“Il contributo di Raimundo Panikkar al dialogo interreligioso” è il recente libro di Pietro De Lucia, la cui presentazione si è svolta il 21 giugno presso il convitto nazionale Giordano Bruno di Maddaloni, promossa dal Centro Studi Francescani per il Dialogo Interreligioso e le Culture. Il libro costituisce la pubblicazione della tesi di dottorato in teologia dommatica del De Lucia, con relatore il prof. Eduardo Scognamiglio. Raimon Panikkar (Barcellona, 3 novembre 1918 – Tavertet, 26 agosto 2010), è stato un sacerdote cattolico, un filosofo, un teologo, uno scrittore spagnolo e indiano, di vasta cultura, che conosceva 12 lingue. Numerose sono state le sue pubblicazioni, anche se alquanto ripetitive e frammentate; medesimi interventi e contributi, infatti, sono stati pubblicati in più saggi con titoli differenti o simili, come ha sottolineato P. De Lucia durante la presentazione. Il dialogo interreligioso ha fatto parte del DNA di Panikkar, in quanto ha avuto la madre cattolica spagnola e il padre indiano di religione induista. Il dialogo interreligioso è stata un’esperienza vissuta costantemente in famiglia, ma a 36 anni c’è stata la svolta che ha cambiato la vita dell’autore cattolico, in quanto si è recato in India, si è calato all’interno dell’induismo: “ Sono partito cristiano, mi sono scoperto hindù – ha scritto – e ritorno buddhista, senza cessare di essere cristiano”. Panikkar si è messo in discussione, affrontando il rischio di percorrere un sentiero inesplorato, assumendosene in pieno la responsabilità. Il suo tentativo, ha sottolineato De Lucia, non ha portato Panikkar al sincretismo, come potrebbe apparire di primo acchito. L’autore spagnolo-indiano non ha mai avuto la pretesa di essere un teologo sistematico, neppure di essere un esperto di storia delle religioni oppure di antropologia del sacro, “anche se agli inizi della sua ricerca ha seguito gli studi comparati per ciò che concerne le religioni”. Il suo pensiero nasce da una forte tensione mistica in cui le differenze dottrinali vengono ad unificarsi spiritualmente, senza tuttavia perdere la propria identità. Il contributo di Panikkar al dialogo interreligioso, come ha rilevato De Lucia, è quello di partire dal dialogo intrareligioso, da quello cioè che si sviluppa nell’intimità del proprio io, come manifestazione di una visione antropologica simbolica. Il contributo di Panikkar può essere definita “sapienziale – scrive P. De Lucia – in quanto nasce dall’esperienza e tiene conto di quella dimensione esistenziale e affettiva della vita umana (…)”, che si esprime però con un linguaggio “provocatorio, destrutturante e, per certi aspetti, fabulatorio (…)”. Per Panikkar il monoteismo è un problema, perché il cristianesimo è soprattutto un simbolismo del dialogo; come ha precisato il prof. De Lucia, questo è certamente un punto critico del suo pensiero.
Alla presentazione del saggio è intervenuto il teologo E. Scognamiglio, che ha sottolineato come per Panikkar il dia-logos è un andare oltre la parola, perché è un incontro tra volti, tra persone. Il dialogo rivela l’autenticità dell’uomo, perché è la sua capacità di entrare in relazione con l’altro. Mentre in Europa la filosofia del dialogo è stata sviluppata soprattutto da autori ebrei, Panikkar ha evidenziato la grande ricchezza in questo ambito del pensiero mistico asiatico. La società tecnologica, cibernetica, non è riuscita a sopprimere il bisogno dell’Assoluto, da cui deriva anche una dimensione politica dell’esistenza, perché si traduce in un concreto stile di vita sociale. Il dialogo consiste nel dare fiducia all’umanità, senza annullare la propria identità. Scognamiglio rileva in Pannikar un anticipatore dello spirito di Assisi, che si rifà all’incontro avvenuto a Damietta (Egitto) nel 1219 tra San Francesco d’Assisi e il sultano Malik al Kamil, incontro di pace, basato sul rispetto reciproco. Lo spirito di Assisi afferma l’ideale della fraternità universale, l’aspetto comunionale della Verità. Per la fedeltà al cristianesimo bisogna sottolineare che la Verità è Cristo, ma noi non siamo la Verità, da cui invece siamo posseduti, ed essa è orientata all’amore. Il contributo di Panikkar, ha sottolineato Scognamiglio, è stato quello di aver dimostrato che il dialogo tra fedi diverse porta ad un arricchimento reciproco, per cui qualcuno lo ha definito “un profeta del ‘dopodomani’, mentre qualcun altro un ‘artista del dialogo’ “. P. De Lucia ha riletto in prospettiva simbolica il contributo di Panikkar al dialogo tra le fedi, poiché l’homo religiosus è un homo symbolicus; la dimensione simbolica “si trova alle radici d’ogni creatività, getta ponti, riunisce elementi separati, collega il cielo alla terra, la natura alla cultura, il conscio all’inconscio. Il dialogo è espressione anche della missione evangelizzatrice della Chiesa, perché non è cedimento al sincretismo e al relativismo, ma favorisce l’incontro tra le fedi diverse nel rispetto reciproco, nella tensione verso il Mistero, per la costruzione di un’umanità riconciliata” (E. Scognamiglio, Prefazione). Panikkar afferma la cristofania; l’incarnazione del Verbo è il punto di partenza della rivelazione e anche il punto di arrivo, “che lascia aperte – scrive Scognamiglio nella prefazione -molte altre porte per la rivelazione e per la salvezza dell’umanità. Cristo è quel simbolo reale centrale che ingloba in sé ogni realtà fattuale e simbolica. Tuttavia, se Gesù è il Cristo, il Cristo non può essere completamente identificato con Gesù. E’ questo il punctum dolens del pensiero di Pannikkar che non ha alcuna pretesa di offrire una riflessione dogmatica sul dialogo intrareligioso”. Il contributo del prof. De Lucia – ha sottolineato il relatore – alla conoscenza del pensiero di Panikkar, che si sofferma sull’aspetto del dialogo interreligioso, senza entrare in merito alle questioni dogmatiche che vengono solo accennate, è quello di far risaltare gli aspetti positivi del pensiero dell’autore spagnolo-indiano, senza tacere però sulle questioni problematiche delle sue provocazioni, in quanto afferma che bisogna essere disposti a mettere da parte qualcosa di se stessi per entrare in relazione con le altre fedi.
