I cinquant’anni del Concilio non hanno lasciato indifferenti gli ebrei, che si sono interrogati sui progressi, teologici ed operativi, dei rapporti con la Chiesa, senza tuttavia tacere sui problemi che persistono, accogliendo le nuove sfide. Nel 2015, poco prima che la Pontificia Commissione per il dialogo religioso con l’Ebraismo pubblicasse il Documento “Perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili (Rm 11,29). Riflessioni su questioni teologiche attinenti alle relazioni cattolico-ebraiche in occasione del 50º Anniversario di Nostra Aetate (n. 4)”, 13 rabbini ortodossi (alcuni vivevano in Israele, mentre altri negli Stati Uniti o in Europa) hanno pubblicato il risultato delle loro considerazioni sulla Dichiarazione del Concilio Vaticano II. Il Documento ebraico, intitolato “Fare la volontà del Padre Nostro nei Cieli: verso una collaborazione tra ebrei e cristiani”, prende le mosse dal fatto che la tragedia della Shoah è stato il momento culminante della plurisecolare inimicizia tra cristiani ed ebrei (antigiudaismo): “Guardando indietro – scrivono i rabbini – appare chiaro che l’incapacità di andare oltre il disprezzo e di impegnarsi in un dialogo costruttivo per il bene dell’umanità indebolì la resistenza alle forze malvagie dell’antisemitismo che hanno trascinato il mondo nell’omicidio e nel genocidio”. Con il Concilio Vaticano II però le cose sono cambiate: “La promulgazione di Nostra Aetate cinquant’anni fa ha dato il via a un processo – affermano i rabbini – di riconciliazione tra le nostre due comunità. Apprezziamo l’affermazione della Chiesa riguardo all’unicità della posizione di Israele nella storia sacra e rispetto alla redenzione finale del mondo. Gli ebrei di oggi hanno ormai sperimentato amore sincero e rispetto da parte di molti cristiani, attraverso iniziative di dialogo, incontri e conferenze in tutto il mondo”. I rabbini, partendo da queste premesse, approdano ad un’importante affermazione: “Come già fecero Maimonide e Yehudah Halevi – riconosciamo che il cristianesimo non è né un incidente né un errore, ma un frutto della volontà divina e un dono per le nazioni. Separando tra loro l’ebraismo e il cristianesimo Dio ha voluto creare una separazione tra compagni con differenze teologiche significative, non una separazione tra nemici”. Tutto ciò porta a un impegno di collaborazione con la Chiesa cattolica: “Ora che la Chiesa cattolica ha riconosciuto l’Alleanza eterna tra Dio e Israele, noi ebrei possiamo riconoscere il perdurante valore costruttivo del cristianesimo come nostro partner nella redenzione del mondo, senza nessuna paura che questa comunanza possa essere sfruttata per finalità missionarie. Come affermato dalla Commissione bilaterale tra il Gran Rabbinato di Israele e la Santa Sede sotto la guida del rabbino Shear Yashuv Cohen: ‘Non siamo più nemici, ma inequivocabilmente compagni nell’articolare i valori morali essenziali per la sopravvivenza e il benessere dell’umanità’. Nessuno di noi può svolgere da solo la missione affidatagli da Dio in questo mondo”. Citando il rabbino Naftali Zvi Berliner (XIX secolo), nel Documento si rileva che c’è bisogno di un avvicinamento reciproco, ma il primo passo spetta alla Chiesa cattolica: “[…] quando i figli di Esaù [i cristiani] saranno condotti da un animo puro a riconoscere il popolo di Israele e le sue virtù, allora anche noi saremo condotti a riconoscere che Esaù è nostro fratello”. L’avvicinamento non deve però portare al sincretismo; ci può essere collaborazione invece nell’ambito etico: “La collaborazione tra di noi non sminuisce in nessun modo le differenze che rimangono tra le due comunità e le due religioni. Crediamo che Dio si serva di molti messaggeri per rivelare la sua verità, mentre affermiamo gli imperativi etici fondamentali che tutti i popoli hanno davanti a Dio e che l’ebraismo ha sempre insegnato attraverso la dottrina dell’alleanza universale di Noè”. I rabbini concludono il Documento sottolineando che ebrei e cristiani devono manifestare nel mondo la fedeltà alla santità di Dio: “Imitando Dio ebrei e cristiani devono essere modelli di servizio, amore incondizionato e santità. Siamo tutti creati a immagine santa di Dio ed