Eventi interreligiosi

9 marzo 2020. In occasione della festa di Purim, letture in streaming della Meghillat Ester, a causa dell’emergenza sanitaria, a cura dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane in accordo con l’Assemblea Rabbinica Italiana, per rimodulare e adattare le proprie abitudini alla grave situazione attuale, senza rinunciare a valori, storia, tradizioni. La celebrazione di Purim, “la festa ebraica delle ‘sorti’ che mette al centro della propria trama il coraggio dei singoli ma anche la resilienza di un popolo, è stata caratterizzata anche dall’esempio caloroso di una comunità che su Internet si è stretta e incoraggiata a vicenda”. Rav Ariel Finzi ha proceduto alla lettura del libro di Ester. Prima di salutare il suo pubblico, rav Finzi ha invitato  “alla riflessione con una breve lezione incentrata sulla figura di Achashverosh e sull’insidia rappresentata da quei dittatori che arrivano al potere erodendo progressivamente i diritti fondamentali”, come il re persiano. La festa di Purim, il carnevale ebraico, è preceduto dal digiuno e ricorda quello fatto da Ester e Mardocheo per invocare l’aiuto divino nel far cambiare idea al Re Assuero (Serse I). Il perfido Amàn, consigliere del Re, per liberarsi degli ebrei, convinse inizialmente il Re a ucciderli tutti. La moglie del Re, Esther, riuscì a ribaltare le sorti e a salvare il popolo ebraico residente nei territori della Persia.

9 marzo 2020. La Conferenza episcopale cattolica, l’Alleanza evangelica, il Consiglio nazionale indù, il Consiglio nazionale delle Chiese, gli Avventisti del settimo giorno e il Consiglio supremo dei musulmani del Kenya hanno firmato un documento congiunto, per  evitare che il Paese finisse nell’anarchia”. I leader religiosi hanno sollecitato il presidente Kenyatta ad “attuare immediatamente un programma completo di educazione civica su questo progetto”. Nella Dichiarazione interreligiosa, inoltre, gli esponenti religiosi hanno sottolineato che “il Comitato direttivo per l’attuazione dell’Iniziativa deve assumere con decisione il suo mandato”. La lodevole iniziativa di pace interreligiosa, però, è stata travisata politicamente, per cui i leader religiosi hanno esortato i politici a  “rinunciare ad una cultura dell’offesa e della mancanza di rispetto” durante i comizi. Tale atteggiamento “erode gravemente la morale dei nostri figli – si legge nella Dichiarazione – che crescono credendo che gli insulti, l’aggressione e la violenza siano la strada giusta per il successo. L’etica non riguarda solo la responsabilità finanziaria, ma l’intero ambito del comportamento umano”.

20 marzo 2020. La comunità bahá’í in Italia e nel mondo ha festeggiato  il Naw Rúz, la festività che segna l’inizio dell’anno 175 secondo il calendario bahá’í. Il Naw Rúz, il cui nome significa letteralmente ‘nuovo giorno’, ha origine nell’antica civiltà persiana, e fu Bahá’u’lláh, Fondatore della fede bahá’í, a scegliere questa data, corrispondente all’equinozio di primavera, come inizio dell’anno per tutti coloro che seguono la Sua Fede. Da oltre 3000 anni questa festa è celebrata da più di 300 milioni di persone in tutto il mondo, ed è stata dichiarata Giornata Internazionale dall’Assemblea delle Nazioni Unite in quanto parte dell’intangibile patrimonio culturale dell’umanità riconosciuto dall’UNESCO. Per i bahá’í il Naw Rúz ha un profondo significato simbolico: così come a partire dall’equinozio i raggi del sole scaldano con più intensità la terra risvegliando la natura dal torpore invernale, allo stesso modo, grazie agli insegnamenti di un nuovo Educatore divino, Bahá’u’lláh, l’umanità si avvia verso una primavera spirituale, un’epoca di fioritura della civiltà e di progresso in cui tutta l’umanità vivrà fianco a fianco nella pace e nell’unità, dando vita a una civiltà prospera materialmente e spiritualmente.

Domenica 29 marzo 2020. Il gruppo interreligioso ‘Spirito di Assisi’ del Centro studi francescani per il dialogo interreligioso e le culture (CSFDIC) ha organizzato un incontro via Skype, per confrontarsi fraternamente, a livello personale e secondo la propria tradizione religiosa o di spiritualità, su come si sta vivendo questo periodo di isolamento a causa della pandemia. All’incontro hanno partecipato: Angela Furcas e Silvio Cossa di fede Bahai’, Maryam Rosanna Sirignano della Confederazione islamica della Campania, Luciano Tagliacozzo della Comunità ebraica di Napoli, Amedeo Imbimbo del Buddhismo tibetano (comunità Sangha Rimé), Luigi Vitiello del Buddhismo tibetano (comunità Dzogen), Maria Laura Chiacchio dell’Istituto Buddhista Soka Gakkai, Don Edoardo Scognamiglio, direttore del CSFDIC, Michele Schioppa e Vincenza Moniello (CSFDIC), Lucia Antinucci (CSFDIC) coordinatrice del gruppo ‘Spirito di Assisi’ e moderatrice. Dai vari interventi è emersa la convergenza della pluralità nell’unità. Nonostante la diversità delle esperienze umane, religiose e spirituali, è stata evidenziata la necessità della solidarietà universale per affrontare il dramma mondiale, dell’amore concreto compassionevole, testimoniando anche la fiducia e la speranza che proviene dal proprio percorso spirituale. Il gruppo si è dato appuntamento su Skype per domenica 26 aprile alle ore 17,00 sul tema previsto in base alla programmazione: ‘I giovani e la spiritualità secondo le varie religioni’.

2 aprile 2020. Per il venticinquesimo anno il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso ha inviato un Messaggio a tutte le comunità buddiste del mondo per la festa di Vesakh/Hanamatsuri, detta anche festa della luce,  per il venticinquesimo anno. In tale Messaggio è centrale il richiamo alla collaborazione a favore dell’umanità e della casa comune ed ha lo scopo di “rinnovare il legame di amicizia”. L’esortazione centrale è quella di “promuovere una cultura di compassione e fraternità per alleviare le sofferenze dell’umanità e dell’ambiente”, collaborando per sradicare i mali sociali. In tale Messaggio lo sguardo è rivolto pure a coloro che sono colpiti dalla pandemia di coronavirus e a quelli che li assistono, incoraggiando a vivere questo momento difficile con speranza. Il Vesakh – si sottolinea nel Messaggio – è la festività più importante per i buddisti, che commemora i principali avvenimenti della vita di Buddha ed è celebrata in date diverse nel 2020 nei vari Paesi di cultura buddista, secondo le differenti tradizioni, anche se per la maggior parte di tali Paesi il 6 maggio. Il Messaggio richiama il Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune e le parole di Papa Francesco durante l’incontro con il Patriarca Supremo dei buddisti in Thailandia, nel novembre scorso, con l’esortazione a crescere in uno stile di buona “vicinanza […], capaci di generare e incrementare iniziative concrete sulla via della fraternità” e riguardo alla casa comune nell’interdipendenza, sostenendo gli “amici cristiani” nella promozione della fraternità. “Come noi, buddisti e cristiani, apprendiamo gli uni dagli altri come diventare ogni giorno più attenti e compassionevoli – si legge nel Messaggio – così possiamo continuare a cercare modalità di collaborazione per far sì che la nostra relazionalità divenga fonte di benedizione per tutti gli esseri senzienti e per il pianeta, che è la nostra casa comune”. Nel Messaggio viene evidenziato pure che occorre promuovere un’educazione al dialogo costruttivo.

