Il sogno di Francesco e del papa:
riformare la Chiesa a partire dalla propria vita
Quando il Poverello d’Assisi iniziò il suo cammino di fede constatò amaramente che “nessuno gli diceva che cosa dovesse fare”. Erano tempi bui per la Chiesa cattolica. Non c’erano per la cristianità veri punti di riferimento e i tanti gruppi e movimenti di riforma non furono capaci di restare nella Chiesa cattolica. Molti s’improvvisarono riformatori ponendosi all’esterno del corpo ecclesiale, finendo così per dissipare i loro sogni di rinnovamento e di vivere la riforma autentica al di fuori del gregge, in modo settario e a volte anche violento. Francesco restò fedele alla Chiesa cattolica: nel suo lungo percorso di conversione si lasciò illuminare dal Signore che gli parlò e dalle guide del suo tempo (come il vescovo Guido), promuovendo una riforma evangelica che toccava sempre più la sua persona, il suo cuore e le relazioni con i fratelli e le sorelle che il Signore gli donò come compagni di vita.
Si riparte da qui oggi: dal bisogno di ritornare all’essenziale e di lasciarsi guidare veramente dalla voce di Dio – il Crocifisso-Risorto – e dall’amore per i fratelli che furono la vera preoccupazione pastorale di san Francesco d’Assisi. Credo che voglia dirci proprio questo papa Francesco, il neo eletto vicario di Cristo sulla terra: ci traghetterà nell’alto mare del Terzo Millennio come fratello tra i fratelli, certo di essere parte del popolo santo di Dio che è la sposa del Signore.
La Chiesa di Cristo appare, oggi come ieri, un corpo inquieto, in trasformazione; perché è attraversata da una duplice forza: da una parte, infatti, essa vive del vigore dello Spirito Santo, che è Signore e le dà vita; dall’altra, però, è trattenuta dalle nostre resistenze, dai peccati degli stessi credenti, che non le permettono di splendere come volto di Cristo e come segno della misericordia di Dio per il mondo. Dinanzi alla proposta del Vangelo non possiamo esitare: siamo chiamati, come ci ha appena ricordato questo papa, a portare al mondo la buona novella del Vangelo, il fatto cioè che Cristo è morto ed è risorto per tutti noi! La Chiesa vive di questo annuncio ed è il segno della misericordia di Dio nel mondo.
La scelta dei signori cardinali, caduta profeticamente sull’arcivescovo di Buenos Aires, mons. Bergoglio, dà molto a pensare, come pure la volontà dell’attuale Santo Padre di assumere il nome di Francesco d’Assisi. In questo tempo di grande crisi – nella fede, nella vita di noi tutti credenti, delle stesse famiglie e comunità cristiane, a partire dalla gerarchia – si avverte il bisogno di ritornare all’essenziale, alle cose che contano, alle relazioni vere. C’è, secondo me, da parte di questo papa, il desiderio di ripristinare un rapporto più diretto, semplice e umile con il popolo di Dio e nel nostro stesso modo di vivere da cristiani restando nel mondo. D’altronde, è quello che cercò lo stesso Serafico Padre san Francesco: ritornare al Vangelo come forma di vita. In questo tempo di grande crisi economica, finanziaria e socio-politica, ove mancano autentici e concreti punti di riferimento sul piano etico e spirituale, la fedeltà al Vangelo di Gesù Cristo ci avvicina di più alla gente, agli ultimi, e ci permette di essere solidali gli uni con gli altri. Papa Francesco mi è apparso, dai suoi primi incontri ufficiali, un uomo spontaneo, semplice, immediato, riconciliato. Nella breve visita di ieri a Santa Maria Maggiore, il neo eletto pontefice ha esortato i confessori ad essere misericordiosi, a diventare cioè strumento di pace e di riconciliazione. È proprio di questo che il mondo ha bisogno: di uomini e donne riconciliati che sanno trasmettere l’amore e il perdono di Dio. Il sogno di san Francesco, di riparare la Chiesa di Cristo, non restò lettera morta, né fu stigmatizzato come chimera: si realizzò giorno per girono nel suo personale percorso di vita, convertendo se stesso, assumendo sempre di più la forma del Vangelo, cioè di Gesù Cristo. Credo che questo sia anche il sogno di papa Francesco: riformare la Chiesa a partire dalla propria vita. Solo così, infatti, sarà possibile la nuova evangelizzazione oggi.
Francesco d’Assisi è ricordato, nella storia del cristianesimo, non solo come il santo che più assomiglia a Cristo – come l’alter Christus – ma anche come l’unico dei testimoni del Vangelo che, nel Medioevo, inaugurò la terza via, quella del dialogo, dell’accoglienza dell’altro, della pace. Infatti, accanto alla prima via, quella delle crociate, del rifiuto dell’altro, se ne affermò subito una seconda: quella dell’isolamento e del distacco dallo straniero, soprattutto dal mondo musulmano. Il Poverello provò a portare il dono della pace anche tra i saraceni, senza rinunciare alla forza del Vangelo e alla sua identità, avvalendosi semplicemente del saluto di pace. Credo che papa Francesco seguirà questa terza via e farà del dialogo, dell’amicizia fraterna e della fedeltà al Vangelo il suo stile di vita. Lo dimostrano il suo saper stare tra la gente, gli ottimi rapporti che ha curato con il mondo ebraico, la vicinanza ai poveri, la sobrietà nel vestire, l’attenzione nei confronti della modernità e la sua sensibilità per la pietà popolare. Papa Francesco è abituato a viaggiare in metrò, a usare tram e autobus come la gente comune, ama lo sport e sa pure ballare il tango. È un uomo semplice. La sobrietà del suo stile di vita non può non metterci in crisi e favorire, finalmente, quel processo di purificazione delle nostre stesse strutture curiali e religiose, nonché di certi modi di pensare nella Chiesa, che spesso ci appesantiscono e ci allontanano dalla gente comune. Questa volta, la luce della profezia, per la Chiesa cattolica, viene dal Sud del mondo… Lasciamoci illuminare!
Edoardo Scognamiglio
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