Cattolici in politica, quali scenari a un passo dalle elezioni?
di Fionda Vesuviana
Tra nuovi e vecchi riti, politici e politicanti della prima e dell’ultima ora, facce vecchie, facce nuove e più di un’autentica faccia di bronzo, da quando ha preso il via la campagna elettorale, come sempre, se ne sono sentite e viste di tutti i suoni e colori. Gli italiani hanno avuto la fortuna di potersi schiarire le idee assistendo ai tanti talk-show, dibatti e confronti televisivi. Con quale risultato? Quello di avviarsi alle urne più confusi di prima.
Una campagna all’insegna delle solite caciare, dunque, in cui, bandita per sempre ogni speranza di civile confronto su principi, temi e programmi, si è andato però delineando il profilo di una indiscussa vincitrice: l’arte del riciclo. Del resto – si sa – in tempi di crisi economica e ambientale, bisogna puntare al risparmio e all’ecosostenibilità, ragion per cui nessuno ha disdegnato di riciclare personaggi, slogan, programmi, usati e abusati, per rivenderli come nuovi. Tra senatori che passano di qua, onorevoli che passano di là e qualcuno che, come diceva Totò, «si butta al centro», i venti di un rinnovamento dell’impegno dei cattolici in politica, che hanno iniziato a soffiare in quel di Todi nell’ormai lontano ottobre 2011, hanno convinto molti a riciclarsi come cattolici o quanto meno a rispolverare, lucidare e sbandierare la propria “cattolicità”.
Le danze sono state aperte dalle primarie del PD, con una maxisfida in diretta televisiva, nel corso della quale un commosso Bersani ha dichiarato di ispirarsi a Giovanni XXIII, Nichi Vendola si è inginocchiato al ricordo di Carlo Maria Martini, cavalcando l’onda dell’emozione per la sua recente scomparsa, mentre a Renzi è bastata la consolidata fama della sua formazione cattolica.
Berlusconi, appena sente gli altri citare papi e santi, ci tiene a precisare che lui è da sempre cattolico, tanto da aver fatto costruire una chiesa nella villa di Arcore e da poter vantare formazione salesiana e ben otto zie suore che pregano per lui.
Cattolici di sinistra, cattolici di destra, ma in sostanza tutti cattolici senza imprimatur. E Mario Monti? Lui che l’imprimatur l’ha avuto – eccome! – cosa ha fatto? Il bocconiano Senatore a vita ha scelto di «salire in politica» e gli è bastata questa frase ad effetto per accaparrarsi le simpatie della maggioranza degli italiani….d’Oltretevere. Nel frattempo, per non farlo stancare troppo, la politica ha immediatamente deciso di «scendere a lui», così il Professore si è accontentato di incontrarla su un gradino ben più basso. Infatti il supertecnico non ha perso tempo ad apprendere e fare proprie le strategie di campagna elettorale di quei politici di professione che fino a ieri ha guardato dall’alto in basso. Tanto per cominciare, sapendo che i vip dello sport e dello spettacolo, anche quando non ne capiscono niente di politica, portano sempre tanti voti, il Professore e i suoi alleati non hanno esitato a mettere in lista cantanti e calciatori. A Napoli e provincia c’è gente che ancora si stropiccia gli occhi davanti al manifesto elettorale di Gennaro Iezzo, sul quale la faccia dell’ex portiere azzurro campeggia con tanto di ciuffo ribelle accanto al simbolo di Futuro e Libertà. Però, c’è una cosa di cui tutti debbono dare atto al Professore: la sua grande attenzione per i giovani. Non a caso, l’ex rettore ha fieramente candidato alla Camera dei Deputati il trentaduenne consigliere del Forum Nazionale dei Giovani Carmelo Lentino. Questa è una gran bella cosa. Un momento, ma….che ci fa nelle liste del bocconianissimo alfiere della meritocrazia uno che a 32 anni non è riuscito a laurearsi in giurisprudenza e che può vantare a stento un diploma da odontotecnico? Ma soprattutto, che ci fa nelle liste dell’uomo nuovo della politica italiana uno che, quand’era ventenne, ha già tentato di conquistare un posto al sole della politica facendo il segretario dell’Udeur in Trentino? Misteri della fede bocconiana. O forse no? Effettivamente, Monti aveva verso Lentino un debito di non poco conto: fu proprio il giovane odontotecnico, all’indomani delle consultazioni del 2011, ad elogiare pubblicamente il neo-premier e a consentirgli così di esibire il consenso dei giovani (ma quali?). E mentre il Professore prosegue la campagna elettorale parafrasando slogan di marca berlusconiana (Meno Imu per tutti), coloro che lo sostengono possono sempre giocarsi la carta della credibilità: dopo tutto, infatti, Monti resta sempre il personaggio più credibile. Anche se era stato lui a dire che non aveva intenzione di candidarsi e che il suo compito era solo quello di trascinare l’Italia fuori dal baratro, anche se gli italiani nel frattempo dal baratro non sono affatto usciti, il Professore resta il candidato più serio e credibile. E poi, anche se la sua visione delle politiche economiche e fiscali fa a cazzotti con la Dottrina Sociale della Chiesa, anche se la sua famosa Agenda fa carta straccia delle encicliche sociali dalla Rerum Novarum alla Caritas in Veritate, Monti resta sempre il candidato cattolico. E adesso che ha capito che difficilmente la sua coalizione potrà raggiungere una qualche maggioranza, molto saggiamente si prepara a fare da stampella all’uno o all’altro polo, ammiccando di tanto in tanto ora al Pd ora al Pdl, anche se uno degli slogan del Forum di Todi diceva no al bipolarismo!
«Vi sarà un giorno che si capirà che la miglior polemica, l’unica benefica e cristiana, per vincere deve convincere?», si chiedeva, in una lettera scritta durante il fascismo, il giovane Don Giovanni Battista Montini (Paolo VI). Quanto spirito profetico nelle parole del futuro pontefice.
Se questi sono i cattolici in politica, non resta che dire con Dom Helder Camara: qui ci sono «troppi credenti e pochi credibili».
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