5 aprile 2020. Una comunità delle religioni rivelate al servizio dell’umanità: è quanto ha proposto al Papa in una missiva, di cui riferisce l’agenzia Fides, il Rettore dell’Università internazionale Al Mustafa di Qom, a nome del Seminario dell’Iran che dirige e dell’ampia comunità accademica sciita. Nel testo anche la realtà dell’Iran in tempo di pandemia e la risposta unita di governo e leader religiosi. Ha scritto a nome di un’ampia comunità accademica sciita, l’Ayatollah iraniano Alireza Arafi, Rettore dell’Università di Qom, per ringraziare il Papa della sollecitudine mostrata per i bisognosi in tempo di emergenza sanitaria mondiale e per proporre di “intensificare” la collaborazione e lo scambio di esperienze con le istituzioni cattoliche per “creare una comunità delle religioni celesti al servizio dell’umanità”. La lettera – pervenuta a Fides – rimarca la “sventura” della diffusione del coronavirus e le sofferenze generate nel mondo che hanno sconvolto anche studiosi e leader religiosi i quali non mancano, a Qom e in tutto l’Iran, di invocare la misericordia di Dio “per chi ha perso la propria vita e la guarigione per chi è ammalato”. “Secondo la logica delle religioni rivelate”, si legge nel testo, “i disastri naturali sono fenomeni di allarme che mettono alla prova l’umanità”, richiamano ad un approfondimento della “propria origine” e “alla possibilità di risorgere” in cui può emergere anche un fecondo spirito di empatia e dedizione. “Un approccio corretto – ha spiegato l’Ayatollah iraniano – deve evitare contrapposizioni menzognere tra scienza e religione, e deve infondere, anche nei gruppi dirigenti, la sollecitudine a favorire la coesione sociale”. Il ruolo dei capi religiosi e teologi – ha sottolineato l’alto esponente sciita –  in simili circostanze è, tra l’altro ,quello di “rafforzare le fondamenta della propria fede , proteggere la società, promuovere la preghiera e le suppliche alla presenza di Dio”, per affrontare insieme altre emergenze contemporanee tra cui cita, “sanzioni disumane, crisi ambientali, guerra, terrorismo, e produzione di strumenti di distruzione di massa”. Infine, in un Paese che è tra i più colpiti dalla pandemia, per numero di vittime, l’Ayatollah Alireza Arafi non ha mancato di rilevare quante manifestazioni di solidarietà e di volontariato si sono sviluppate, mettendo insieme istituzioni governative e gruppi religiosi e quanto impegno ci sia stato da parte di infermieri, dottori, studenti, élite accademiche e tanti giovani, “sotto la guida dei leader supremi della Rivoluzione Islamica”. L’ultima parola infine è una disponibilità accademica a intensificare lo scambio scientifico, culturale e le esperienze di reciproco sostegno, aprendo un nuovo capitolo di collaborazione “in special mondo le istituzioni cattoliche”, in modo da formare una “comunità delle religioni rivelate al servizio dell’umanità”. La teologa Shahrzad Houshmand Zadeh, teologa musulmana, docente alla Sapienza di Roma, ha commentato la lettera dell’Ayatollah iraniano Alireza Arafi al Papa e ha rilanciato la necessità di creare un’alleanza tra fedi contro il grande nemico comune della pandemia ma anche contro le gravi emergenze contemporanee come guerre, terrorismo e armi nucleari. Francesco – ella ha detto – è un esempio anche per i musulmani.

6 aprile 2020. In occasione di Pesach, la Pasqua ebraica, c’è stato uno scambio di auguri tra il Papa e il Rabbino Capo di Roma, Rav Riccardo Di Segni. Il Papa ha espresso gli auguri a tutta la Comunità ebraica di Roma con queste parole: “L’Onnipotente che ha liberato il suo amato popolo dalla schiavitù e lo ha condotto alla Terra Promessa, vi accompagni anche oggi con l’abbondanza delle sue benedizioni”. Rav Di Segni ha ricambiato gli auguri, sottolineando che “quest’anno è una Pasqua speciale in cui la normale esistenza è stata stravolta dall’epidemia in corso che crea lutti, timori, disastri economici e sociali”. Il Rabbino capo ha assicurato che “siamo tutti impegnati ad aiutare, confortare, sollecitare un esame di coscienza, chiedendo aiuto al nostro Creatore”. Egli ha fatto notare che proprio in questi momenti “misuriamo in concreto i valori comuni delle nostre fedi e la necessità di lavorare insieme per il bene collettivo”. Rav Di Segni ha concluso il suo messaggio augurando “che sia malgrado tutto una Pasqua serena, portatrice di rinnovamento e di annuncio di un mondo migliore”.

