condotto dalla mano di Dio, il quale, mantenendo in esistenza tutte le cose, fa che siano quello che sono». Papa Francesco – ella ha messo in risalto – anche sottolinea la sinergia tra scienza e fede, nella misura in cui il progresso delle scienze, mantenendosi con rigore accademico nel campo del loro specifico oggetto, rende evidente una determinata conclusione che la ragione non può negare, la fede non la contraddice. L. Antinucci ha fatto riferimento anche alla Pontificia Accademia delle scienze, i cui principali obiettivi sono quelli di promuovere il progresso delle scienze matematiche, fisiche e naturali e lo studio delle relative questioni epistemologiche, stimolare un approccio interdisciplinare alle conoscenze scientifiche, favorire l’interazione tra fede e ragione ed incoraggiare il dialogo tra le scienze e i valori spirituali, culturali, filosofici e religiosi. Dall’incontro, trasmesso in diretta Facebook (Gruppo ‘Spirito di Assisi’), è emersa una convergenza di fondo sul fatto che tra scienza e fede è possibile il dialogo e la collaborazione, nella misura in cui non ci sia un’assolutizzazione dei propri principi di fondo (scientismo e fondamentalismo o superstizione). Il confronto, fraterno e sincero, tra i vari rappresentanti religiosi ha dimostrato che è possibile contribuire assieme alla pace e al benessere dell’umanità, nel rispetto reciproco della varietà dei propri percorsi spirituali.
25 maggio 2020. A Karachi (Pakistan) il mufti Abu Bakar Muhiuddin, presidente della moschea ‘Jamia Islamia’ e dell’annesso seminario islamico, coinvolto nelle iniziative lanciate nella ‘Settimana Laudato si’’ (16-24 maggio) dalla Commissione ‘Giustizia e pace’ della Arcidiocesi di Karachi, ha affermato per un’intervista all’agenzia Fides: “È davvero un prezioso servizio per la nostra Terra: se saremo uniti, ci sarà un cambiamento non solo nel clima ma anche nelle nostre relazioni e questo diventerà il principio di soluzione della crisi ecologica che affligge il pianeta”. P. Saleh Diego, Vicario generale dell’Arcidiocesi e Direttore della Commissione, ha dichiarato: “Per rispondere alla chiamata di Papa Francesco, per affrontare insieme la crisi ecologica, prendersi cura del creato e dell’umanità, tutte le parrocchie e le istituzioni cattoliche a Karachi hanno celebrato questa speciale Settimana, in occasione del 5° anniversario della pubblicazione della Laudato Si’. La Commissione ‘Giustizia e pace’ e la Caritas di Karachi, hanno diffuso insieme il messaggio dell’enciclica tra fedeli musulmani, indù , sikh, baha’i, visitando i loro luoghi di culto e coniugandolo alla sensibilizzazione per affrontare il Covid-19. La Chiesa cattolica ha invitato tutti i leader religiosi a unire gli sforzi nel prendersi cura della nostra ‘Casa comune’, la madre terra, come è descritto nella lettera enciclica di Papa Francesco”. Il Direttore ha aggiunto: “Tenendo presente gli insegnamenti ispiratori e i valori sociali di Laudato Si, dobbiamo agire per la solidarietà globale, costruendo buone relazioni e ponti tra le religioni”. Preti, religiosi e volontari laici cattolici hanno visitato nella Settimana diverse moschee, scuole islamiche, chiese, templi della diverse fedi a Karachi consegnando copie dell’enciclica in lingua urdu. Ravi Dass Vaghela, attivista della comunità indù ha ringraziato la Commissione Giustizia e pace e la Caritas, dichiarando: “Laudato si’ è davvero una lettera ispiratrice che ci invita a proteggere la nostra madre terra. Dobbiamo, pensare: quale futuro volgiamo dare ai nostri figli? Il testo chiede a tutte le organizzazioni di collaborare alla trasformazione del nostro mondo e di affrontare insieme le sfide che colpiscono direttamente o indirettamente l’ambiente. E’ un potente invito all’unità e alla fraternità”.
