Quest’anno, la più importante festività ebraica, da cui scaturisce l’identità religiosa d’Israele, si celebra dal 19 aprile (vigilia) fino al 27. La festa dura otto giorni, sette nella Terra d’Israele; i primi due e gli ultimi due sono giorni di festa). E’ una delle tre feste ebraiche del pellegrinaggio (anche Pentecoste e la festa della Capanne. La festività costituisce il memoriale (zikkaron) della liberazione dall’Egitto e dell’esodo verso la terra promessa. Nella Bibbia ebraica (Tanakh) Pesach indica particolarmente la cena rituale celebrata nella notte fra il 14 e il 15 del mese di Nisan come memoriale di quella che aveva preceduto la liberazione dalla schiavitù in Egitto; i successivi sette giorni vengono chiamati Festa dei Pani non lievitati (o Festa dei Pani Azzimi). Questa settimana trae origine da un’antica festa per il raccolto delle prime spighe d’orzo e il loro utilizzo per preparare focacce senza lasciare il tempo necessario per il formarsi di nuovo lievito e così ottenere la fermentazione della nuova farina. La pesach, quindi, segna il principio della primavera ed è anche chiamata Chag haaviv, cioè “festa della primavera“.
Per la Pesach (“passaggio“) gli ebrei devono rispettare soprattutto due precetti: cibarsi di matzah (pane non lievitato) e rispettare il divieto di nutrirsi di qualsiasi cibo contenente lievito durante l’intero periodo della festività, poiché durante la fuga dall’Egitto gli israeliti non ebbero il tempo di far lievitare il pane. Originariamente la pesach prevedeva l’immolazione e la consumazione dell’agnello nella sera del giorno 14 di Nisan. Durante la celebrazione della cena pasquale il capofamiglia, prendendo in mano la matzah, dice: “Questo è il pane dell’afflizione di cui i nostri padri si cibarono in terra d’Egitto…”. La cena pasquale segue un ordine preciso (seder) fatto di gesti e parole come memoriale dell’esodo, evento del prodigioso intervento liberatore di Dio a favore del suo popolo. Durante il seder vengono utilizzate 3 matzot che vengono tenute coperte da un panno e scoperte durante la lettura di alcuni brani. All’inizio della cena, dopo il Qiddush (preghiera di santificazione), la matzah di mezzo viene spezzata in due pezzi: una parte viene conservata sotto la tovaglia per poi essere mangiata dai partecipanti al termine della cena e talvolta viene conservato un pezzettino bene avvolto in carta come buon augurio. Il piatto del seder è decorato con la raffigurazione dei principali simboli della festa. Al centro del piatto sono poste tre Matzot per ricordare la concitata e precipitosa fuga dall’Egitto. Attorno, nell’ordine, vi sono il karpas, solitamente un gambo di sedano che ricorda la corrispondenza della festività di Pesach con la primavera e la mietitura che, in epoca antica, era essa stessa occasione di festeggiamento, erbe amare che rappresentano l’amarezza della schiavitù; una zampa arrostita di capretto chiamata zeru’a: rappresenta l’agnello pasquale che gli ebrei sacrificarono nella notte della morte dei primogeniti egiziani; un uovo sodo beitza in ricordo del lutto per la distruzione del Tempio; infine una sorta di marmellata preparata con miele, datteri, mandorle, prugne, noci e, spesso, vino (chiamato “Charoset“) che rappresenta la malta usata dagli ebrei durante la schiavitù per la costruzione delle città di Pit’om e Ramses.
La lettura del racconto, Haggadah di Pesach, inizia con un brano in lingua aramaica; poi i bambini chiedono agli adulti quale sia il significato di Pesach. Si risponde loro che si narrano gli eventi relativi all’uscita dall’Egitto. Dopo si fa riferimento ai diversi tipi di ebrei: il figlio saggio rappresenta l’ebreo osservante; il figlio malvagio è invece l’ebreo sospettoso che rifiuta la sua eredità e la religione ebraica, le sue radici; il figlio difficile è l’ebreo indifferente; il giovane o semplice, invece, è colui che non conosce sufficientemente la propria cultura e tradizione per cui non può prendere parte alla discussione e non sa cosa domandare. Poco dopo vi è il ricordo delle dieci piaghe inflitte da Dio all’Egitto per indurre il Faraone a lasciare liberi gli ebrei ed un esempio di pilpul, o discussione talmudica.
Nel corso del seder vi è obbligo di bere quattro bicchieri di vino, secondo alcuni cinque soprattutto nel Minhag (tradizione liturgica)italiano e si eseguono canti tradizionali. Terminato il pasto, si consumano i bicchieri di vino restanti con la recitazione della benedizione dopo il pasto, la Birkhat haMazon, e dell’Hallel. In genere si conclude il Seder cantando alcune poesie rituali, o piyutim. Durante il Seder di Pesach viene lasciato un bicchiere (per il vino) con l’auspicio di poter accogliere il Profeta Elia, cioè il completamento dell’era messianica (Shekhinah). Verso il termine della lettura dell’Haggadah di Pesach può essere aperta la porta di casa per accogliere simbolicamente il Profeta.
A tutti gli ebrei, fratelli maggiori dei cristiani, l’augurio di una festa pasquale di serenità e letizia: “Chag Pesach Sameach”.
di Lucia Antinucci
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