Tutte le religioni, anche se con accenti e contesti diversi, hanno sempre una grande attenzione per la natura, per l’ambiente, che consente il benessere e l’armonia dell’esistenza umana.
Nell’ EBRAISMO si riscontrano moltissimi precetti con indicazioni pratiche che invitano al rispetto dell’ambiente. “Nel libro di Numeri, il Pentateuco, troviamo il primo esempio di pianificazione urbanistica che tra le altre cose sancisce il divieto di installare attività produttive nei centri abitati. Concerie, tintorie, stalle o altre attività che potevano inquinare dovevano restare lontano da dove si viveva. Era vietato alzare muri che potessero privare della luce, sciogliere calce nelle strade”. E ancora: “Il comando di Bal-Tashchit vietava di tagliare gli alberi, deviare i fiumi, sprecare l’acqua. Anche l’alimentazione Kasher ha origine nel rispetto degli animali che andavano macellati in un modo che ne limitasse al minimo le sofferenze. E i pulcini non andavano allontanati dalla chioccia per lo stesso motivo. L’anno sabbatico in cui l’uomo non doveva lavorare, serviva per far riposare i campi e non sfruttare troppo gli animali, così come il riposo del sabato per contemplare la bellezza del Creato e ricordarsi che la natura dà tutto ciò che serve per tutti”. Rav Elio Toaff , in una conferenza tenuta a Milano nel 1074, ha affermato riguardo al racconto sulla creazione della Genesi: “Da questo primo racconto emerge un dato di grande importanza: mentre le piante, gli animali, i pesci furono creati dalla parola del Signore che si tramutava in attività spontanea della natura, l’uomo venne creato, venne formato, da Dio stesso. C’è in questo fatto un profondo significato. Mentre la parola divina suscita le forze della natura che danno origine alle piante ed agli animali, l’uomo viene distinto da ogni altro essere creato e viene fatto da Dio come un prototipo da cui poi nascerà il genere umano. Evidentemente è questo un segno notevole della benevolenza di Dio verso l’uomo, che ne rispecchia l’immagine e la somiglianza. L’immagine, in quanto è uno come il suo creatore è uno, la somiglianza, perché ne può imitare l’azione, la potenza creatrice. Nel momento stesso in cui Dio cessa di creare, l’uomo ne continua l’azione e diviene in tal modo suo collaboratore nell’opera della creazione. Il Signore poi benedice con identica espressione piante, animali e uomo, invitandoli a crescere ed a moltiplicarsi. Ma per l’uomo aggiunge l’invito a dominare la terra e quanto in essa si trova sì che siano a lui soggette la terra stessa, le piante e gli animali. Mentre il Signore aveva – in un primo momento – creato un perfetto equilibrio nel creato, ora può sembrare – col dominio dell’uomo sulla terra – che tale equilibrio possa essere minacciato. Infatti, se quel potere concessogli venisse inteso come permissione di ogni arbitrio da parte dell’uomo, lo sconvolgimento dell’ordine dato da Dio alla natura potrebbe apparire giustificato. Ma non è così che si deve intendere il potere dell’uomo sul creato: egli è autorizzato solo a servirsi e a godere di ciò che Dio ha messo in essere, ma non può e non deve alterare . quell’equilibrio per il quale il Signore, contemplando ciò che aveva fatto, giudicò essere tov meod: perfetto. In questa perfezione riscontrata al termine della creazione c’è implicito il concetto che ogni alterazione apportata dall’azione dell’uomo mette in pericolo quella perfezione, che è divina, per sostituirla con un altro ordine non più divino ma umano, quindi imperfetto e limitato. Rav Toaff cita poi una parabola dei Rabbini, che esprime il compiacimento del Signore per l’opera della creazione: “C’era una volta un re che si era costruito un bel palazzo e guardandolo se ne compiaceva, tal che parlandogli quasi fosse una persona gli disse: ‘ o palazzo, o mio palazzo, magari tu riuscissi a destare sempre in me il fascino che hai in questo momento!’ Nello stesso modo Iddio apostrofò il mondo che aveva creato dicendo: ‘o mondo, o mio mondo, magari tu riuscissi a destare sempre in me quel compiacimento che susciti in questo istante!’ “. Rav Toaff sottolinea che i “Rabbini fin dalla più lontana antichità si rendevano conto di come l’uomo avrebbe potuto alterare l’opera di Dio e modificarla fino a farle perdere quel fascino, quella bellezza, quella armonia che avevano suscitato nel Creatore quel sentimento di soddisfazione e di compiacimento che gli fecero trovare bellissimo ciò che aveva fatto”. Si può arrivare ad affermare che “il mondo è stato creato in funzione dell’uomo, che ha la supremazia su tutti gli altri esseri, e sulla terra stessa, che gli è stata concessa come fonte del suo sostentamento e del suo benessere. Ma tutto questo non deve inorgoglire l’uomo che, sia: pure nella sua posizione di privilegio, non ha il diritto di ritenersi il centro dell’universo, il padrone dispotico di tutto ciò che esiste. Egli deve sempre ricordare che al di sopra di tutto c’è Dio e che nessuno, neanche l’uomo, può permettersi alcun arbitrio nei confronti di quell’armonia e di quell’equilibrio, che Egli pose nel mondo soprattutto per la felicità e per il benessere del genere umano”.