27 maggio 2020. Festa ebraica di Erev Shavuot, la festa delle Settimane, della mietitura (cf. Es 23,16), è una festività ebraica che cade al sesto giorno del mese ebraico di Sivan (tra il 15 maggio e il 14 giugno). È una delle tre feste bibliche di pellegrinaggio (Shalosh Regalim). Gli ebrei di lingua greca diedero il nome di pentecoste (πεντηκόστη) poiché cade 50 giorni dopo Pesach. Escludendo il giorno stesso di Pesach, la festa cade 49 giorni più tardi. Questa festa pone termine al Conteggio dell’Omer. Secondo la Legge ebraica (Halakhah), Shavuot è celebrato in Israele per un giorno e nella diaspora (fuori di Israele) per due giorni. L’ebraismo riformato celebra solo un giorno, anche nella diaspora
27 maggio 2020. Ricorrenza dell’ascensione di Baha’ulla. 125 anni fa Bahá’u’lláh è trapassato nella sua casa fuori Akka. I Baha’i in tutto il mondo ogni anno commemorano la ricorrenza con particolari programmi devozionali volgendosi in direzione della Sua sepoltura, che per i Bahá’í è il luogo più sacro della terra.
Il Santuario di Bahá’u’lláh è adiacente alla casa dove ha vissuto i Suoi ultimi anni, quando era un prigioniero dell’Impero Turco, anche dopo che le autorità gli hanno permesso di vivere al di fuori delle mura della prigione della città di Acri. Il Suo trapasso nel 1892 è avvenuto dopo 40 anni di esilio dal Suo paese natio, l’Iran, dapprima a Baghdad e poi in Turchia, e in seguito nella prigione di Akka nel 1868.
Per i Baha’i Bahá’u’lláh è la Manifestazione di Dio per questa era, l’ultimo di una serie che include profeti divini come Gesù, Maometto, Mosè, Krishna, Buddha, Zoroaster, e altri. L’Ascensione di Bahá’u’lláh è uno dei nove santi giorni durante l’anno in cui i Baha’i sospendono il lavoro.
30 maggio 2020. A Colombo (Sri Lanka) cristiani e buddisti hanno celebrato insieme i cinque anni della Laudato si’, l’enciclica di papa Francesco che mette in relazione l’emergenza ambientale con la crisi sociale dell’umanità. Molti srilankesi hanno condiviso il messaggio del pontefice, rivolto a tutte le persone, di proteggere “la nostra casa comune e la madre terra” per assicurare un futuro migliore alle giovani generazioni. Kithusara e Jesus Today hanno lanciato sulle loro pagine Facebook nove giornate tematiche, una per ciascun giorno della Settimana Laudato si’ (16-24 maggio). Con la loro iniziativa, i due giornali cristiani hanno voluto stimolare un dibattito su temi quali il rispetto della ‘creazione’, la cura dell’ambente, il rimboschimento e il ricordo dei tanti attivisti – anche srilankesi – che hanno perso la vita per il loro impegno a favore dell’ambiente. C’è poi chi ha tratto ispirazione dalla Laudato si’ per compiere azioni particolari. Vajira Sirimanne, un insegnante buddista in pensione, intervistato da AsiaNews ha affermato: “Ho voluto rispondere all’invito di papa Francesco, e insieme a due amici ho piantato otto alberi vicino al viadotto di Veyangoda, nella provincia occidentale del Paese”. Egli ha raccontato ancora che per piantare gli alberi ha dovuto sfidare il coprifuoco per il coronavirus, e lo stesso deve fare per prendersi cura di loro. Sirimanne è un’ambientalista, ideatore di alcune foreste-giardino (Vana Uyana) e zone forestali (Vana Adaviya). Egli porta avanti questo impegno per un motivo ben preciso: “È il mio contributo per spingere le persone ad amare e proteggere gli alberi e l’ambiente”. Per Ravindra Kariyawasam, un altro ambientalista, l’invito di Papa Francesco merita grande rispetto: “Il virus che ci ha colpito dimostra quanto è vulnerabile l’umanità. La natura ha risposto per i maltrattamenti che ha subito da parte dell’uomo, ecco perché il Santo Padre ci chiede di trattarla con rispetto”.
di Lucia Antinucci
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