ebrei e cristiani rimarranno fedeli all’Alleanza giocando insieme un ruolo attivo nella redenzione del mondo”. Nel 2016, sempre in occasione del cinquantennio, c’è stato un ulteriore contributo ebraico. La Conferenza dei rabbini europei e dal Comitato Esecutivo del Consiglio rabbinico d’America, ha pubblicato la Dichiarazione “Tra Gerusalemme e Roma: La condivisione dell’universale e il rispetto del particolare”. Il Documento, che fa un continuo riferimento alle vicende storiche, si apre con l’affermazione che tutta l’umanità costituisce una sola famiglia per la Bibbia, e che l’alleanza con Abramo e i suoi discendenti, è finalizzata non solo a fondare la nazione d’Israele, ma anche ad essere luce per tutta l’umanità. La finalità di tale alleanza si è riaffermata anche nelle vicende più buie della storia d’Israele: “Da allora, in particolare nel periodo successivo alla distruzione da parte dei romani del Secondo Tempio di Gerusalemme nel 70 e.v., noi ebrei – affermano i rabbini ortodossi – abbiamo affrontato l’esilio e persecuzione dopo persecuzione. E tuttavia, l’Eterno Uno di Israele non mente, e la sua alleanza eterna con la nazione di Israele si è manifestata più volte, nonostante le grandissime avversità che la nostra nazione ha subito”. Anche dopo lo sterminio ad opera dei nazisti, la coscienza ebraica ha avuto un risveglio: “Comunità sono state ristabilite in tutta la diaspora, e molti ebrei hanno risposto al vibrante appello di tornare in Eretz Yisrael, dove è sorto uno Stato ebraico sovrano”. Nonostante la difficoltà ad essere luce per le nazioni dopo i tragici eventi, la nazione ebraica ha offerto a tutta l’umanità il contributo del progresso scientifico, tecnologico, culturale (filosofia, letteratura), etico, morale e spirituale. Nel Documento, da una parte, si rileva che gli artefici della shoah provenivano dalle comunità cristiane, e dall’altra, che figli e figlie della Chiesa hanno aiutato gli ebrei durante lo sterminio. Dopo la seconda guerra mondiale nei paesi dell’Europa occidentale è sorta la consapevolezza della necessità di una convivenza pacifica fra le nazioni, di una cooperazione. Anche per gli ebrei in Europa le cose sono cambiate: “Dopo la Shoah, finalmente, l’emancipazione ebraica nella diaspora, così come il diritto del popolo ebraico a vivere come una nazione sovrana nella propria terra, sono stati accettati come fatti ovvi e naturali”. Con NA 4 la Chiesa ha superato l’ostilità dottrinale verso gli ebrei, alimentando un atteggiamento di fiducia reciproca fra la comunità cattolica e quella ebraica, sottolineando che l’elezione d’Israele è irrevocabile, per cui gli ebrei non sono rigettati e maledetti da Dio. “Nostra Aetate ha anche aperto la strada all’instaurazione di piene relazioni diplomatiche con lo Stato di Israele da parte del Vaticano nel 1993. Attraverso la creazione di tali relazioni, la Chiesa cattolica ha dimostrato che aveva veramente ripudiato la sua rappresentazione del popolo ebraico come nazione condannata a vagare fino all’avvento finale. Questo avvenimento storico ha facilitato il pellegrinaggio di Giovanni Paolo II in Israele nel 2000, che ha costituito un’altra potente dimostrazione di una nuova era nelle relazioni tra cattolici ed ebrei. Da allora, i successivi due ultimi papi hanno fatto anch’essi simili visite di stato”. NA 4 ha ribadito che la Chiesa deplora l’antisemitismo, per cui è un dovere religioso combatterlo. Tutto ciò è stato ribadito anche dai vari Pontefici, ma “Papa Francesco ha recentemente riconosciuto una forma di antisemitismo nuova, pervasiva e persino alla moda, quando ha detto ad una delegazione del World Jewish Congress (Congresso ebraico mondiale): ‘Attaccare gli ebrei è antisemitismo, ma un attacco diretto allo Stato di Israele è pure antisemitismo. Ci possono essere divergenze politiche tra governi e su questioni politiche, ma lo Stato di Israele ha tutto il diritto di esistere in sicurezza e prosperità’ ”. I rabbini sottolineano ancora l’importanza di ulteriori progressi, come la creazione della Pontificia Commissione per i rapporti religiosi con l’Ebraismo, che ha prodotto importanti documenti. I rabbini hanno citato il Documento del 2015: “Nelle sue