8 aprile 2020. Per il quotidiano ‘Osservatore romano’, Abraham Skorka ha espresso una riflessione sulla Pasqua in situazione di pandemia: “ Negli ultimi mesi, una semplice mutazione genetica in un virus ha causato una crisi globale. È stato necessario modificare i progetti quotidiani, le opzioni che la vita postmoderna è solita offrire sono state drasticamente ridotte e molti sono rimasti scossi dal fatto di non avere più il controllo sulla propria vita. Oltre a coloro che soffrono gravemente a causa del covid-19, sono in tanti a cadere attraverso le maglie di reti di sicurezza sociale inadeguate. Si moltiplicano gli appelli alla solidarietà con chi soffre, ricordandoci di stare uniti nella nostra comune umanità di fronte a una minaccia che non fa distinzione tra popoli, nazioni o gruppi socio-economici. L’umanità è sfidata a mettere da parte l’avidità e l’egoismo a favore del più grande bene comune. Per ebrei e cristiani – ha sottolineato A. Skorka – tale concetto è particolarmente importante in questo periodo dell’anno. Sia Pesach sia Pasqua ci rimandano ai racconti biblici, nel libro dell’Esodo, sulla schiavitù degli antichi ebrei in Egitto e la loro redenzione da parte di Dio. Questi racconti mostrano il Creatore come giudice sulle divinità pagane (Esodo 12, 12; Numeri 33, 4), sugli idoli sui quali si fondava il potere dispotico del faraone. Sembra che oggi l’idolo di pensare che siamo responsabili di tutto o che, se abbiamo un qualche problema, lo si può facilmente risolvere, stia crollando. La Bibbia prescrive al popolo d’Israele di fare una cena familiare rituale la sera in cui inizia Pesach. Il suo fine è di far rivivere alle successive generazioni i sentimenti degli antichi ebrei che si preparavano a intraprendere il cammino della libertà dall’oppressione. I genitori devono raccontare ai propri figli, seduti attorno al tavolo, la storia dell’Esodo, traendovene le implicazioni per il presente. Gli ebrei guardano anche avanti, al tempo futuro, quando il mondo stesso sarà trasformato secondo la volontà di Dio. Alla cena di Pesach (Seder) viene preparata una coppa speciale per il profeta Elia, annunciatore del Messia e della vita trasformata dei tempi messianici. I saggi rabbinici intesero i quattro versetti biblici che prescrivono questo compito educativo (Esodo 12, 26; 13, 8; 13, 14; Deuteronomio 6, 20) come riferiti a quattro tipi di persone: i saggi, gli indegni, i semplici e coloro che non sanno come porre domande. Essi conclusero che gli insegnamenti relativi all’Esodo dovevano essere adattati a ognuna di queste categorie. Tutte le diverse personalità devono sentire l’impatto del messaggio di dignità e speranza che è necessario per liberare uno spirito ridotto in schiavitù. Un tale spirito è richiesto oggi a tante persone e tanti governanti in tutto il mondo — qualunque sia la loro personalità individuale — al fine di correggere quei fattori sistemici che hanno consentito all’epidemia di diventare una pandemia, che è dilagata lasciando migliaia di morti. Gesù, naturalmente, viene ricordato dai cristiani per avere istituito l’Eucaristia – ha continuato Skorka – più o meno nel periodo della cena rituale della Pasqua ebraica. Secondo le usanze ebraiche, lui e i suoi discepoli probabilmente avevano discusso delle azioni di Dio per Israele, come anche di questioni di sofferenza presente e di redenzione vicina. In tutti e quattro i Vangeli Gesù parla della sua imminente morte come collegata al Regno di Dio di liberazione e vita (Matteo 26, 26-29; Marco 14, 22-25; Luca 22, 14-20; Giovanni 13, 1-18,1; cfr. 6, 35 e seg.). Nella tradizione cristiana, dunque, Pasqua è un tempo di dolore, speranza e gioia. La crocifissione di Gesù è avvenuta durante la celebrazione di Pesach nella Giudea dominata dai romani. La convinzione che Dio lo aveva fatto rinascere a nuova vita si sviluppò tra alcuni ebrei che lo seguivano. Queste origini forgiarono poi la successiva interpretazione cristiana dei temi biblici dell’oppressione e della redenzione. Dunque, il dolore e la speranza e la nuova vita fanno parte delle pratiche sia degli ebrei sia dei cristiani in questo tempo dell’anno. Entrambi ricordano, durante le loro celebrazioni, i tempi messianici del futuro. Gli ebrei attendono un mondo di pace e di libertà dalla paura e poi la risurrezione dei morti (principi della fede nn. 12 e 13 di Maimonide). I cristiani, che considerano Gesù «primizia di coloro che sono morti» (1 Corinzi 15, 20), si aspettano che alla fine dei tempi la morte sarà vinta per tutti. A unire ebrei e cristiani non è solo il dolore, ma anche la speranza. Dobbiamo ricordarlo quando celebreremo la nostra rispettiva festività in questi tempi tormentati dal coronavirus. Diversamente dagli altri anni, nel 2020 molte famiglie non potranno stare insieme. Molti edifici di culto saranno chiusi e non si terranno liturgie comuni. Le nostre pratiche, quest’anno, dovranno includere la riflessione sull’impossibilità di stare con la famiglia e gli amici, di abbracciarli, sul dover rimanere a distanza. Migliaia di persone in questo momento stanno piangendo per i loro cari colpiti o uccisi dal virus. In questo tempo difficile, cerchiamo di essere rinfrancati dai messaggi di speranza che Pesach e Pasqua offrono, nei loro modi diversi, ma risonanti, a ebrei e cristiani”. A. Skorka ha concluso la sua riflessione ebraico-cristiana citando “Rabbi Akiva, il più grande tra i saggi talmudici, [che] dinanzi a ogni sventura diceva: tutto ciò che fa il Misericordioso è a fin di bene (b. Berachot 60b). La sventura non deve sconfiggerci. Anche nella calamità dobbiamo compiere azioni positive e non permettere di lasciarci sopraffare. ‘Sia su di noi la bontà del Signore, nostro Dio: rafforza per noi l’opera delle nostre mani» (Salmi 90, 17) mentre quest’anno celebriamo Pesach e Pasqua’”.

13-16 aprile 2020. In Myanmar quest’anno la Pasqua cristiana è coincisa con il Capodanno buddista, il  Thingyan, ma i fedeli delle due comunità religiose non hanno potuto celebrare le festività con i consueti riti e assemblee a causa del lockdown per il Covid-19, con il confinamento preventivo, che per due settimane ha vietato qualsiasi spostamento o attività pubblica, con piccolissime variazioni tra i vari Stati. Il ‘Festival del nuovo anno’ o ‘Festival dell’acqua’ per l’usanza di spruzzarsi vicendevolmente, è tradizionalmente un’occasione per visitare parenti e amici ma anche per pregare nei luoghi classici della spiritualità buddista. Il Thingyan (in sanscrito saṁkranti o transito) inizia con una giornata dedicata all’uposatha (osservanza), un moto dello spirito volto alla “purificazione della mente contaminata”. Il Capodanno buddhista prevede poi anche con un lungo periodo di vacanza per chi lavora e per chi studia. E’ dunque un’occasione di festa anche per le tante minoranze non buddiste del Myanmar che vi partecipano volentieri, all’insegna di piacevoli secchiate d’acqua purificatrici. A causa della pandemia tutto ciò non ha potuto aver luogo. A Bagan, il centro religioso buddista più importante del Myanmar, sono stati chiusi al pubblico gli oltre duemila monumenti religiosi buddisti (le pagode).

10 aprile 2020. P. Rafic Greiche, presidente del Comitato dei media del Consiglio delle Chiese d’Egitto, per Asia News ha raccontato che  nella pandemia gli abitanti hanno riscoperto il valore della vicinanza e della solidarietà. L’emergenza coronavirus in Egitto “sta avvicinando sempre più cristiani e musulmani”, che si riscoprono “più uniti contro questo virus. I vicini si cercano, le famiglie si telefonano e si domandano come stanno […] I giovani cristiani e musulmani – ha proseguito il sacerdote – portano medicine agli anziani, visitano le case delle famiglie bisognose per portare un aiuto”. I fedeli delle diverse confessioni “hanno rafforzato la socialità e stretto nuove relazioni”, realizzando una rinnovata unità che abbraccia i musulmani, superando le violenze del passato, essenziale per contrastare il virus.

12 aprile 2020. Durante la Pasqua ortodossa in Bosnia – Erzegovina c’è stato un gesto molto significativo da parte dei musulmani . Grazie alla comunità musulmana di Prozor Rama (Bosnia-Erzegonvina), i cattolici del villaggio di Trišć hanno potuto partecipare (seppure virtualmente) alla Messa di Pasqua. A causa di un incendio divampato nella zona, i fedeli della parrocchia locale sono stati costretti ad abbandonare le proprie case per domare le fiamme che stavano minacciando l’intera area. I vicini musulmano hanno detto loro: “Andate pure a celebrare la Pasqua. Al fuoco penseremo noi”. Padre Branko Jurić, sacerdote della diocesi di Sarajevo ha detto in merito: “E’ stato un piccolo gesto, ma ricco di significati. Ci ricorda che tutti siamo figli di Dio ed è importante che ciascuno rispetti la confessione dell’altro. […] La Bosnia-Erzegovina si è distinta in questi anni per il dialogo e per la pacifica convivenza tra persone di cultura e fede diverse. Da quando è scoppiata la pandemia  questo legame si è ancora di più solidificato. Attraverso testimonianze come queste si costruisce la pace e l’episodio di Pasqua non è isolato”. L’imam locale, infatti, per anni ha accompagnato alla Messa della domenica i fedeli più anziani. “Li vedeva ogni settimana fare l’autostop per raggiungere Gračac dove ad attenderli c’era un sacerdote francescano per la liturgia. Memore di quando anche lui era senza mezzi ed era costretto a percorrere chilometri a piedi per raggiungere il punto di preghiera, ha deciso di dargli un passaggio. Una, due, tre volte, fino a quando ha lasciato il suo numero di telefono per fissare un appuntamento domenicale per l’andata e il ritorno. La bontà non conosce barriere”, ha concluso Padre Juric.  

