Il mese di gennaio ricorda ai cristiani di tutte le confessioni quanto sia importante il dialogo con i nostri fratelli maggiori, gli ebrei (17 gennaio), e quanto sia doveroso compiere un cammino di conversione al Cristo e di riconciliazione reciproca (18-25 gennaio). Per queste ricorrenze numerosi sono gli eventi celebrativi, che sono necessari e doverosi; lo stile del dialogo, del rispetto reciproco (con gli ebrei), della ricerca dell’unità visibile nella diversità, con gli ortodossi, anglicani, evangelici (protestanti), non si può esaurire però con sporadici eventi celebrativi, ma occorre un impegno costante di formazione teologica e spirituale per maturare una nuova mentalità, uno stile di vita diverso. Può sembrare paradossale chiedersi se la testimonianza di Francesco d’Assisi, uomo radicalmente evangelico, vissuto in un contesto ecclesiale che di certo non privilegiava il dialogo e la riconciliazione, ma la condanna e la severa punizione, abbia qualcosa da dire allo stile di vita ecumenico. Il Giullare di Dio, libero e creativo, guidato totalmente dallo Spirito Santo, è stato un personaggio profetico, che è andato contro corrente, per cui è sempre fortemente attuale. La sua testimonianza di uomo della mitezza, della fratellanza universale, a dimensioni cosmiche, è certamente anche ecumenica. Infatti egli, nell’andare per il mondo, nel contatto con le persone, nell’annuncio del Vangelo, ha un atteggiamento di benevolenza, dolcezza, affabilità, amabilità, basata su una grande umiltà e mitezza, escludendo giudizi negativi finalizzati al proselitismo aggressivo. Tale atteggiamento di accoglienza verso tutti, sia buoni che cattivi, il Poverello di Assisi lo propone anche ai suoi frati: “Chiunque si avvicina ai frati, amico o avversario, ladro o brigante, venga ricevuto con benevolenza” (FF 12). Francesco diventa l’uomo ecumenico quando la sua esistenza cambia radicalmente con l’esperienza di San Damiano; non a caso il Crocifisso di San Damiano costituisce emblematicamente anche un richiamo dell’esperienza di fede delle Chiese Orientali (la trasfigurazione gloriosa), e di quella delle Chiese Occidentali (il mistero della Passione). Il Poverello assisano ha avuto il dono mistico delle stimmate (FF 479-484; 1224) ma, come testimoniato dalle Fonti Francescane, esse costituiscono nello stesso tempo la partecipazione al mistero doloroso della Passione del Cristo e sono anche un’esperienza trasfigurante, gloriosa, perché si è trattato di una folgorazione angelica. La spiritualità di Francesco, sin dal suo nascere, costituisce quindi un punto d’incontro con quella delle chiese orientali e di quelle occidentali.
Il dialogo ecumenico si basa sulla centralità della Parola di Dio, e il Poverello di Assisi ha realizzato una lettura sapienziale di essa, andando al centro del Mistero, che tocca il cuore e porta alla conversione. Il cammino ecumenico nasce dalla riscoperta del Vangelo di Cristo, Vangelo dell’amore e della riconciliazione; la trasformazione radicale della vita del giovane assisano parte proprio dal Vangelo, che è centrale nella sua vita, come lo sarà anche per i frati (FF 608). Francesco è ecumenico anche perché è profondamente ecclesiale: il sua forte carisma non lo pone in contrasto con la Chiesa istituzionale, e in questo modo prende le distanze dai movimenti ereticali del suo tempo. L’esperienza ecclesiale di Francesco si è realizzata all’interno della Chiesa Cattolica Romana, a cui ha professato obbedienza (FF 2-4). L’ecumenismo infatti non si fa rinunciando alla propria identità confessionale (cattolica, ortodossa, anglicana, evangelica), ma nella fedeltà ad essa e apprezzando anche i doni delle altre tradizioni ecclesiali. E’ da sottolineare ancora che il fascino ecumenico del Giullare di Dio ha portato alla nascita di un francescanesimo sia luterano che anglicano, per cui il movimento francescano non può non essere ecumenico, altrimenti esso viene meno alla sua vitalità carismatica.