recenti riflessioni su Nostra Aetate, ‘I doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili’, la Pontificia Commissione sottoscrive senza ambiguità l’idea che gli ebrei sono partecipi della salvezza di Dio, chiamando questa idea ‘un insondabile mistero divino’. Essa ha inoltre proclamato che ‘la Chiesa cattolica non conduce né supporta alcuna iniziativa specifica di missione istituzionale rivolta agli ebrei’ . Anche se la Chiesa cattolica non ha sconfessato – affermano i rabbini – la testimonianza agli ebrei, ha comunque dimostrato comprensione e sensibilità nei confronti di sensibilità ebraiche profondamente radicate, e ha preso le distanze da ogni azione missionaria indirizzata agli ebrei”. Anche nell’ebraismo cresce sempre più la consapevolezza che le affermazioni della Chiesa, sono sincere e profonde, da cui scaturiscono tolleranza, rispetto reciproco e crescente solidarietà. “Il Giudaismo ortodosso – attraverso l’Unione ortodossa americana e il Consiglio rabbinico d’America – aveva già fatto parte dell’International Jewish Committee for Interreligious Consultations (IJCIC – Comitato Internazionale Ebraico per le consultazioni interreligiose) istituito alla fine degli anni sessanta, come rappresentante ufficiale ebraico per i rapporti con il Vaticano. Una nuova pagina nei rapporti del giudaismo ortodosso con la Chiesa cattolica è stata aperta con l’istituzione del comitato bilaterale del Gran Rabbinato di Israele con il Vaticano, avvenuta nel 2002 sotto la presidenza del rabbino capo di Haifa Rabbi She’ar Yashuv Cohen”. La commissione bilaterale ha pubblicato le Dichiarazioni di 13 incontri, in cui non si affrontano questioni teologiche, ma “un ampio spettro di sfide sociali e scientifiche contemporanee, mettendo in evidenza i valori condivisi, nel rispetto delle differenze”. L’origine divina della Torah e l’attesa della redenzione finale viene condivisa. Questo non comporta però l’annullamento delle differenze, che vertono sulla figura di Gesù Cristo, che è centrale per i cristiani, mentre gli ebrei riconoscono l’autorità della Torah, e della tradizione dei maestri. “Nonostante queste profonde differenze, alcune delle più alte autorità del giudaismo hanno affermato che i cristiani mantengono uno status speciale perché adorano il Creatore del cielo e della terra, che ha liberato il popolo di Israele dalla schiavitù d’Egitto e che esercita la provvidenza su tutta la creazione”. Nonostante le differenze teologiche, gli ebrei considerano oggi i cristiani amici e fratelli, con cui collaborare per costruire un mondo migliore basato sulla pace e sulla giustizia, rispondendo alle sfide della società secolarizzata, che nega la santità della vita, il valore della famiglia tradizionale, e anche alle minacce per la libertà religiosa, che provengono sia dalla società laicista, sia dagli estremismi religiosi. “Come popolo che ha sofferto la persecuzione e il genocidio durane tutta la nostra storia, siamo tutti – affermano i rabbini – sin troppo consapevoli del pericolo molto reale in cui si trovano molti cristiani in Medio Oriente e altrove, perseguitati e minacciati di violenza e di morte per mano di coloro che invocano il nome di Dio invano attraverso atti di violenza e di terrore. Chiediamo alla Chiesa di unirsi a noi nell’approfondire la lotta contro la nuova barbarie della nostra generazione, vale a dire le propaggini radicali dell’Islam, che mettono in pericolo la nostra società globale e non risparmiano i numerosissimi musulmani moderati. Esse minacciano la pace mondiale in generale e i cristiani e gli ebrei in particolare. Ci appelliamo a tutte le persone di buona volontà perché uniscano le forze per combattere questo male”. Ebrei e cristiani concordano nel fatto che le religioni devono testimoniare i loro valori ricorrendo alla testimonianza morale e all’attività educativa, non alla coercizione e alla violenza. Collaborando con la Chiesa, gli ebrei si impegnano a ”camminare sulle vie di Dio, nutrire gli affamati e vestire gli ignudi, dare gioia a vedove e orfani, rifugio ai perseguitati e agli oppressi, e quindi meritare le Sue [di Dio] benedizioni”.
Lucia Antinucci
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