13 aprile 2020. Sette confessioni religiose per la prima volta si sono riunite nella grande, e vuota, piazza dei Martiri a Carpi, in occasione dell’incontro interreligioso e interculturale, organizzato dalla Diocesi di Carpi e dall’ Amministrazione comunale. E’ stato “un momento di raccoglimento in memoria delle vittime del coronavirus, e al tempo stesso una preghiera per i malati e per chiedere coraggio e forza nella lotta contro la pandemia e la cessazione della stessa”. Monsignor Ermenegildo Manicardi, vicario generale  della diocesi di Carpi, ha affermato che è stata scelta come data per l’evento il lunedì in albis, che ricorda l’Angelo che ha annunciato la risurrezione di Gesù, fonte di speranza. Mons. Manicardi ha dato lettura del Salmo 22, letto poi in lingua ebraica dal rabbino di Modena e Reggio Emilia, Rav Beniamino Goldstein. Successivamente sono intervenuti i rappresentanti della Chiesa ortodossa moldava, della Chiesa ortodossa autocefala della Romania, dell’associazione dei Cristiani evangelici cinesi di Carpi, dell’associazione delle Comunità musulmane di via Unione Sovietica e della comunità Sikh, che si sono espressi nella loro lingua originaria e molti anche in italiano.

16 aprile 2020. In Pakistan, a Karachi c’è stata collaborazione tra musulmani e cristiani per aiutare i bisognosi. Padre Saleh Diego, vicario generale dell’arcidiocesi di Karachi ha concesso il permesso, a nome del cardinale Joseph Coutts, al Jafaria Disaster Management Cell (JDC), ente di beneficenza musulmano, di istituire un campo per la raccolta e la distribuzione di cibo nel complesso della cattedrale di San Patrizio, durante la pandemia di coronavirus. Padre Diego ha consentito all’organizzazione no-profit musulmana di venire ad allestire il campo nell’area della cattedrale e di lavorare insieme per distribuire cibo alle persone bisognose. Il sacerdote si è detto impressionato per il numero di volontari cristiani che hanno aderito alle operazioni di soccorso fornite senza alcuna discriminazione religiosa. Il responsabile della JDC, Zafar Abbas, a sua volta, ha ringraziato il cardinale Coutts e la Chiesa cattolica per il sostegno dimostrato nell’allestimento del campo e per questo grande esempio di armonia interreligiosa, ricordando come il porporato sia sempre stato presente nella loro comunità con l’invio di doni e di generi alimentari durante il mese santo del Ramadan.

18 aprile 2020. Il monaco buddista Ashin Nyanissara, noto come Sitagu Sayadaw, una delle personalità religiose più influenti del Myanmar, ha donato 10mila dollari al Fondo di emergenza istituito il 6 aprile da Papa Francesco per accompagnare le comunità colpite dal Covid-19 nei Paesi di missione, attraverso le strutture della Chiesa. Il monaco – ha riportato l’agenzia Ucanews – ha consegnato la somma all’arcivescovo di Mandalay, monsignor Marco Tin Win, al quale ha offerto anche sacchi di riso, fagioli e altro cibo per le necessità dell’arcidiocesi durante l’emergenza, a cui si aggiungono i 750mila dollari già stanziati da Papa Francesco, come contributo iniziale al Fondo al quale sono state invitate a contribuire le Chiese locali. “Il gesto – ha spiegato il monaco Sitagu Sayadaw – vuole essere un segno della compassione comune a tutte le religioni”. L’arcivescovo Tin Win ha detto che “dobbiamo lavorare insieme contro il Covid-19 e portare avanti le nostre opere di carità attraverso la solidarietà”. L’arcivescovo è legato al leader religioso buddista da un rapporto di amicizia; si è detto “colpito” da questo “atto di buona volontà e solidarietà verso le persone più bisognose nella crisi. Il suo contributo è un messaggio di armonia interreligiosa a tutto il Paese”, ha sottolineato il presule. Il monaco Sitagu Sayadaw ha stretto rapporti anche con il cardinale Charles Bo, arcivescovo di Yangon e presidente della Conferenza episcopale birmana, con il quale è attivamente impegnato nella promozione del dialogo interreligioso in questo Paese in netta maggioranza buddista. Fondatore e presidente della ‘Sitagu Buddhist Academies’, un’organizzazione che finanzia diversi progetti sociali in Myanmar, il leader religioso buddista partecipa a diversi Consigli per il dialogo interreligioso. Nel 2017 ha incontrato Papa Francesco durante il suo Viaggio apostolico in Myanmar e nel 2011 è stato ricevuto in udienza da Papa Benedetto XVI. La sua donazione al Fondo speciale di Papa Francesco per l’emergenza Covid-19 è avvenuta in pieno Capodanno buddista.

20 aprile 2020. Festività del Ridvan della fede Baha’i che celebra l’anniversario della Dichiarazione della missione di Bahá’u’lláh (La Gloria di Dio) fondatore della Religione Bahá’í, il quale affermò nel giardino di Ridvan (in persiano, Paradiso) di essere “Colui che Dio renderà manifesto” e portatore di un progetto divino per l’unità dei popoli e delle religioni.