Francesco è l’uomo ecumenico anche per la sua testimonianza della pace e della riconciliazione; le Fonti Francescane documentano vari esempi in tal senso. Un giorno egli arriva ad Arezzo (FF 695) che era scossa dalla guerra civile e la sua capitolazione era prossima; viene ospitato in un borgo fuori città, e da lì vede “demoni esultanti che rinfocolavano i cittadini a distruggersi fra di loro”. Manda frate Silvestro a cacciare i demoni e così avviene, per cui “la città poco dopo ritrovò la pace” (FF 695). L’Araldo del Gran Re una volta, nonostante fosse ammalato, ristabilisce la pace tra il vescovo di Assisi e il podestà (FF 1616; 1800). A tale scopo al Cantico di Frate Sole fa aggiungere questa strofa: “Laudato sì, mi Signore, / per quelli ke perdonano per lo tuo amore / e sustengu enfirmitate et tribulacione. / Beati quegli kel sosteranno in pace ka da te, Altissimo, sirano coronati” (FF 1616). Egli invia uno dei suoi compagni dal podestà e dal vescovo perché cantassero il Cantico di frate Sole. Finite le laudi i due si rappacificano. “I frati ne restarono molto colpiti, constatando la santità del beato Francesco, poiché si era realizzato alla lettera quanto egli aveva predetto della pace e concordia di quelli” (FF1616; 1800). Le Biografie narrano che a Siena alcuni uomini si combattevano fra di loro, e la predicazione di Francesco li converte alla pace e alla concordia (FF 1839). Francesco inoltre ammonisce il lupo di Gubbio (forse allusione a uno spietato brigante) e la popolazione si riconcilia con lui (FF 1852). Nella società medievale al re spetta salvaguardare la pace anche con la coercizione; i principi e i cavalieri hanno proprio tale compito, ed i vescovi e gli abati, a causa della carenza dell’autorità del re, si sforzano di organizzare la pace. In tale contesto sociale l’Assisiate predica la pace (FF 382); essa non bisogna perderla neppure quando si subiscono ingiurie (FF 1041), si patiscono sofferenze (1184): “Sono veri pacifici coloro che in tutte le cose che sopportano in questo mondo, per l’amore del Signore nostro Gesù Cristo, conservano la pace nell’anima e nel corpo” (FF 164). Egli esorta alla pace anche con la preghiera (FF 683). Il Santo morente lascia ai frati l’eredità della pace e dell’amore reciproco (FF 2189): che vivano in pace con tutti (FF 730; 1564/1), particolarmente con il clero secolare: “Se sarete figli della pace guadagnerete al Signore clero e popolo” (FF 730; 1743).
Il messaggio e la testimonianza di San Francesco risulta particolarmente profetica anche per quanto riguarda la fratellanza con gli ebrei. Alcuni storici di origine ebraica hanno sottolineato nello stile di Francesco dei particolari molto vicini all’ebraismo, tenendo presente che durante la sua epoca ad Assisi c’era la presenza di un gruppo di ebrei. Il patrimonio comune con i nostri fratelli maggiori (gli ebrei) sono certamente le Scritture Ebraiche (Antico Testamento o Primo Testamento) e il Santo assisano si è alimentato della Bibbia particolarmente attraverso la preghiera liturgica del Breviario. La sua predicazione, la sua testimonianza, è fondamentalmente biblica, ed egli collega le citazioni in modo personale, guidato dalla sapienza che proviene dallo Spirito Santo. Alcune scelte di Francesco sono profondamente bibliche, e quindi anche ebraiche, come ad esempio il suo desiderio di essere sepolto nella nuda terra (FF 810; 1239). E’ risaputo che il Giullare di Dio amasse compiere delle azioni paradossali, simboliche, tipiche dei profeti biblici (FF 424-426; 1097); la sua teologia e spiritualità del creato è profondamente biblica, in quanto il Cantico di Frate Sole riprende il Cantico di Daniele (cf Dn 3,56-88 / FF 263). Il Poverello d’Assisi ha scelto come simbolo per il suo movimento il Tau, anch’esso tipicamente biblico (cf Ez 9,4; Apc 7,3), ultima lettera dell’alfabeto ebraico, come pure il saluto: ‘Il Signore ti dia la pace’ (cf Nm 6,26), ‘Pace e bene’ (cf Is 52,7 – FF 40;86;121;306).