Per la presentazione del libro era previsto l’intervento dell’imam Yahya Sergio Yahe Pallavicini, vice presidente del COREIS. Per un disguido (gli era sfuggito che l’evento della presentazione del libro veniva a coincidere con la 27esima notte del Ramadan, la notte del destino, che viene dedicata esclusivamente alla preghiera) non è intervenuto direttamente, ma tramite un video da lui registrato. L’imam ha sottolineato che il libro di Pietro De Lucia, nella sua sintesi scientifica, fa emergere chiaramente la complessità della figura di Pannikar. Pallavicini ha sottolineato un aspetto molto caro alla sensibilità musulmana: evitare confusioni sincretistiche, sincretismi eterodossi di stampo New Age. De Lucia ha evidenziato particolarmente l’antropologia e la spiritualità di Panikkar, il suo misticismo. L’imam ha sottolineato che anche il cristianesimo vanta una grande tradizione spirituale, senza bisogno di ricorrere al metodo yoga oppure al metodo zen. La misticità dell’autore europeo-indiano, ha sottolineato l’imam, non proviene dall’induismo ma dai Padri della Chiesa, dai maestri del cristianesimo. Il dialogo interreligioso è convergenza spirituale verso il Signore del simbolismo che è Dio stesso.
Mons. Giovanni D’Alise, vescovo di Caserta, già parroco di Pietro De Lucia, che ha rievocato episodi biografici circa la nascita della vocazione teologica dell’Autore, ha sottolineato la sintonia con il magistero cattolico dei temi inerenti al dialogo interreligioso. Il Concilio Vaticano II ha affermato, infatti, che ogni religione possiede una scintilla della rivelazione divina, per cui è cominciato il cammino dei cattolici verso le altre fedi. Panikkar ha lasciato la sicurezza della sua Chiesa per andare verso le diversità delle altre religioni, disposto anche ad affrontare rischi, poiché è stato sinceramente un uomo del dialogo, un uomo della ricerca del divino. Mons D’Alise ha sottolineato che il punto critico di Panikkar è quello secondo cui, per fare dialogo interreligioso, bisogna mettersi in discussione, essere disposti anche a perdere qualcosa della propria identità. Il Figlio di Dio – ha rilevato il presule – si è fatto uomo, fino all’umiliazione della croce, ma non ha rinnegato la sua divinità, per cui bisogna andare incontro all’umanità, alle altre fedi, ma senza perdere la propria identità religiosa.
L’incontro è stato moderato dal teologo Giuseppe Falanga, che ha sottolineato come la responsabilità della testimonianza del Risorto dei cristiani debba coniugarsi con il dialogo con i fratelli di altre confessioni e religioni. Il poliedrico Panikkar ha compiuto un pellegrinaggio spirituale verso le altre fedi, aprendo il cristianesimo alle categorie di altre religioni, il che costituisce un arricchimento, senza tuttavia rinunciare ad essere un pastore e un teologo orientato verso la centralità del Cristo.
La presentazione del libro di Pietro De Lucia non è stato solo un evento culturale; infatti esso si è svolto in un clima di fraternità, di cordialità e di amicizia, per il legame personale dell’Autore con ciascuno dei relatori, che hanno caratterizzato delle sue fasi biografiche, ma anche con gli intervenuti, familiari ed amici. Questo è in effetti un aspetto peculiare del Centro Studi Francescani per il Dialogo Interreligioso e le Culture: coniugare l’approfondimento teologico e culturale con l’ esigenza dei rapporti fraterni, interpersonali e sociali, nell’apertura alla dimensione simbolica dell’esistenza. A Pietro De Lucia l’augurio di coltivare sempre più la passione per il dialogo interreligioso e per l’approfondimento teologico.
Lucia Antinucci
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