21 aprile 2020. Yom HaShoah v’HaGevurah (Giorno della Catastrofe e dell’Eroismo), che ricorda l’insurrezione del Ghetto di Varsavia il 19 aprile di 77 anni fa, il 27esimo giorno di Nissan, nel calendario ebraico. Si tiene ogni anno in ricordo dei 6 milioni di ebrei che furono uccisi durante l’Olocausto dai nazisti. La ricorrenza è stata celebrata quest’anno (5780 del calendario ebraico), martedì 21 aprile 2020 senza funzioni nel  Tempio. Yom HaShoah in Israele è particolare. La giornata inizia in modo straziante. Di mattina una sirena percorre tutto il paese e per due minuti tutto si ferma. Autobus,macchine, chi cammina si ferma di colpo. Immobili, quasi sull’attenti, ognuno ricorda il passato con la sua immensa tragedia. Tutto il giorno è dedicato alla memoria di chi è scomparso nella Shoah. Nomi dei defunti vengono pronunciati uno dopo l’altro dai discendenti dei sopravvissuti nelle scuole, nei musei, nei luoghi pubblici. Israele ricorda e piange. Si tratta di ricordare perchè non accada mai più. A causa dell’emergenza sanitaria tutte le comunità ebraiche del mondo, come pure anche quella di Napoli, hanno celebrato l’evento in videoconferenza, ascoltando riflessioni e testimonianze varie.  L’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane ha ricordato l’evento con una speciale programmazione sul proprio canale Facebook, realizzata in collaborazione con l’ambasciata di Polonia a Roma, in memoria dell’insurrezione armata, paradigma universale di libertà. La Memoria di una resistenza è avvenuta anche attraverso le parole di Emanuel Ringelblum. A interrogarsi sul valore e sul significato di questa esperienza sono state la Presidente UCEI, Noemi Di Segni, e l’ambasciatrice polacca Anna Maria Anders, con il contributo degli storici Andrea Bienati e Dario Teitelbaum, del giornalista Wlodek Goldkorn e dell’attore Olek Mincer. Per la Presidente Di Segni, i punti di partenza sono “Memoria e verità”, anche e soprattutto sul piano educativo, rafforzando senso di consapevolezza e contribuendo a fare dell’Europa unita nata anche sulle ceneri della Shoah un’entità “basata non solo sulla finanza, ma anche sulla ricerca di solidarietà”. Fondamentale in questo ambito, ha detto Di Segni, il contributo della stessa Polonia. Una terra che la Presidente dell’Unione ha definito “faticosa”, ma che anche per via del suo drammatico passato è chiamata ad essere protagonista. L’ambasciatrice, che è figlia del comandante Władysław Anders che fu a capo delle forze polacche inquadrate nell’esercito alleato, ha parlato della rivolta come di “un simbolo”. Di una lezione che può aiutarci a “costruire un futuro positivo”. Nel suo intervento un ricordo del padre, della battaglia di Montecassino che vide molti soldati ebrei combattere al suo fianco, del contributo che quegli uomini diedero alla liberazione del Paese dal nazifascismo. Vicende importanti da conoscere e ancora poco approfondite. Senza però dimenticare, ha concluso Di Segni, i molti vuoti di Memoria di cui soffrono entrambi i Paesi quando guardano alle proprie responsabilità storiche.

22 aprile 2020. In Israele preghiera comunitaria con i leader delle diverse religioni. Ci sono stati rappresentanti ebrei, cristiani, musulmani e drusi e l’evento è stato trasmesso via streaming in internet per consentire ai fedeli di parteciparvi, nonostante le restrizioni imposte dalla quarantena. Così hanno pregato i vari rappresentanti: “Centinaia di migliaia di morti, milioni di ammalati. Salvaci, ti imploriamo, o Signore […]. Che Dio guarisca gli ammalati e scongiuri la peste dal suo mondo “. I rappresentanti religiosi poi hanno recitato insieme il Salmo 121, con il quale i pellegrini di Gerusalemme si sono posti sotto la protezione di Dio e hanno chiesto la sua benedizione. In Israele questo Salmo si prega anche nel giorno della commemorazione dei soldati israeliani caduti vittima del terrorismo. “Il coronavirus non conosce confini tra religioni, razze o partiti politici – ha detto l’arcivescovo Pierbattista Pizzaballa, amministratore apostolico del Patriarcato Latino di Gerusalemme – siamo uniti nella malattia, e questo ha distrutto molti confini e pregiudizi tra di noi”. Il presule ha poi espresso la speranza che questa unità possa continuare anche dopo la fine della crisi del Coronavirus. L’incontro di preghiera è stato definito storico dal rabbino britannico David Rosen, impegnato nel dialogo interreligioso: “I leader religiosi di questo Paese si sono riuniti per la prima volta per pregare insieme, invocare la grazia divina e la compassione del Signore nel momento in cui l’umanità intera è sfidata da una pandemia”, ha detto, parlando del momento come “meraviglioso e triste” insieme. “Anche coloro che di solito non sono così aperti al dialogo interreligioso si sono riuniti per la preghiera – è la sua testimonianza – anche se sono stati tragedie, dolore e sofferenza a unirci al di là delle differenze”. La preghiera interreligiosa dal vivo è stata un’iniziativa di varie autorità e organizzazioni, tra cui il Gran Rabbinato Israeliano e il Consiglio mondiale dei leader religiosi. Oltre all’arcivescovo Pizzaballa, amministratore apostolico del Patriarcato Latino di Gerusalemme, ai rabbini capi sefarditi e askenaziti Jitzchak Josef e David Lau, hanno partecipato alla preghiera anche il patriarca greco-ortodosso Teofilo III e rappresentanti di alto rango musulmani e drusi.

22 Aprile 2020. Messaggio del Dalai Lama richiesto dal Global Water 2020): “In questo 50° anniversario della Giornata della Terra, il nostro pianeta si trova ad affrontare una delle più grandi sfide per la salute e il benessere della sua gente. Eppure, nel mezzo di questa lotta, ci viene ricordato il valore della compassione e del sostegno reciproco. L’attuale pandemia globale ci minaccia tutti, senza distinzioni di razza, cultura o genere, e la nostra risposta deve essere come un’unica umanità, provvedendo ai bisogni più essenziali di tutti. Che ci piaccia o no, siamo nati su questa terra come parte di una grande famiglia. Ricchi o poveri, istruiti o non istruiti, appartenenti a una nazione o a un’altra, in definitiva ognuno di noi è solo un essere umano come tutti gli altri. Inoltre, abbiamo tutti – ha sottolineato il Dalai Lama – lo stesso diritto di perseguire la felicità e di evitare la sofferenza. Quando riconosciamo che tutti gli esseri sono uguali sotto questo aspetto, proviamo automaticamente empatia e vicinanza verso gli altri. Ne deriva un autentico senso di responsabilità universale: il desiderio di aiutare attivamente gli altri a superare i loro problemi. La nostra madre Terra ci sta insegnando una lezione di responsabilità universale. Questo pianeta blu è un habitat delizioso. La sua vita è la nostra vita; il suo futuro, il nostro futuro. In effetti, la terra si comporta come una madre per tutti noi; come suoi figli, dipendiamo da lei. Di fronte ai problemi globali che stiamo attraversando è importante che tutti noi lavoriamo insieme. Ho capito l’importanza della preoccupazione per l’ambiente solo dopo la fuga dal Tibet nel 1959, dove abbiamo sempre considerato l’ambiente come puro. Ogni volta che vedevamo un corso d’acqua, per esempio, non c’era da preoccuparsi se fosse sicuro da bere. Purtroppo, la semplice disponibilità di acqua potabile pulita è oggi un grosso problema in tutto il mondo. Dobbiamo garantire che i malati e i valorosi fornitori di assistenza sanitaria di tutto il mondo abbiano accesso alle necessità fondamentali di acqua pulita e a servizi igienici adeguati per prevenire la diffusione incontrollata delle malattie. L’igiene è una delle basi di un’assistenza sanitaria efficace. L’accesso sostenibile a strutture sanitarie adeguatamente attrezzate e dotate di personale sanitario ci aiuterà ad affrontare le sfide dell’attuale pandemia che devasta il nostro pianeta. Offrirà anche una delle più forti difese contro le future crisi sanitarie pubbliche. Mi rendo conto che questi sono proprio gli obiettivi stabiliti negli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite che affrontano le sfide per la salute globale. Mentre affrontiamo – ha concluso il Dalai Lama – insieme questa crisi, è imperativo che agiamo in uno spirito di solidarietà e cooperazione per rispondere ai bisogni urgenti, in particolare dei nostri fratelli e sorelle meno fortunati in tutto il mondo. Spero e prego che nei giorni a venire ognuno di noi faccia tutto il possibile per creare un mondo più felice e più sano”. 