Il messaggio e la testimonianza di San Francesco di Assisi si rivelano fortemente profetici anche per il dialogo con le varie religioni, ma soprattutto con l’Islam, a partire dall’evento di Damietta, episodio su cui si è molto concentrata l’attenzione degli storici, che cercano di delinearne i particolari. Francesco cerca innanzitutto di dissuadere i crociati dal continuare i combattimenti e non viene ascoltato; poi si rivolge anche ai saraceni, per chiedere loro di concedere ai cristiani di poter accedere ai Luoghi Santi. Secondo le biografie francescane (FF 422; 1173-1174; 1855) l’Araldo del Gran Re e frate Illuminato da Rieti dapprima vengono scambiati per delle spie e quindi vengono picchiati, anche se i soldati saraceni sono alquanto esitanti. Secondo la Cronaca di Ernoul sulla quinta crociata (FF 2231-2238), le sentinelle del campo saraceno, quando vedono avvicinarsi i due frati pensano che siano portatori di un messaggio dei crociati, oppure che abbiano intenzione di diventare musulmani, per cui “si fecero incontro, li presero e li condussero davanti al sultano” (FF 2232). Quando viene condotto, con il suo compagno frate Illuminato da Rieti, al cospetto del sultano Melik el Kamel “il servitore di Cristo, Francesco, risponde che era stato inviato dall’al di là dei mari, non da un uomo, ma dal Dio Altissimo (…)” (FF 1173-1174). Il sultano ”era molto commosso dalle sue parole e lo ascoltava volentieri” (FF 422), e non segue il parere dei suoi dignitari secondo cui, in base alla legge coranica (poiché era in atto una guerra), i due cristiani andavano decapitati (FF 2233-2234). Il Sultano concede inoltre a Francesco e al suo compagno di poter accedere liberamente al Santo Sepolcro, senza pagare alcun pedaggio (FF 2154). Francesco quindi si presenta al Sultano prendendo le distanze dai crociati, di cui disapprova la violenza, e non si presenta neppure come emissario del Papa, bensì si appella a Dio stesso che unisce tutti i credenti. Dei dettagli del colloquio con il Sultano non si parla nelle Fonti Francescane, ma sappiamo che Francesco ha imparato a conoscere gli infedeli (i musulmani) e si rende conto che sono uomini di preghiera. Dopo due settimane, il singolare uomo di Dio manifesta l’esigenza di ripartire; il Sultano vuole trattenerlo, ma non ci riesce, e vorrebbe almeno lasciargli dei preziosi regali, rispettando cosi il pilastro coranico dell’elemosina per i poveri e per la costruzione di un luogo sacro. Francesco, che ha scelto di seguire Cristo nella povertà assoluta, li rifiuta, pur apprezzando il bel gesto del Sultano che, nel momento del commiato, si raccomanda alla preghiera di un non-musulmano. I crociati pensavano che il Poverello di Assisi sarebbe stato martirizzato, ed invece lo vedono ritornare – secondo le Fonti Francescane – con una scorta principesca, ultimo gesto di amicizia da parte del Sultano mite e saggio. “Mettendo da parte dissensi e inimicizie sorte tra cristiani e musulmani, san Francesco è stato il primo cristiano ‘a esortare tutti a dimenticare il passato e a esercitare sinceramente la mutua comprensione, nonché a difendere e a promuovere insieme per tutti gli uomini la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà’ (NA 3). Questo sguardo profetico di Francesco, benevolo e fraterno, simpatico e familiare, verso i musulmani e gli stranieri tutti, riappare come uno dei frutti più importanti del concilio ecumenico Vaticano II e quale contenuto fondamentale dello ‘Spirito di Assisi’ “ (E. Scognamiglio).
Francesco è andato controcorrente; il suo atteggiamento è sembrato fallimentare agli occhi del mondo cristiano di allora, ma nonostante ciò, nella Regola non Bollata egli chiede ai suoi frati di seguire il suo esempio andando in mezzo ai saraceni: “I frati che vanno fra gli infedeli possono ordinare i rapporti spirituali in mezzo a loro in due modi. Un modo è che non facciano liti o dispute, ma siano soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio e confessino di essere cristiani. L’altro modo è che quando vedranno che piace al Signore, annunzino la parola di Dio perché credano al Dio onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo, creatore di tutte le cose, e nel Figlio Redentore e Salvatore, e siano battezzati e si facciano cristiani” (FF 42-44). Il secondo metodo è quello classico dell’evangelizzazione, mentre il primo è fortemente innovativo. Si tratta di essere sottomessi all’autorità musulmana in tutto ciò che non tocca la fede, vivendo in mezzo a loro testimoniando il Dio Amore. E’ questo in effetti il metodo ecumenico della fratellanza universale: “Consiglio, ammonisco ed esorto i miei frati nel Signore nel Signore Gesù Cristo che quando vanno per il mondo non litighino, ed evitino le dispute di parole (cf 2Tm 2,14), non giudichino gli altri, ma siano miti, pacifici e modesti, mansueti e umili, parlando onestamente con tutti, così come conviene” (FF 85). Francesco di Assisi, con il suo profetico stile ecumenico, ci richiama quindi alla fedeltà a Dio, che accomuna tutte le religioni, e alla fedeltà all’uomo, ad ogni donna e uomo del nostro tempo, di qualsiasi nazionalità e religione, con mitezza ed umiltà, con coraggio e verità, per testimoniare l’amore infinito di Dio, che supera ogni divisione e ci accomuna nella stessa dignità umana, che trae origine dalla paternità divina.
Lucia Antinucci
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