Il volume miscellaneo “Nei legami della fraternità universale. Ecumenismo – Dialogo – Libertà religiosa” (8 Colonna di fuoco. Biblioteca per un nuovo umanesimo cristiano, Edizioni Cantagalli, Siena 2019 pp. 321) a cura di Antonio Ascione ed Edoardo Scognamiglio, è stato pubblicato con il contributo del Progetto di ricerca Un ponte tra Oriente e Occidente, raccogliendo “una parte dei contributi dell’ambizioso progetto di ricerca della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale Sezione San Tommaso d’Aquino che mirava a individuare, più che a costruire un ponte tra Oriente e Occidente, ponendo attenzione al lungo cammino ecumenico che ha visto impegnati cattolici e ortodossi su più fronti” (p. 9). La Sezione San Tommaso d’Aquino in questi anni ha portato avanti scambi culturali e accademici con la Facoltà Teologica di Salonicco, con il sostegno e la sollecitudine del patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I e del cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo metropolita di Napoli e gran cancelliere della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale. La Sezione ha allargato “gli ambiti della ricerca ecumenica ai nuovi e interessanti scenari del dialogo interreligioso e del delicatissimo tema della libertà religiosa, creando un osservatorio particolare e permanente per il dialogo con l’islam” (ivi). Il progetto della Sezione San Tommaso d’Aquino si è avvalso soprattutto del lavoro di ricerca realizzato dall’Istituto di Cristologia e dal Biennio di specializzazione in Teologia dogmatica, che hanno sviluppato l’approfondimento “filosofico, teologico, letterario e spirituale che hanno permesso di creare un primo laboratorio dedicato esclusivamente al dialogo tra Fede-Ragione-Religioni e un secondo laboratorio interessato soprattutto all’ecumenismo e al dialogo interreligioso, avvicinando sempre più lo studio della Cristologia (negli ambiti biblici, storici, dogmatici e teologici) alla prassi delle Chiese e alla vita di fede dei singoli credenti” (ivi). Il progetto costituisce un efficace contributo scientifico all’apertura universale, allo stile del dialogo, che interpella la Chiesa tutta e in particolare la teologia, in seguito alla svolta ecumenica ed interreligiosa realizzata dal Concilio ecumenico Vaticano II.
Il saggio si situa anche nel contesto dell’itinerario di formazione ecumenica (I lunedì di Capodimonte) realizzato dalla Sezione San Tommaso, in collaborazione con il Consiglio Regionale delle Chiese cristiane della Campania e con il Centro Studi Francescani per il dialogo interreligioso e le culture (Maddaloni – Caserta), che verte particolarmente sulla conoscenza della prassi liturgica e sacramentale delle varie Chiese cristiane, in particolare quelle ortodosse. Il volume ha presente che in “gioco non c’è solo l’unità dei cristiani, ma una posta ancora più alta: la fraternità universale che bisogna costruire ogni giorno con gesti concreti di accoglienza, d’incontro e di dialogo, superando pregiudizi e ogni sorta di razzismo e di discriminazione”, come emerso dal viaggio di papa Francesco negli Emirati Arabi, in continuità con il suo magistero e il suo stile pastorale.
Il volume tiene conto dell’ampio orizzonte del dialogo, dell’accoglienza dell’altro, perché “l’uomo si fa Io nel Tu” (Martin Buber, citato dal Gran Cancelliere, il Cardinale Crescenzio Sepe nella sua prefazione). Il saggio “Nei legami della fraternità universale” è il contributo pensoso e critico all’atteggiamento pedagogico, etico, spirituale, esistenziale del dialogo, in quanto “la nostra esistenza riceve un significato pieno, o almeno è vissuta in pienezza, solo quando si fa dialogo, cioè diventa capace di aprirsi al mistero dell’altro” (Prefazione “In dialogo sempre per accogliere l’altro che è nostro fratello” p. 5). Il dialogo è il tema centrale del saggio, questione a più riprese richiamata nella società contemporanea, ma continuamente smentita dai fatti locali, nazionali e internazionali, a causa dei pregiudizi, delle diffidenze, delle paure create dal clima di violenza. “Il dialogo – scrive il card. Sepe nella prefazione – umanizza il mondo e permette di considerare le diversità culturali, religiose e socio-politiche come una grande risorsa per tutti. Nel dialogo si condivide la quotidianità dell’esistenza, nella sua concretezza, con le gioie e i dolori, le fatiche e le speranze; si assumono responsabilità comuni; si progetta un futuro migliore per tutti. S’impara a vivere insieme, a conoscersi e ad accettarsi nelle rispettive diversità, liberamente, per quello che si è” (ivi).