23 aprile 2020. Al Campo della Gloria del Cimitero maggiore di Milano, l’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, e il presidente della Comunità ebraica di Milano, Milo Hasbani, hanno commemorato i caduti della guerra di Liberazione, alla presenza del presidente del Comitato provinciale dell’ANPI, Roberto Cenati, e della vicesindaco del Comune di Milano, Anna Scavuzzo. In un videomessaggio Myriam Rebhun Gaudino della Comunità ebraica di Napoli, ha ricordato il contributo offerto dalla Brigata ebraica, di cui fece parte anche suo padre, alla liberazione d’Italia.

23 aprile 2020. Il Consiglio interreligioso sociale venezuelano, che ha tenuto alcuni incontri preparatori dal novembre 2019, per  rafforzare la capacità di integrazione e lo sforzo collettivo tra i diversi settori del Paese, nell’ottica del bene comune, ha presentato ufficialmente il suo programma. Si tratta di un’organizzazione composta da rappresentanti cattolici, evangelici, anglicani, avventisti, comunità ebraica e organizzazioni sociali come l’Unione confederale delle Chiese cristiane (Unicristiana) e il Consiglio delle Chiese storiche di Caracas. La Conferenza episcopale venezuelana in una Nota ha evidenziato che il Consiglio interreligioso sociale venezuelano funzionerà come una struttura di riflessione e azione basata sulla pluralità, per cercare un consenso che aiuti a mitigare i problemi che la società venezuelana sta vivendo e che colpiscono le famiglie e le comunità, a partire dall’indebolimento delle istituzioni democratiche. Pertanto, il Consiglio “cercherà soluzioni – si legge nella Nota – che contribuiscano al bene e alla pace. Lavoreranno anche per il bene della famiglia venezuelana, per  praticare giustizia sociale, equità, rispetto reciproco, tolleranza e rispetto delle libertà”. Di fronte all’emergenza causata dal Covid-19 e alla massiccia migrazione di cittadini venezuelani, il Consiglio si adopererà nella vicinanza alle persone interessate e nella ricerca di soluzioni ampie. L’organismo opererà sotto il coordinamento del segretario generale della Conferenza episcopale venezuelana, mons. José Trinidad Fernández, e del vicario generale della Chiesa anglicana, padre José Francisco Salazar.

23 aprile 2020. Un incontro interreligioso per prendere misure condivise e congiunte di fronte all’emergenza coronavirus, si è svolto a Santiago del Cile, al Palazzo della Moneda, sede della Presidenza della Repubblica, ed è stato presieduto dal ministro Felipe Ward, segretario generale della Presidenza della Repubblica. Vi hanno preso parte rappresentanti della Chiesa cattolica, degli evangelici, degli avventisti, della Chiesa di Gesù Cristo e dei santi degli ultimi giorni, della Comunità ebraica, della Comunità islamica e del bahaismo. Per la Chiesa cattolica, erano presenti mons. Celestino Aós, arcivescovo di Santiago, e mons. Juan Ignacio González, vescovo di San Bernardo. Dopo aver terminato l’incontro, il ministro Ward ha sottolineato l’importanza di questo tavolo: “Abbiamo ricevuto il contributo delle massime autorità religiose. C’è un appello all’unità, una richiesta permanente di avere spazi per il dialogo. C’è anche il supporto per le misure che vengono adottate dall’Esecutivo, comprendendo che è necessaria la piena trasversalità e comprendendo che siamo tutti uniti nella stessa causa, nel mezzo di questa crisi sanitaria”. Da parte dei presenti è stato manifestato consenso per una Giornata di preghiera interreligiosa e riflessione per il Cile, che sarà presto messa in agenda. Come riportato dal sito della Conferenza episcopale cilena, mons. González ha espresso il suo accordo con l’iniziativa del Governo: “L’elemento spirituale, proprio della libertà religiosa della persona umana, è presente anche in questo momento di tragica pandemia che sta vivendo il Paese. Pertanto, il fatto di essere convocati e che questo tavolo si sia formato è anche motivo di molta gioia e ci fa avere un sentimento comune con le autorità, perché il lavoro che facciamo come Chiesa cattolica e delle altre confessioni religiose è proprio quello di essere vicini al popolo che soffre”. Egli ha così concluso: “Abbiamo rispettato e abbiamo promesso di rispettare, come abbiamo già fatto, tutte le indicazioni dell’autorità sanitaria”.