L’ISLAM evidenzia che nel “Corano si trova l’obbligo di Hima, ovvero di istituire riserve naturali all’interno delle quali non si possono abbattere alberi, uccidere animali, negare alle creature l’accesso all’acqua. Queste riserve vengono custodite da un imam e chi le costituisce viene consacrato alla vita eterna, perché nella religione islamica rispettare ambiente e natura è un atto meritorio”. I precetti non devono restare lettera morta, per cui esiste “un piano settennale dell’Islam contro il cambiamento climatico, un progetto per trasformare entro il 2017 la Mecca in una città verde che sia un modello e che avvii la costruzione di altre città islamiche sostenibili. Per questo è stata istituita una carta del pellegrino con i precetti che vengono consegnati a tutti coloro che si recano in pellegrinaggio alla città santa dell’Islam che indica gli obblighi ‘ambientalisti’ per i fedeli. Si va dal precetto di riciclare sempre l’acqua al condividere i trasporti, preferire i prodotti a chilometri zero allo stampare il Corano su carta riciclata. Un’indicazione che diventa regola e che può avere ripercussioni pratiche capaci davvero di cambiare l’atteggiamento delle persone in senso virtuoso per l’ambiente”.
Secondo il saggio indiano SATHYA SAI BABA non “si trae appropriato giovamento dai benefici derivanti dai cinque elementi (spazio, aria, fuoco, acqua e terra): gli scienziati giocano con essi, come se si trattasse di giocattoli assoggettabili ai loro capricci. Il sole, la luna, la terra, il fuoco, l’ aria e l’ acqua devono rimanere bilanciati fra di loro, allo scopo di mantenere l’equilibrio. I tentativi degli scienziati di analizzare i cinque elementi e trarne profitto sfociano in inquinamenti fatali e disastri ecologici, quali la siccità ed i terremoti. Gli scienziati devono cominciare a confrontarsi con i cinque elementi nell’ ottica della pace e della prosperità globale del pianeta”. Il Saggio indiano ricorda la relatività del mondo, poiché “cambia continuamente, ed i minuti già trascorsi non ritornano: il passato non ci appartiene più, il presente ci sfugge ed il futuro è sconosciuto! Il mondo è una locanda, dove l’uomo può riposarsi un pò nel suo pellegrinaggio verso la sua fonte: il Divino. Il mondo è ‘un ponte, ampio e ben costruito, ma nessuno può costruirci una casa ed abitarci permanentemente’. È bene che imprimiate nei vostri cuori la natura dualistica del mondo, che è una mistura di piacere e dolore, gioia e afflizione, vittoria e sconfitta. Dato che il Cosmo è pervaso da Dio, non possiamo prendere l’ uno e scartare l’ altro. Anche gli scienziati, che erano orgogliosi di saper spiegare l’Universo, sono diventati umili, rendendosi conto che ad ogni passo davanti a loro si aprono orizzonti sempre più vasti”. Il mondo stesso ci offre un grande insegnamento, in quanto è “una guida costante ed un ispirazione senza fine; questo è il motivo per cui l’ uomo è circondato e sostenuto dal mondo. Ogni uccello, ogni animale, ogni albero, ogni montagna ed ogni stella, persino il più piccolo verme, ha qualcosa da insegnare all’ uomo, se solo questi ha la volontà e la sete di imparare: questo fa del mondo un autentica università. Il mondo è una scuola (Gurukul) in cui l’uomo è un alunno dal giorno della sua nascita a quello della sua morte”.