Il dialogo promuove i grandi valori umani della libertà, della pace, della giustizia, dell’umanità, dell’accoglienza, del reciproco rispetto, per cui non può essere patrimonio esclusivo dei credenti, delle varie fedi e religioni, ma deve permeare anche la società civile. Il dialogo si basa sul presupposto che le diversità etniche, culturali, religiose, sono una risorsa, un arricchimento per l’identità personale, della confessione religiosa e della società di appartenenza, tuttavia, senza irenismi, relativismi e ingenuità, in quanto sia nel passato che attualmente le religioni e le identità cultuali sono usate come pretesto per violenze e stragi: “Fare della vita un dialogo fraterno e sincero è un’impresa ardua che dura, appunto, tutta l’esistenza. Siamo, infatti, – scrive il card. Sepe – in continua trasformazione e, giorno per giorno, la vita ci pone innanzi nuove sfide e progetti sempre più complessi. Tuttavia, vivere in una società sempre più interetnica, tra comunità, famiglie, tradizioni e fedi diverse, vuol dire imparare a vedere il positivo che c’è nell’altro; diversamente, la nostra convivenza sarà un piccolo inferno” (ivi 6). L’accoglienza non è la mera tolleranza, è invece condivisione di “un dono, nella consapevolezza che l’altro – chiunque egli sia – è per me sempre un fratello, una sorella, perché tutti siamo figlie e figlie di un solo Padre che è nei cieli” (ivi 7). Si tratta di realizzare la condivisione della comune condizione “di essere e sentirsi come uno ‘straniero tra gli stranieri’, come un ‘pellegrino’ che abita in una casa che si trova in esilio tra le altre abitazioni del mondo, in quell’unico spazio o oikoumene che è la terra abitata di tutti. E’ la ‘radice abramitica’ dell’accogliere stando fuori (di sé), dal proprio mondo, proiettati in uno spazio più grande, quello della diversità e dell’alterità a ogni livello” (ivi).
Il volume miscellaneo è suddiviso in quattro aree o sezioni tematiche. La prima area è a carattere antropologico e accoglie contributi sulla libertà religiosa (A. Ascione, E. Scognamiglio, P. De Lucia, C. Sparaco), fortemente compromessa dai reiterati episodi di persecuzione religiosa. Essa è, invece, “la chiave di volta dei diritti umani e la cartina di tornasole attraverso la quale possiamo comprendere la dignità di ogni essere umano. […] Occorre una maggiore consapevolezza che la libertà religiosa non è solo un diritto di ogni singolo essere umano che vive sulla terra, ma anche un riconosciuto spazio comune di rispetto e di collaborazione, che va costruito con la partecipazione di tutti, anche di chi apparentemente non ha nessuna convinzione religiosa” (ivi 10).
La seconda area è a carattere biblico-teologico e approfondisce particolarmente il dialogo con l’ebraismo (G. Di Palma, L. Antinucci), dialogo primario per il cristianesimo, per le sue origini, per la sua identità teologica e spirituale, dialogo intrareligioso, dialogo tra fratelli, nel rispetto reciproco della diversità della fede cristiana da quella ebraica, della cristologia dalla gesuologia.
La terza area è a carattere storico-religioso e socio-politico, come contributo scientifico alla creazione di un ponte con l’islam in merito alla libertà religiosa (P. Cacciapuoti, imam di Milano Y. Pallavicini, del dirigente della Coreis d’Italia A. S. Turrini): “La dottrina islamica, dalle fonti e dalla sapienza tradizionale, al di là di possibili accordi o rapporti tra Stati e confessioni religiose, contempla e raccomanda il principio della libertà religiosa e della tutela della libertà di culto” (ivi 11).
La quarta area è a carattere canonico “e pastorale, riguarda esclusivamente i matrimoni misti, con particolare attenzione alla prassi canonica della Chiesa ortodossa e alle sfide poste dai matrimoni misti in Bosnia ed Erzegovina (cf. il contributo di Klara Cavar e Vikica Vujica del Dipartimento teologico-catechistico dell’Università di Zara, in Croazia)” (ivi). La tematizzazione del progetto del ponte tra Oriente e Occidente con il volume miscellaneo si confronta opportunamente con orizzonti culturali, religiosi, spirituali sempre più ampi.
Un grazie particolare ai curatori del saggio, i docenti della Sezione San Tommaso A. Ascione ed E. Scognamiglio, che hanno portato avanti la loro fatica accademica con passione e con rigore scientifico. L’auspicio è che il lavoro “Nei legami della fraternità universale” possa contribuire alla costruzione del ponte tra Oriente e Occidente, tra le varie confessioni cristiane, tra le varie religioni, tra i vari percorsi culturali, con particolare attenzione al grido di dolore dell’umanità, facendo nostro l’appello di papa Francesco “Sentiamoci interpellati dal pianto di coloro che soffrono, e proviamo compassione” (ivi 12).
Il volume, occorre ribadirlo, vuole essere il contributo alla cultura, alla teologia, alla spiritualità della fraternità universale (cf. NA 5), che non va confusa con gli ideali filantropici o il cosmopolitismo illuminista (Benedetto XVI), ma è “lo spazio concreto – come hanno sottolineato i curatori nell’introduzione – dell’annuncio di un amore che vuole salvi tutti gli uomini, avvicinando ogni cultura e ogni religione con ‘simpatia’ e carica evangelica e ponendosi tra di esse quale nuovo lievito di fraternità, per far nascere nuovi e giovani legami” (ivi 13). Affinchè le pagine del saggio si traducano in prassi nella ferialità della vita c’è bisogno di lettori che si lascino interpellare dalla novità dell’unità nella diversità, dell’essere assieme senza rinunciare all’alterità, senza omologazioni e uniformità che distruggono gli autentici valori umani e religiosi.
Lucia Antinucci
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