24 aprile 2020. Ha avuto inizio per i musulmani il mese del Ramadan con Moschee vuote e niente iftar collettivo, il pasto che mette fine al digiuno, a causa del lockdown. Il presidente di una delle comunità islamica di Napoli, il giordano Amar Abdallah, ha evidenziato che si tratta di un Ramadan particolare,  “a cui non siamo abituati. Durante questo periodo siamo abituati a frequentare le moschee e a svolgere l’iftar insieme, ma quest’anno non sarà così e obbediremo alla legge italiana”. Yahya Pallavicini, presidente della COREIS (Comunità religiosa islamica italiana) e imam della moschea Al Wahid di Milano ha confermato che  “sarà un Ramadan di isolamento. […] Restare a casa è necessario. […] Credo prevalga il senso di coscienza della salute da salvaguardare per le proprie famiglie”. Il presidente dell’Unione delle Comunità islamiche d’Italia (UCOII), Yassine Lafram, ha rivolto l’appello a restare vigili e fermi nel rispetto delle regole previste per il contenimento del Coronavirus, attraverso Facebook: “La pandemia non è ancora finita, il nostro Paese sta facendo ancora questa battaglia ma solo tutti insieme, attenendoci alle indicazioni delle autorità, possiamo superare questo momento”. Lafram ha anche rassicurato sul suo stato di salute, trovandosi, per precauzione in quarantena, a causa di sintomi sospetti di Covid-19. “Lancio un appello alle comunità islamiche – egli ha continuato – in vista del mese di Ramadan. Mi raccomando: le nostre moschee, le nostre sale di preghiera, i nostri centri islamici rimangano chiusi. Tutte le nostre attività rimangono sospese. Questo sarà un Ramadan rigorosamente a casa. Quindi, niente visite ai familiari, niente visite fra amici, niente scambio di doni. Grazie per la comprensione e le vostre preghiere e andiamo avanti”. Agli inizi di marzo, in una circolare, l’UCOII aveva già chiesto la chiusura dei centri islamici in tutto il territorio nazionale, al fine di “contrastare il continuo proliferare del contagio ormai diffuso su larga scala” ed aveva indetto una raccolta fondi tra i cittadini e i fedeli per l’acquisto di materiale medico che aiuti a prevenire la diffusione del contagio, in particolar modo le mascherine. Ad oggi, ha detto il presidente Lafram, facendo il punto delle donazioni, sono stati raccolti 500mila euro e distribuite 100mila mascherine. L’UCOII conta però di arrivare ad un totale di un milione di euro a fine Ramadan “che è – ha ricordato Lafram – il mese della generosità, della solidarietà e delle donazioni”. Mons. Ambrogio Spreafico, presidente della Commissione per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della Conferenza episcopale italiana, ha inviato un messaggio ai musulmani per il Ramadan: “Cari fratelli e sorelle delle comunità musulmane, vorrei esprimervi il mio augurio e la mia vicinanza in questo mese di Ramadan, sacro alla fede islamica. In questo momento difficile, voi esprimete la sottomissione al Dio Onnipotente e Misericordioso attraverso questo tempo di digiuno e di preghiera”. Il suo Messaggio così continua: “Affidiamo al Dio Altissimo e Onnipotente i malati di questa pandemia, coloro che li assistono, gli anziani che sono i più colpiti, le famiglie in difficoltà e i poveri che ancora di più sentono la mancanza del necessario per vivere. […] Che questo Ramadan sia per le vostre comunità anche un segno di condivisione con chi soffre e non ha il necessario, perché la doverosa Zakaat al Fitr, a cui già le vostre comunità sono tenute, diventi davvero universale e quotidiana, come hanno dichiarato recentemente alcuni importanti esponenti del mondo islamico mondiale in relazione al coronavirus. Vi auguro pertanto in questo mese sacro che le vostre comunità possano sempre manifestare nel nostro Paese il desiderio di pace e l’impegno per la convivenza, contrastando ogni genere di violenza e di divisione. Ramadan karim!”. Nel suo messaggio, Mons. Spreafico ha richiamato – facendo riferimento al Documento di Abu Dabhi del 2019 – anche il principio della fratellanza umana che lega in modo particolare tutti i seguaci delle diverse fedi. “In una stagione in cui siamo tutti provati dal male che affligge il mondo a causa del Covid-19 e che ha travalicato ogni confine – si legge nel testo -, le religioni, pur nella loro diversità innegabile, possono esprimere la necessità di ritrovare quell’armonia e quel seme di pace che ci uniscono, facendoci riconoscere tutti creati da Dio, tutti appartenenti all’unica famiglia umana”. Per la comunità musulmana dello Sri Lanka, il Ramadan, è un momento per rafforzare il dialogo e la comprensione tra le diverse fedi. “Mentre il Paese e il mondo intero sono alle prese con la pandemia, la generosità deve guidare la mano di tutte le persone,” ha spiegato ad AsiaNews lo sceicco Abdulla Abdul Rahman, attivista e membro del Programma per il dialogo interreligioso di Negombo. Le autorità religiose musulmane hanno invitato tutti i fedeli a rispettare il divieto e a non riunirsi in pubblico. Per lo sceicco Rahman, si può imparare molto da questo situazione di crisi: “Chi soffre, a prescindere dal suo credo religioso, deve essere aiutato. Il Ramadan ci permette di capire in quali condizioni vivono i poveri; il digiuno è uno strumento che ci avvicina a chi patisce la fame quotidianamente”. Egli ha ricordato che per il profeta Maometto, una persona non può ritenersi veramente credente se ha la pancia piena mentre il suo vicino muore di fame.

26 aprile 2020. Nonostante la situazione di emergenza, il gruppo interreligioso ‘Spirito di Assisi’ del Centro studi francescani per il dialogo interreligioso e le culture (CSFDIC) non ha cessato le sue attività, anche se in modo telematico. Lo scorso 26 aprile, infatti, si è svolto in videoconferenza l’incontro sul tema I giovani e la spiritualità. Hanno preso parte all’incontro molti rappresentanti delle principali componenti religiose del gruppo gruppo Spirito di Assisi. In particolare, erano presenti: Angela Furcas e Silvio Cossa di fede Baha’i, Amedeo Imbimbo in rappresentanza del Buddhismo tibetano Comunità Sangha Rimé, Maurizio Di Veroli della Comunità ebraica di Roma, promotore del progetto musicale interreligioso Davka, Antonio D’Urso del Movimento GIFRA (Gioventù francescana), Luigi Vitiello del Buddhismo tibetano Comunità Dzogcen, Maria Favali del Centro Baha’i nazionale e copresidente di Religion for Peace, Maryam Rosanna Sirignano della Confederazione Islamica della Campania, Luciano Tagliacozzo della Comunità Ebraica di Napoli, Luigi Di Salvia presidente nazionale di Religion for Peace, Michele Schioppa e Vincenza Moniello del CSFDIC, il teologo don Eduardo Scognamiglio direttore del CSFDIC, Michele Giustiniano responsabile della sala stampa della Pontificia facoltà teologica dell’Italia Meridionale sezione San Tommaso d’Aquino, Lucia Antinucci del CSFDIC e coordinatrice del gruppo Spirito di Assisi, che ha moderato l’incontro. Da tutti gli interventi è emersa la grande attenzione ai giovani da parte di tutte le religioni rappresentate, sia con l’attività formativa, sia per il loro coinvolgimento in modo attivo. Angela Furcas ha illustrato i progetti educativi Baha’i messi in atto per i bambini e i giovani: “E’ molto importante – ella ha affermato – che i giovani sviluppino una consapevolezza dell’Unità a tutti i livelli, che la Fede Bahá’í ha messo in evidenza, come Principio cardine della Sua Rivelazione. Maurizio Di Veroli ha presentato il progetto musicale interreligioso Davka realizzato da giovani della Comunità ebraica di Roma. Amedeo Imbimbo ha illustrato la formazione buddhista che coinvolge anche i giovani, basata sulla sinergia tra mente e cuore, all’empatia e alla collaborazione. “Se si offrono ai giovani – egli ha affermato – mezzi che li aiutano a ricongiungersi con la loro natura fondamentale, la natura di Buddha, sviluppando apertura e chiarezza nelle loro menti e la compassione nei loro cuori, le nuove generazioni verranno orientate nella direzione dell’approfondimento del senso del sacro”. Maryam Sirignano ha evidenziato i problemi dei giovani, quali la mancanza di lavoro, l’incertezza del futuro, le discriminazioni anche a carattere religioso. Un futuro migliore – ha aggiunto la giovane islamica – può venire solo dalla interazione tra giovani, adulti e anziani per abbattere le barriere, anche quelle religiose: “La spiritualità in sostanza è qualcosa di molto pratico che mira al benessere della persona. Ne abbiamo bisogno tutti, sia giovani che adulti che anziani. Collaborando, superando le barriere del linguaggio, abbandonando i pregiudizi si può sperare di costruire relazioni paritarie, armoniose basate sul dialogo. Per dialogare bisogna essere però disposti a cedere una parte di se stessi, a cambiare visuale insieme all’altro, cosa non facile, ma possibile grazie allo sforzo quotidiano”. Antonio d’Urso, giovane della parrocchia S. Antonio di Padova in Torre del Greco, ha raccontato la sua esperienza religiosa in parrocchia favorita dal servizio liturgico come ministrante e anche dal Movimento della Gioventù francescana. Luigi Vitiello ha messo in risalto il programma educativo buddhista per i bambini basato sul rispetto verso qualsiasi essere vivente, mentre per gli adolescenti mira particolarmente alla responsabilità personale. Maria Favali ha evidenziato che la formazione Baha’i per i giovani, ma anche per gli adulti, è incentrata sul servizio all’umanità, massima espressione del culto spirituale. Luigi Di Salvia ha illustrato il programma di formazione per i giovani di Religion for Peace; essi vanno affiancati per promuovere il loro protagonismo nella costruzione dell’unità delle religioni e nel superamento dei proselitismi. Luciano Tagliacozzo ha parlato della sua esperienza giovanile che l’ha portato ad abbandonare gli studi di matematica e fisica per seguire il percorso delle scienze infermieristiche come vocazione a servire coloro che soffrono. La solidarietà è una dimensione importante per la formazione dei giovani – ha sottolineato – anche per affrontare questo momento di grave emergenza mondiale. Don Eduardo Scognamiglio ha fatto riferimento a vari discorsi di Papa Francesco ai giovani e all’esortazione postsinodale Christus vivit. Si tratta – ha affermato – di ascoltare i giovani, di camminare col loro, rinnovando la nostra spiritualità e puntando all’autenticità. Michele Giustiniano ha espresso il suo compiacimento per l’iniziativa del CSFDIC, proponendo per i prossimi mesi di realizzarla in diretta streaming per consentire una fruizione più allargata. L’incontro interreligioso in videoconferenza si è concluso con un momento artistico: Maurizio Di Veroli si è esibito con un canto ispirato a un salmo. Il prossimo appuntamento interreligioso è previsto per domenica 24 maggio in videoconferenza alle ore 21 sul tema ‘La scienza e la religione’.