I NATIVI AMERICANI “avevano una speciale affinità con la natura e l’ambiente in cui vivevano; celebravano nella terra l’origine della loro stessa vita,una vita come la terra essenzialmente spirituale”. Tutto ciò deriva dal fatto che “per gli indiani il palcoscenico dove si incontrano il regno degli spiriti e il mondo umano. Per essi l’equilibrio ecologico e la conservazione delle risorse naturali sono la garanzia della loro esistenza: la terra non ha per loro alcun valore economico. La terra è Madre da cui tutti gli esseri viventi traggono nutrimento,essa rappresenta le fondamenta stesse della loro identità. La spiritualità e la religione sono profondamente radicate in essa. La terra è vista come una Madre che dona il suo corpo per il nutrimento dei suoi figli. Quando uno di essi muore ritorna nel grembo della terra, lo stesso grembo da cui è nato. Piante, animali, rocce partecipavano con gli uomini alla vita sulla terra. I pellerossa si rivolgevano ad essi come a loro fratelli in quanto nati dalla stessa Madre e concepiti da un unico Spirito (Wakan Tanka). Il sentimento di fratellanza con tutte le creature della terra per gli indiani era un principio reale dal quale scaturivano conseguenze concrete:se il cuore dell’uomo si separa dalla natura esso diventa crudele. Per gli indiani la mancanza di rispetto per le cose che crescono porta di conseguenza alla mancanza di rispetto per gli uomini. Il rapporto che essi avevano con la Madre terra era totale tanto da coinvolgere tutti i sensi dell’uomo sia sul piano fisico che spirituale. Gli indiani sentivano il respiro della natura,ascoltavano i suoni della vita e vedevano l’energia presente in tutte le cose. Solo nella relazione con la natura l’uomo ritrova se stesso e il senso della vita”.
Secondo il TAOISMO “la natura universale è in continua trasformazione grazie alla contrapposizione e all’armonia dei contrari […]”. Il pensiero filosofico orientale, in particolar modo quello taoista, ha influito molto sulla concezione della natura fatta propria dai filosofi di Mileto e da Eraclito. “Le due caratteristiche principali della concezione organicistica orientale del mondo sono l’affermazione dell’unità e interdipendenza di tutti i fenomeni e della profonda dinamicità dell’universo. Il Tao, che di solito si traduce con ‘via’, ma che più rigorosamente significa ‘ordine della natura’, non è un principio statico che dà origine alle cose, ma l’infinita forza trasformatrice della natura, l’energia diffusa che la costituisce attraverso la dinamica dei singoli tao, ovvero i modi particolari del grande Tao del quale incarnano l’essenza universale. Come in Eraclito la natura non è altro dall’unità dinamica dei contrari, così nel taoismo i singoli tao non esistono al di fuori del grande Tao e viceversa. Nella mitologia del feng shui inizialmente il CHI si mosse per dar vita allo yang, il principio maschile. Quando si riposò creò lo yin, il principio femminile, e infine, creati il maschio e la femmina, iniziò la creazione dell’intero universo. Yin e yang sono energie opposte, nessuna delle quali può sussistere senza l’altra, sono le forze equilibranti e armonizzanti dell’universo”. Tutto ciò si realizza perché “Lo yin e lo yang si riflessero l’uno nell’altro, si sovrapposero, si regolarono a vicenda. Le quattro stagioni si susseguirono, si generarono e si estinsero a vicenda. Di lì vennero l’attrazione e la repulsione, l’allontanarsi e l’avvicinarsi; da lì venne l’unione della femmina e del maschio, da lì si produsse l’esistenza perpetua Si alternarono la sicurezza e il pericolo, si generarono la disgrazia e la fortuna; si unirono la lentezza e la velocità; si compirono l’unione e la separazione. Tutto ciò che è in successione si organizza da sé; tutto ciò che evolve si guida da sé; ciò che termina fa ritorno; ogni fine conduce a un nuovo inizio”(Chuang-tzu, da Chuang-tzu). Il Taoismo afferma la correlazione tra le energie contrapposte, infatti l’energia “yin si trova sempre nell’energia yang e viceversa, come mostra il diagramma del taoismo, dove la parte bianca (yang) è dentro lo yin e la parte nera (yin) è dentro lo yang. Yin e yang sono rappresentati all’interno di un cerchio, a creare il simbolo T’ai chi della completezza (T’ai chi significa infatti “supremo, definitivo”). Lo yin, lo yang e il cerchio sono i tre elementi del diagramma che diviene una cosa sola. Yin e yang insieme creano il Tao, la ‘via’ o ‘ordine della natura’, che è formato dalla costante interazione reciproca di due energie contrapposte. Il carattere dinamico della natura, che esiste per effetto dell’azione reciproca dei contrari, è simboleggiato nel taoismo anche dall’immagine della montagna che è una, ma ha sempre una parte in luce e una parte in ombra”.
Lucia Antinucci
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