Il dialogo: un’utopia, una risorsa
Alla luce dello “spirito di Assisi”, lasciamoci provocare dalla lezione dottorale che il cardinale Jean-Louis Tauran ha tenuto all’Institut Catholique di Parigi il 23 novembre del 2010. Nella sua dissertazione per il dottorato honoris causa, il presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso si è soffermato sulla necessità del confronto tra credenti delle diverse religioni nel momento storico attuale.
I rischi, le potenzialità e le esigenze di una ricerca comune nel dialogo in una stagione culturale segnata a un tempo dal ritorno del religioso, ma anche dell’indebolimento delle identità e da una razionalità chiusa al divino che respinge la religione, sono tra i temi affrontati da un testo aperto al positivo contributo delle religioni alla costruzione delle società nella giustizia e nella pace. Fedeltà alla propria tradizione, apertura coraggiosa alla diversità e rigetto di ogni forma di violenza in nome della religione, che significa l’esigenza di coniugare la fede con la ragione, sono indicate dal cardinale Tauran come le basi di un dialogo autentico nel quale i cristiani sono chiamati a offrire in maniera credibile la loro collaborazione a tutti coloro che si sforzano di fare di questa terra un luogo dove vivere insieme è un bene.
Riprendendo alcuni punti dell’Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente, Tauran afferma che il ricorso alla religione deve portare ogni persona a vedere il volto di Dio nell’altro e a trattarlo come Dio lo tratta: con bontà, giustizia, amore. Nel mondo complesso che abbiamo costruito, tutto si coniuga al plurale, comprese la cultura e la religione. Due grandi ostacoli condizionano la testimonianza dei credenti: la crisi dell’intelligenza e la difficoltà nella trasmissione dei valori.
In tal senso, il dialogo tra le religioni rappresenta un’utopia perché è un bene e una profezia che si pongono davanti a noi, fino a quando l’unità dei popoli non si aprirà al senso di una fratellanza universale, così come auspicava san Francesco; ma è altresì una risorsa, perché attraverso l’esperienza della fede, ogni persona credente lavora ininterrottamente per l’affermazione della giustizia e della pace. In proposito, ci ricorda il cardinale Tauran, nel suo intervento magisteriale, che tutte le religioni considerano la famiglia come ambito nel quale si apprende a vivere insieme, e che la terra d’origine è il luogo che plasma la nostra identità, e ancora che l’educazione non è un semplice fattore di conoscenza, bensì un’esperienza di vita attraverso la quale si trasmettono i valori fondamentali dell’esistenza. In ultimo, ma non meno importante, tutte le religioni considerano la necessità della vita interiore.
Resta, però, aperta una domanda: quale sarà il contributo proprio di noi cristiani per il dialogo tra le religioni e, soprattutto, per la costruzione di una società migliore, dove la giustizia, la pace, la libertà e la fratellanza possano trovare piena accoglienza? Il cardinale Tauran sembra non dare una risposta definitiva. Anzi, risponde con un’altra domanda: “Quando il cristianesimo inizierà a esistere?”. Come a dire: “Quand’è che ognuno di noi farà la sua parte?”.
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