28 aprile 2020. Shankara Jayanti, celebrazione in onore del grande filosofo e teologo, un grande mistico e Maestro vissuto nel Medioevo indiano, Adi Shankara (788?-820?). Egli raggiunse le più alte vette del pensiero Vedanta Advaita e fu il codificatore degli ordini monastici indù (Dasanami). Durante la sua vita si dedicò anche alla redazione di commentari sulle Upaniṣad vediche, sul Brahmasūtra e sulla Bhagavadgītā. Difese la grandezza e l’importanza delle sacre scritture induiste, le Śruti, ossia la letteratura vedica, ridando nuova linfa all’induismo nel momento in cui il buddhismo e il giainismo stavano diffondendo le proprie dottrine, da lui considerate eterodosse.

28-29 aprile 2020. Yom HaZikaron è il giorno della memoria nazionale osservato in Israele per tutto il personale militare israeliano che ha perso la vita nella lotta che ha portato alla fondazione dello Stato di Israele e per coloro che sono stati successivamente uccisi mentre erano in servizio attivo nelle forze armate israeliane. Nel 1949 e 1950, i primi due anni dopo la dichiarazione dello Stato, il Giorno dell’Indipendenza si tenne il servizio commemorativo per i soldati caduti nella guerra di Palestina del 1947-1949. I servizi nei cimiteri militari furono coordinati tra l’IDF e il Ministero della Difesa. Emerse la preoccupazione, espressa da famiglie di soldati caduti, di stabilire un’osservanza del Giorno dei Caduti separata dalle celebrazioni festive dell’indipendenza nazionale. In risposta, e alla luce del dibattito pubblico sulla questione, il Primo Ministro David Ben-Gurion – che fungeva anche da Ministro della Difesa – istituì nel gennaio 1951 il “Consiglio pubblico per la commemorazione dei soldati”. Questo consiglio raccomandò di istituire il 4 di Iyyar (ottavo mese del calendario ebraico), il giorno precedente il Giorno dell’Indipendenza, come “Giornata commemorativa generale per gli eroi della guerra di indipendenza”. Questa proposta ottenne l’approvazione del governo nello stesso anno. Yom Ha’Azmaut (Giorno dell’indipendenza) è la festa dell’indipendenza Israeliana che cade il 5 di Iyar. Celebra il giorno della proclamazione dello Stato di Israele, in seguito alla Dichiarazione d’indipendenza israeliana nell’anno ebraico 5708, corrispondente al 14 maggio 1948. Fondatore dello Stato di Israele e primo ministro del paese dopo l’indipendenza fu David Ben Gurion, mentre il fondatore del movimento del sionismo, nel 1897, fu Theodor Herzl. La comunità ebraica ha celebrato tale commemorazione in videoconferenza di riflessioni, testimonianze e brani musicali.

1 maggio 2020. Messaggio del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, firmato dal cardinale Miguel Ángel Ayuso Guixot, prefetto del Dicastero vaticano per il Dialogo interreligioso e dal segretario, monsignor Indunil Kodithuwakku Janakaratne Kankanamalage, in occasione del mese del Ramadan e della festa conclusiva Id al-Fitr. In esso si legge: “Il mese di Ramadan è così centrale nella vostra religione e perciò a voi tanto caro a livello personale, familiare e sociale. È un tempo di guarigione spirituale, di crescita e di condivisione con i poveri e di rafforzamento dei legami con parenti ed amici”. Si salvaguardino “i luoghi di culto per assicurare alle future generazioni la libertà fondamentale di professare le proprie credenze. […] I luoghi di culto rivestono una grande importanza nel cristianesimo e nell’islam, come pure nelle altre religioni”. Nel contesto “dei recenti attacchi contro chiese, moschee e sinagoghe, perpetrati da persone malvage che sembrano percepire i luoghi di culto come bersaglio preferito della loro cieca e insensata violenza”, è degno di nota – si ricorda nel testo – quanto è riportato nel Documento sulla “Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune”, firmato da Papa Francesco e dal Gran Imam di Al-Azhar, il Dott. Ahmad Al-Tayyeb, ad Abu Dhabi, il 4 febbraio 2019. “La protezione dei luoghi di culto – templi, chiese e moschee – è un dovere garantito dalle religioni, dai valori umani, dalle leggi e dalle convenzioni internazionali. Ogni tentativo di attaccare i luoghi di culto o di minacciarli attraverso attentati o esplosioni o demolizioni è una deviazione dagli insegnamenti delle religioni, nonché una chiara violazione del diritto internazionale”. Cosi prosegue il Messaggio: “Per noi, vostri amici cristiani, è un tempo propizio – si legge nel documento – per consolidare le nostre relazioni con voi, mediante i saluti, gli incontri e, dove è possibile, con la condivisione di un iftar […]. Il Ramadan e ‘Id al-Fitr sono, dunque, occasioni speciali per far crescere la fraternità tra cristiani e musulmani”. Nel messaggio si esprime infine l’auspicio che “la stima vicendevole, il rispetto reciproco e la cooperazione possano rafforzare i nostri legami di sincera amicizia, e consentire alle nostre comunità di salvaguardare i luoghi di culto per assicurare alle future generazioni la libertà fondamentale di professare le proprie credenze”. Il Messaggio era stato stato preparato prima del dilagare della pandemia del Covid19, con la riflessione sul tema del rispetto e della protezione dei luoghi di culto. Il cardinale Miguel Ángel Ayuso Guixot in una Nota aggiuntiva, ha fatto poi riferimento alla situazione di emergenza sanitaria: “Pertanto desidero, in quanto Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso aggiungere l’augurio che cristiani e musulmani, uniti in spirito di fraternità, dimostrino solidarietà con l’umanità così duramente colpita, e rivolgano le loro preghiere a Dio Onnipotente e Misericordioso, affinché estenda la Sua protezione su ogni essere umano, perché possano essere superati questi momenti tanto difficili”.

di Lucia Antinucci

 

 

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