Il 27 ottobre 1986, Giovanni Paolo II, oramai santo, volle incontrare ad Assisi tutti i leader delle religioni mondiali per invocare il dono della pace sui popoli ancora in guerra, in special modo per i Balcani. Così, fu convocata ufficialmente la Giornata mondiale di preghiera per la pace a cui presero parte i rappresentanti di tutte le grandi religioni mondiali.
Ieri sera, presso il nostro Convento, il Centro Studi Francescani (che ha sede in Maddaloni), ha voluto celebrare lo “Spirito di Assisi” invitando i diversi leader religiosi che sono impegnati per la pace e il dialogo tra le comunità e i popoli a livello regionale. Non vi è più la guerra dei Balcani. Tuttavia, nuovi venti di divisione, di terrorismo e di attentati minacciano il nostro Pianeta. Atti terroristici di fondamentalisti islamici e di esponenti di gruppi estremisti di matrice interreligiosa continuano a mietere vittime in Europa e nel resto del mondo. Viviamo pieni di paura per un possibile scontro tra gli Usa e la Corea del nord e per la minaccia di nuovi attentati terroristici a Londra, a Parigi, a Bruxelles, a Roma… Ci sentiamo non solo minacciati, ma anche e soprattutto impotenti, spettatori, incapaci di agire su tanta violenza e di frenare la spirale dell’odio, del razzismo, dell’intolleranza.
Ci è sembrato opportuno riprendere, il 27 di ogni mese, l’incontro di Assisi, raccogliendo testimonianza, voci, preghiere e invocazioni rivolte al nostro unico Dio e Signore affinché la pace scenda su di noi e si stabilisca nelle nostre case, comunità, famiglie e città grazie all’impegno di ogni persona di buona volontà, di ogni credente che ha fiducia nel rispetto dell’altro, nell’accoglienza, nel dialogo, nella fraternità. L’arcobaleno della pace che ieri è stato presentato dai nostri giovani è più di un segno di pace e di armonia: raccoglie le speranze di tutte le vittime del mondo a causa della violenza religiosa e dell’intolleranza che cercano giustizia e desiderano una convivenza pacifica tra popoli ed etnie, religioni e confessioni di fede.
In un mondo sempre più globalizzato, ove le distanze sono annullate, ci troviamo a vivere su un medesimo territorio ma ancora divisi, isolati, in spazi neutri, ove migranti e abitanti, cittadini e profughi, non si parlano, non si cercano, non si confrontano, perché hanno paura gli uni degli altri e tutti sono chiusi in pregiudizi, precomprensioni e luoghi comuni. San Francesco ha spalancato le porte del suo cuore al mondo, a ogni persona incontrata sul suo cammino, anticipando di molto l’idea di una Chiesa in uscita, estroversa, orientata sempre verso il prossimo, il fratello, segno concretissimo dell’amore di Dio.
Celebrare lo “Spirito di Assisi”, vuol dire credere in una fraternità universale e riconoscere nell’altro un dono per me, per la mia famiglia, per la mia comunità, per la mia città. È una grande sfida che deve maturare dentro di noi e convincere le nuove generazioni che il dialogo è possibile, che la pace dipende anche dal nostro contributo. Si tratta di fare del dialogo e dell’amicizia fraterna il nostro stile di vita.
San Francesco, il Poverello, resta per noi un segno concretissimo e un vero testimone della pace, del perdono di Dio, della fraternità universale, della cortesia, della tenerezza, dell’accoglienza. Nel suo cammino terreno incontrò persone di ogni strato sociale e di ogni fede. Egli riuscì a vedere nell’altro la presenza di Dio, un dono inestimabile, un fratello da promuovere e da accogliere. Le sue parole, gentili e cortesi, parlavano al cuore ed erano accompagnate da gesti di profonda carità e di rispetto per ogni persona, in particolare per i poveri, gli ultimi. Chi pratica la via del dialogo e della pace non può non tener conto del bisogno di giustizia che c’è tra gli ultimi e non può ghettizzare nessuno, né chiudersi in pregiudizi verso il prossimo.
Se è vero, come affermò Giovanni Paolo II, che ogni preghiera autentica è ispirata dallo Spirito Santo che è misteriosamente presente nel cuore di ogni uomo, allora sono tutte vere e giuste le preghiere che i leader religiosi ieri sera hanno pronunciato nella nostra sala.
Paolo Ferrara, della Comunità ebraica di Napoli, ha ricordato che le religioni servono al mondo per correggere i nostri errori, per indicare al mondo stesso la rotta da seguire, quella dell’amicizia, del perdono, della fraternità. Le religioni possono collaborare per il perfezionamento del mondo (Tikkum Olam). Non bisogna essere indifferenti di fronte alle storture del mondo. Da qui la cura per gli ultimi e anche per l’ambiente, per il dono del creato. Abbiamo fatto nostra l’invocazione di Papa Francesco e dei leader mondiali che s’incontrarono ad Assisi lo scorso anno: Che la pace regni sulla terra!
L’imam Massimo Cozzolino, da sempre impegnato nel dialogo islamo-cristiano, ha ricordato che il vero fedele porta nel cuore il rispetto dell’altro e invoca la pace su tutto il mondo. Un vero musulmano non può uccidere nel nome di Dio e non può strumentalizzare il Corano per atti terroristici.
Lucia Antinucci, presidente dell’amicizia ebraico-cristiana di Napoli, ha portato la sua testimonianza cristiana rileggendo l’invito di Gesù ad amare persino i nemici, nella prospettiva di una fraternità che non si ferma davanti al male e che sa sempre perdonare. Abbiamo fatto nostra l’invocazione Diciamo sì a diventare artigiani di pace.
Importante la testimonianza buddhista resa da Maria Laura Chiaccio dell’Istituto buddhista Soka Gokkai: il genere umano può liberarsi della violenza soltanto con l’amore. Rispondendo all’odio con l’odio non si fa altro che accrescere la grandezza e la profondità dell’odio stesso. Non possiamo fare del male senza ferirci: ognuno di noi appartiene all’altro.
L’intervento di Angela Furcas e di Behzad Mirzagha della comunità Bahai ha evidenziato il bisogno di far maturare in ciascuno di noi il rispetto per l’altro e il principio dell’uguaglianza tra i popoli e le religioni. Nessuno è migliore dell’altro. Ogni persona umana è pari nella sua dignità anche se diversa per la sua stessa esistenza. La pace è il nome di Dio e chi invoca il nome di Dio per giustificare il terrorismo non è un vero credente. La violenza e il terrorismo si oppongono al vero spirito religioso.
I partecipanti a questo incontro hanno detto di no alla povertà, all’ingiustizia e al disprezzo della vita umana. E tutti si sono impegnati a diventare, sull’esempio di san Francesco d’Assisi, artigiani di pace, strumento di perdono e di riconciliazione.
Esperienze come queste, veri laboratori di pace, costituiscono un percorso formativo da favorire nelle scuole, soprattutto con i giovani, affinché il razzismo, l’intolleranza, la violenza e il pregiudizio cedano finalmente il posto alla fraternità, alla pace.
di fra Edoardo Scognamiglio, Ofm Conv.
Direttore del Centro Studi Francescani – Onlus in Maddaloni (Ce)
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